L'allarme del procuratore capo Nitti: «Molfetta è terra di mafia»
Il capo della Procura di Trani ospite ieri alla tavola rotonda promossa dal Rotary Club e dall’Associazione Imprenditori
Molfetta - sabato 6 novembre 2021
8.06
«Io credo che ci siano tutti gli elementi perché la cittadinanza di Molfetta prenda consapevolezza del fatto che questa è terra di mafia. E che lo sia lo attestano i tanti risultati conseguiti per molti anni, e da molti anni ormai, in materia di indagini e di investigazioni condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari».
A lanciare l'allarme, ieri, nell'auditorium della parrocchia Madonna della Rosa, è stato il procuratore Renato Nitti, a capo della Procura della Repubblica di Trani, nel corso della tavola rotonda promossa dal Rotary Club e dall'Associazione Imprenditori sull'allarme sicurezza. A Molfetta, secondo la foto della Direzione Investigativa Antimafia (nel secondo semestre 2020), «si registra la presenza di gruppi criminali riconducibili agli alleati clan Capriati e Mercante-Diomede».
Nitti lo ha ricordato: «Questo è un territorio in cui sono presenti propaggini dei clan baresi. Si tratta - ha detto il procuratore, introdotto da Felice de Sanctis e Maddalena Pisani, fra gli interventi del generale Pasquale Preziosa, dell'Osservatorio Eurispes sulla Sicurezza, e Antonello Soldani, presidente dell'Ordine dei Dottori Commercialisti - di una terra dove le affiliazioni vengono fatte, i clan vengono costituiti e i rapporti di potere vengono regolati con il pensiero mafioso».
E se a dirlo non è un politico, ma il procuratore capo di Trani, che in passato ha svolto funzioni di sostituto procuratore presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, c'è da essere preoccupati. Già, perché a denunciare in termini chiari e scoperti un fenomeno così grave è uno tra gli inquirenti più esperti. È marzo 2016, quando, al San Paolo, Nitti ascoltava un collaboratore di giustizia, sino a quel momento affiliato con un grado di "quarta", «che proveniva da questo territorio».
Da Molfetta, una città in cui «si stipula un contratto preciso: il rito di affiliazione è un negozio con il quale il soggetto che si affilia assume una quantità di obblighi e acquista una quantità di diritti e questo vale anche in questo territorio» dove agiscono gruppi riconducibili al clan Capriati di Bari. «Ma non ci sono soltanto loro in questo territorio», ha chiarito Nitti, prima di ricordare l'omicidio di Alfredo Fiore, ucciso il 13 marzo 2014 fra le bancarelle del mercato settimanale di Molfetta.
«Fu sparato davanti ai suoi familiari, fu un omicidio con modalità mafiose. Una persona travisata con il casco lo freddò con soli due colpi senza nessun timore di essere riconosciuto e senza timore che vi fosse una reazione: non è sfrontatezza, è un messaggio che si lancia a chi lo deve intendere, un messaggio di controllo del territorio». Si arriva al 30 settembre 2021 col sequestro di 50 milioni di euro a Giuseppe Manganelli che «non può farci ignorare che questa è terra di mafia».
E di corruzione: «Se c'è un pubblico funzionario che percepisce denaro con modalità occulte in relazione alla propria attività, questo è sufficiente per formarvi un vostro giudizio», ha detto Nitti rivolgendosi alla platea. «I fenomeni che si sono ripetuti negli anni, conclamati addirittura con tecniche di corruzione che risalgono a numerosi anni addietro, ci dicono che il territorio non è ancora riuscito a riscattarsi da un problema che, evidentemente, finisce per colpire anche l'economia».
A Molfetta, per Nitti, «c'è un tessuto imprenditoriale che è straordinariamente vivace, ma pure straordinariamente fragile». A combattere, in prima linea, c'è anche l'Associazione Imprenditori: «Noi - ha detto Pisani - siamo quelli che stiamo cercando di evitare a soggetti terzi di insediarsi oppure di approfittare di momenti di debolezza economico-finanziaria per sostituirsi a noi. Vogliamo essere vicini alle Istituzioni per conservare questo territorio e incentivarlo a un'economia sana».
Secondo Nitti «il quadro non è rassicurante, ma Molfetta è una terra che può ampiamente riscattarsi, è la terra da cui è partito il messaggio di don Tonino Bello - ha detto a margine dell'incontro -. Ci sono singole unità di polizia giudiziaria che hanno svolto un lavoro eccellente, ma non basta: va strutturata meglio la rete di polizia giudiziaria e sui plessi di criminalità organizzata, economica e dei colletti bianchi occorre svolgere altre attività. C'è bisogno di una reazione dei cittadini».
Che fare, allora? Fra le proposte, l'attuazione di un sistema di sicurezza integrata. «Si tratta di un sistema di videosorveglianza collegato in rete con quello delle forze dell'ordine - ha proposto Nitti - per garantire elevati livelli di protezione delle imprese e degli operatori commerciali». Un obiettivo di sicurezza partecipata.
A lanciare l'allarme, ieri, nell'auditorium della parrocchia Madonna della Rosa, è stato il procuratore Renato Nitti, a capo della Procura della Repubblica di Trani, nel corso della tavola rotonda promossa dal Rotary Club e dall'Associazione Imprenditori sull'allarme sicurezza. A Molfetta, secondo la foto della Direzione Investigativa Antimafia (nel secondo semestre 2020), «si registra la presenza di gruppi criminali riconducibili agli alleati clan Capriati e Mercante-Diomede».
Nitti lo ha ricordato: «Questo è un territorio in cui sono presenti propaggini dei clan baresi. Si tratta - ha detto il procuratore, introdotto da Felice de Sanctis e Maddalena Pisani, fra gli interventi del generale Pasquale Preziosa, dell'Osservatorio Eurispes sulla Sicurezza, e Antonello Soldani, presidente dell'Ordine dei Dottori Commercialisti - di una terra dove le affiliazioni vengono fatte, i clan vengono costituiti e i rapporti di potere vengono regolati con il pensiero mafioso».
E se a dirlo non è un politico, ma il procuratore capo di Trani, che in passato ha svolto funzioni di sostituto procuratore presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, c'è da essere preoccupati. Già, perché a denunciare in termini chiari e scoperti un fenomeno così grave è uno tra gli inquirenti più esperti. È marzo 2016, quando, al San Paolo, Nitti ascoltava un collaboratore di giustizia, sino a quel momento affiliato con un grado di "quarta", «che proveniva da questo territorio».
Da Molfetta, una città in cui «si stipula un contratto preciso: il rito di affiliazione è un negozio con il quale il soggetto che si affilia assume una quantità di obblighi e acquista una quantità di diritti e questo vale anche in questo territorio» dove agiscono gruppi riconducibili al clan Capriati di Bari. «Ma non ci sono soltanto loro in questo territorio», ha chiarito Nitti, prima di ricordare l'omicidio di Alfredo Fiore, ucciso il 13 marzo 2014 fra le bancarelle del mercato settimanale di Molfetta.
«Fu sparato davanti ai suoi familiari, fu un omicidio con modalità mafiose. Una persona travisata con il casco lo freddò con soli due colpi senza nessun timore di essere riconosciuto e senza timore che vi fosse una reazione: non è sfrontatezza, è un messaggio che si lancia a chi lo deve intendere, un messaggio di controllo del territorio». Si arriva al 30 settembre 2021 col sequestro di 50 milioni di euro a Giuseppe Manganelli che «non può farci ignorare che questa è terra di mafia».
E di corruzione: «Se c'è un pubblico funzionario che percepisce denaro con modalità occulte in relazione alla propria attività, questo è sufficiente per formarvi un vostro giudizio», ha detto Nitti rivolgendosi alla platea. «I fenomeni che si sono ripetuti negli anni, conclamati addirittura con tecniche di corruzione che risalgono a numerosi anni addietro, ci dicono che il territorio non è ancora riuscito a riscattarsi da un problema che, evidentemente, finisce per colpire anche l'economia».
A Molfetta, per Nitti, «c'è un tessuto imprenditoriale che è straordinariamente vivace, ma pure straordinariamente fragile». A combattere, in prima linea, c'è anche l'Associazione Imprenditori: «Noi - ha detto Pisani - siamo quelli che stiamo cercando di evitare a soggetti terzi di insediarsi oppure di approfittare di momenti di debolezza economico-finanziaria per sostituirsi a noi. Vogliamo essere vicini alle Istituzioni per conservare questo territorio e incentivarlo a un'economia sana».
Secondo Nitti «il quadro non è rassicurante, ma Molfetta è una terra che può ampiamente riscattarsi, è la terra da cui è partito il messaggio di don Tonino Bello - ha detto a margine dell'incontro -. Ci sono singole unità di polizia giudiziaria che hanno svolto un lavoro eccellente, ma non basta: va strutturata meglio la rete di polizia giudiziaria e sui plessi di criminalità organizzata, economica e dei colletti bianchi occorre svolgere altre attività. C'è bisogno di una reazione dei cittadini».
Che fare, allora? Fra le proposte, l'attuazione di un sistema di sicurezza integrata. «Si tratta di un sistema di videosorveglianza collegato in rete con quello delle forze dell'ordine - ha proposto Nitti - per garantire elevati livelli di protezione delle imprese e degli operatori commerciali». Un obiettivo di sicurezza partecipata.