Cronaca
Incendio di via Papa Montini: esclusa la pista del racket
A dicembre il primo episodio. I Carabinieri puntano l’attenzione sulla famiglia Fiore: beghe interne nella gestione degli affari?
Molfetta - lunedì 21 marzo 2016
14.49
Si fa sempre più strada la pista dolosa per l'incendio che, nel corso della notte, ha completamente distrutto il box del mercato diffuso di via Papa Montini gestito da Cosimo Fiore, fratello del defunto Alfredo, indiscusso capo carismatico della famiglia Fiore-Magarelli, ucciso il 13 marzo 2014 in via La Malfa, durante il mercato settimanale di Molfetta.
Ma l'aspetto più saliente è che nel rogo non sembrerebbe esserci la firma del racket delle estorsioni. Insomma, non ci sarebbe nessuna richiesta di pizzo al proprietario dell'area dilaniata dalle fiamme, assegnato, con la stipulazione di un apposito contratto, in concessione decennale da parte di Palazzo di Città. L'ipotesi iniziale, molto semplicistica, del corto circuito non è mai stata ritenuta conclusiva dai Carabinieri della Compagnia di Molfetta che, intanto, sono a caccia di collegamenti con l'episodio avvenuto il 19 dicembre 2015, in via Terlizzi.
Anche in quel caso un violento incendio distrusse completamente un box dell'ortofrutta, di proprietà comunale, ma gestito da Nicoletta Spadavecchia, moglie di Vito Diniddio (posto ai domiciliari il 16 dicembre 2015, appena tre giorni prima dell'incendio), cugino di Alfredo Fiore e con un curriculum criminale di tutto rispetto. Sul rogo di ieri notte, gli investigatori aprono due strade. Una prima sarebbe legata alla verifica dell'esistenza di un racket, che comunque pare già esclusa: chi vuole inviare un subdolo messaggio mafioso non cerca la distruzione del locale, ma effettua alcuni minimi danneggiamenti.
La seconda, molto più inquietante, sarebbe legata a «dei dissidi interni che - secondo gli investigatori - coverebbero da tempo all'interno della famiglia Fiore-Magarelli», da sempre opposta a quella dei De Bari, in lotta per il controllo dei traffici illeciti a Molfetta. «Beghe familiari», insomma, per la gestione degli affari di famiglia. E un doppio incendio, dunque, legato a questioni di «concorrenza professionale sul territorio».
Intanto in via Papa Montini, a poche ore dal rogo, restano gli aloni di un box affumicato e smangiato ed il proprietario sprofondato in un'improvvisa ed imprevista disperazione. Questo è il 21 marzo a Molfetta. Non a caso, in coincidenza del primo giorno di primavera e soprattutto della XXI Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
Il sindaco Paola Natalicchio, dal canto suo, posta su Facebook una foto di alcuni alunni molfettesi in marcia a Messina: «Belli i ragazzi delle nostre scuole che ogni anno marciano per la legalità contro tutte le mafie – scrive -. Un abbraccio a loro e al mio collega e amico sindaco Renato Accorinti che li ha accolti a Messina. Questa sera a Molfetta tra le ore 18.00 e le ore 21.00 sulla scalinata di via Carnicella il presidio di Libera animerà la cerimonia cittadina. Per non dimenticare».
E soprattutto per allontanare la paura che Molfetta possa tornare indietro di vent'anni.
Ma l'aspetto più saliente è che nel rogo non sembrerebbe esserci la firma del racket delle estorsioni. Insomma, non ci sarebbe nessuna richiesta di pizzo al proprietario dell'area dilaniata dalle fiamme, assegnato, con la stipulazione di un apposito contratto, in concessione decennale da parte di Palazzo di Città. L'ipotesi iniziale, molto semplicistica, del corto circuito non è mai stata ritenuta conclusiva dai Carabinieri della Compagnia di Molfetta che, intanto, sono a caccia di collegamenti con l'episodio avvenuto il 19 dicembre 2015, in via Terlizzi.
Anche in quel caso un violento incendio distrusse completamente un box dell'ortofrutta, di proprietà comunale, ma gestito da Nicoletta Spadavecchia, moglie di Vito Diniddio (posto ai domiciliari il 16 dicembre 2015, appena tre giorni prima dell'incendio), cugino di Alfredo Fiore e con un curriculum criminale di tutto rispetto. Sul rogo di ieri notte, gli investigatori aprono due strade. Una prima sarebbe legata alla verifica dell'esistenza di un racket, che comunque pare già esclusa: chi vuole inviare un subdolo messaggio mafioso non cerca la distruzione del locale, ma effettua alcuni minimi danneggiamenti.
La seconda, molto più inquietante, sarebbe legata a «dei dissidi interni che - secondo gli investigatori - coverebbero da tempo all'interno della famiglia Fiore-Magarelli», da sempre opposta a quella dei De Bari, in lotta per il controllo dei traffici illeciti a Molfetta. «Beghe familiari», insomma, per la gestione degli affari di famiglia. E un doppio incendio, dunque, legato a questioni di «concorrenza professionale sul territorio».
Intanto in via Papa Montini, a poche ore dal rogo, restano gli aloni di un box affumicato e smangiato ed il proprietario sprofondato in un'improvvisa ed imprevista disperazione. Questo è il 21 marzo a Molfetta. Non a caso, in coincidenza del primo giorno di primavera e soprattutto della XXI Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
Il sindaco Paola Natalicchio, dal canto suo, posta su Facebook una foto di alcuni alunni molfettesi in marcia a Messina: «Belli i ragazzi delle nostre scuole che ogni anno marciano per la legalità contro tutte le mafie – scrive -. Un abbraccio a loro e al mio collega e amico sindaco Renato Accorinti che li ha accolti a Messina. Questa sera a Molfetta tra le ore 18.00 e le ore 21.00 sulla scalinata di via Carnicella il presidio di Libera animerà la cerimonia cittadina. Per non dimenticare».
E soprattutto per allontanare la paura che Molfetta possa tornare indietro di vent'anni.