Molfetta si ritrova in ricordo del Francesco Padre a 25 anni dalla tragedia
La verità accertata, giustizia non è stata ancora fatta
Molfetta - martedì 5 novembre 2019
Il "Silenzio" intonato dalla tromba sulla motovedetta della Guardia Costiera di Molfetta. La corona che viene lasciata fluttuare nel mare. Il lungo fischio delle sirene dei motopescherecci in cerchio, quasi in un abbraccio simbolico.
Si sono concluse con questi gesti di grande impatto emotivo le celebrazioni per ricordare l'equipaggio del Francesco padre a 25 anni dalla loro tragica scomparsa.
Giovanni Pansini, Saverio Gadaleta, Luigi De Giglio, Francesco Zaza, Mario De Nicolo e il fedele cane Leone erano di nuovo su quel porto, che tante volte gli ha visti partire, ma quel fatidico 4 novembre 1994 non gli ha visti più rientrare. A distanza di 25 anni c'è una nuova consapevolezza. Una verità che ha ridato a quell'equipaggio l'onore e il rispetto che meritano. Non trasportavano esplosivi. E' stato affondato "per un tragico errore".
Una ferita aperta per i familiari che hanno sempre gridato all'innocenza dei loro cari, per la marineria che è stata infangata, per la città che ha dovuto cedere alle ragioni di Stato.
Tanti i silenzi in questi anni. Ma la voglia di verità ha prevalso, non ci sono colpevoli, ma c'è la verità. L'onestà di un lavoro pieno di insidie, di passione, di amore. Di uomini che hanno perso la vita lavorando.
«La storia del Francesco padre» - ha tuonato don Gino Samarelli, durante l'omelia- «è semplicemente una storia di ingiustizia, fatta di omissis, segreti di Stato, menzogne, indifferenza, dolore e amnesia.
Con il Francesco padre – ha detto ancora don Gino- la giustizia italiana ha mostrato il volto contradditorio di chi cerca la verità controllando quella che è la ragione di Stato».
Per il primo cittadino, Tommaso Minervini: «è ancora una ferita profonda per la nostra città. Lo Stato all'inizio è stato contradditorio, fortunatamente il tempo ha ripristinato l'onore di questi lavoratori». E ricorda che mai quel relitto è stato recuperato.
Luigi Giannini di Federpesca, aggiunge: «ne mancano ancora tante di verità. Vanno ripristinati i diritti di chi gli ha visti sempre negati».
E' ancora una volta il silenzio, rotto solo dal rumore del mare che si infrange sulla banchina del porto a stringere i familiari di Giovanni, Saverio, Luigi, Francesco e Mario, con una nuova consapevolezza: non sono più soli nella ricerca della verità.
Si sono concluse con questi gesti di grande impatto emotivo le celebrazioni per ricordare l'equipaggio del Francesco padre a 25 anni dalla loro tragica scomparsa.
Giovanni Pansini, Saverio Gadaleta, Luigi De Giglio, Francesco Zaza, Mario De Nicolo e il fedele cane Leone erano di nuovo su quel porto, che tante volte gli ha visti partire, ma quel fatidico 4 novembre 1994 non gli ha visti più rientrare. A distanza di 25 anni c'è una nuova consapevolezza. Una verità che ha ridato a quell'equipaggio l'onore e il rispetto che meritano. Non trasportavano esplosivi. E' stato affondato "per un tragico errore".
Una ferita aperta per i familiari che hanno sempre gridato all'innocenza dei loro cari, per la marineria che è stata infangata, per la città che ha dovuto cedere alle ragioni di Stato.
Tanti i silenzi in questi anni. Ma la voglia di verità ha prevalso, non ci sono colpevoli, ma c'è la verità. L'onestà di un lavoro pieno di insidie, di passione, di amore. Di uomini che hanno perso la vita lavorando.
«La storia del Francesco padre» - ha tuonato don Gino Samarelli, durante l'omelia- «è semplicemente una storia di ingiustizia, fatta di omissis, segreti di Stato, menzogne, indifferenza, dolore e amnesia.
Con il Francesco padre – ha detto ancora don Gino- la giustizia italiana ha mostrato il volto contradditorio di chi cerca la verità controllando quella che è la ragione di Stato».
Per il primo cittadino, Tommaso Minervini: «è ancora una ferita profonda per la nostra città. Lo Stato all'inizio è stato contradditorio, fortunatamente il tempo ha ripristinato l'onore di questi lavoratori». E ricorda che mai quel relitto è stato recuperato.
Luigi Giannini di Federpesca, aggiunge: «ne mancano ancora tante di verità. Vanno ripristinati i diritti di chi gli ha visti sempre negati».
E' ancora una volta il silenzio, rotto solo dal rumore del mare che si infrange sulla banchina del porto a stringere i familiari di Giovanni, Saverio, Luigi, Francesco e Mario, con una nuova consapevolezza: non sono più soli nella ricerca della verità.