Politica
Il ricatto della minoranza Pd secondo la Grasta: «Ognuno difenda il Pd nel modo più giusto»
«La questione delle tessere non mi interessa, ma perché i 69 firmatari non siano venuti a chiedere la firma a me», dice l'ex consigliere comunale
Molfetta - domenica 26 marzo 2017
18.48
«L'incontinenza politica dei miei amici e compagni di Partito, ora dopo ora, va sempre più valicando i confini del ridicolo politico». E se lo dice un candidato alle primarie interne del Partito Democratico come Roberto la Grasta, forse c'è davvero qualcosa che non va. A sentire lui, le faide interne al partito rischiano di consegnare alla città una lunga fase di incertezza politica. L'ex consigliere comunale dem, le dinamiche partitiche le conosce bene, insomma. E le sue previsioni inerenti lo status attuale del Pd sono nere. Una situazione desolante nonostante le porte siano aperte, nessuno caccia nessuno. Ma un Partito che si dice democratico non può andare avanti a colpi di ricatti.
«Una storia già vista due anni esatti fa, nel 2015 a ridosso delle consultazioni regionali. Il titolo è identico: scissione», racconta la Grasta. «Le dinamiche? Identiche, quelle del gioco online a comporre la lista dei cattivi e dei buoni, di chi non è detentore dei valori del Pd e di chi, invece, essendone detentori possono rompere e tirarsi fuori dal Pd» continua il candidato alle primarie interne. Poi aggiunge la provocazione: «Allora, facciamo così, parla uno senza valori. Parla un iscritto che ritiene legittima ogni forma interna di posizione e protesta politica, protesta che passa anche dai ricorsi e sino agli appelli agli Organi di Garanzia, quelli stessi organi che un anno fa nel ritenere legittimo il mio atteggiamento politico all'indomani delle dimissioni del sindaco, furono tacciati da alcuni amici e compagni di Partito, di essere di parte e compiacenti. Se gli Organismi gerarchici e di Garanzia di Partito possono essere interpellati in ogni momento, ritengo scorretto, scomposto e politicamente scadente l'atteggiamento di chi puntualmente ne delegittima gli esiti, quanti siano i gradi di giudizio e valutazione».
«La questione delle tessere non mi interessa, non mi compete, ma continuo a chiedermi perché mai 69 firmatari non siano venuti a chiedere la firma a me e ad altre personalità del Partito» ricorda la Grasta. « Ah, già, il gioco preordinato e senza regole della cernita dei buoni e dei cattivi, tipico della scissione, una scissione che va realizzandosi senza contraddittorio interno, ma solo sui social. Questo gioco della scissione, però, dovrebbe darsi delle regole migliori, regole più semplici, regole che prevedano una sola regola e cioè quella di appalesarla e renderla pubblica e per bene, con un documento da portarsi in assemblea, ancora prima che sulle bacheche e sugli organi di stampa», ammette.
«Ognuno difenda il Pd nel modo che ritiene più giusto e valido, ma lo faccia nel Pd, resistendo alla incontinenza di deformare il Partito agli occhi di tutti, con la convinzione della detenzione della verità. Esponenti del Pd che partecipano ad incontri con altre forze politiche, esponessero quanto prima la loro appartenenza al Pd o alla nuova forza politica. Il vero problema resta quel maledetto seme della divisione politica e umana piantato nel 2013, un seme che raccoglie oggi i suoi frutti peggiori. Un seme lanciato da pochi e che ha distrutto e sgraziato il centrosinistra molfettese. Quel seme, diventato albero malato, prima o poi cadrà. Sarà che sono uno di quelli senza valori, diverso da chi ha deciso di esserne il detentore, ma so di essere in buona e numerosa compagnia».
Il Pd insomma, secondo quanto dichiarato da Roberto la Grasta, più che mai propenso a spazzare ogni nota polemica dopo quelle social degli ultimi giorni, non è un partito personale. Ma essere un partito democratico significa accettare anche il dibattito, il confronto, la democrazia interna. La minoranza deve sentirsi a casa. Ma sentirsi a casa non significa che o si fa come dicono loro o si va via.
«Una storia già vista due anni esatti fa, nel 2015 a ridosso delle consultazioni regionali. Il titolo è identico: scissione», racconta la Grasta. «Le dinamiche? Identiche, quelle del gioco online a comporre la lista dei cattivi e dei buoni, di chi non è detentore dei valori del Pd e di chi, invece, essendone detentori possono rompere e tirarsi fuori dal Pd» continua il candidato alle primarie interne. Poi aggiunge la provocazione: «Allora, facciamo così, parla uno senza valori. Parla un iscritto che ritiene legittima ogni forma interna di posizione e protesta politica, protesta che passa anche dai ricorsi e sino agli appelli agli Organi di Garanzia, quelli stessi organi che un anno fa nel ritenere legittimo il mio atteggiamento politico all'indomani delle dimissioni del sindaco, furono tacciati da alcuni amici e compagni di Partito, di essere di parte e compiacenti. Se gli Organismi gerarchici e di Garanzia di Partito possono essere interpellati in ogni momento, ritengo scorretto, scomposto e politicamente scadente l'atteggiamento di chi puntualmente ne delegittima gli esiti, quanti siano i gradi di giudizio e valutazione».
«La questione delle tessere non mi interessa, non mi compete, ma continuo a chiedermi perché mai 69 firmatari non siano venuti a chiedere la firma a me e ad altre personalità del Partito» ricorda la Grasta. « Ah, già, il gioco preordinato e senza regole della cernita dei buoni e dei cattivi, tipico della scissione, una scissione che va realizzandosi senza contraddittorio interno, ma solo sui social. Questo gioco della scissione, però, dovrebbe darsi delle regole migliori, regole più semplici, regole che prevedano una sola regola e cioè quella di appalesarla e renderla pubblica e per bene, con un documento da portarsi in assemblea, ancora prima che sulle bacheche e sugli organi di stampa», ammette.
«Ognuno difenda il Pd nel modo che ritiene più giusto e valido, ma lo faccia nel Pd, resistendo alla incontinenza di deformare il Partito agli occhi di tutti, con la convinzione della detenzione della verità. Esponenti del Pd che partecipano ad incontri con altre forze politiche, esponessero quanto prima la loro appartenenza al Pd o alla nuova forza politica. Il vero problema resta quel maledetto seme della divisione politica e umana piantato nel 2013, un seme che raccoglie oggi i suoi frutti peggiori. Un seme lanciato da pochi e che ha distrutto e sgraziato il centrosinistra molfettese. Quel seme, diventato albero malato, prima o poi cadrà. Sarà che sono uno di quelli senza valori, diverso da chi ha deciso di esserne il detentore, ma so di essere in buona e numerosa compagnia».
Il Pd insomma, secondo quanto dichiarato da Roberto la Grasta, più che mai propenso a spazzare ogni nota polemica dopo quelle social degli ultimi giorni, non è un partito personale. Ma essere un partito democratico significa accettare anche il dibattito, il confronto, la democrazia interna. La minoranza deve sentirsi a casa. Ma sentirsi a casa non significa che o si fa come dicono loro o si va via.