priore giuseppe de candia
priore giuseppe de candia

Il priorato di de Candia nel ricordo della Pietà a Roma

Una intervista intensa al priore dell'Arciconfraternita della Morte che svela i prossimi appuntamenti

A due anni dall'elezione come priore dell'Arciconfraternita della Morte dal Sacco Nero, Giuseppe de Candia si racconta in una intervista emozionante, tra ricordi privati e pubblici e le emozioni indescrivibili dello scorso 22 maggio quando la nostra Pietà ha varcato il portone centrale della Basilica di San Pietro a Roma. Un bilancio dei due anni trascorsi e uno sguardo al "cammino verso il prossimo" che non intende fermarsi.

L'elezione a priore ha una valenza importante per la famiglia de Candia, e forse la data del 13 luglio ancora di più, giusto?
È senza dubbio una data segnata per la mia famiglia, il connubio de Candia-13 luglio-Chiesa del Purgatorio ci appartiene. Il 13 luglio 1997 mio padre è stato eletto priore, in un anno eccezionale in cui per la prima volta nella storia dell'Arciconfraternita c'è stato il ballottaggio tra tre candidati e gli animi, come si può immaginare, erano particolarmente accesi, con confratelli giunti da ogni parte al Purgatorio per votare. Ma quella stessa mattina è nato anche il mio primo figlio e già la nascita di un figlio ti fa volare, in più alle ore 15 circa l'elezione di mio padre, insomma una giornata marchiata e indelebile per la mia famiglia.

Poi, pochi anni dopo la sua elezione a priore in quella stessa data, cosa ha provato allora?
C'è un dato importante prima dell'elezione a priore, ed è quando ricevi quella lettera per la candidatura che non ti dà certo la sicurezza di essere eletto, ma ti fa sentire ancor più dentro la confraternita. Dopo un periodo un po' litigioso e non certo difficile per la confraternita, lo ricordo bene, il 3 giugno 2014, un sabato mattina, mi arriva la missiva e ovviamente inizia la ricerca della composizione dei due componenti e dopo un po' di giorni mi viene comunicato che la data di votazione sarebbe stata il 13 luglio, potete immaginate lo stupore. È stata una bella vittoria e un bel desiderio da parte di tutta la confraternita di volere un priore che sapesse mettere insieme. E il primo nostro atto è stato quello di aprire le porte del Purgatorio. La storia continua, in 403 anni non accade così spesso che padre e figlio diventino priori, dopo 14 anni dalla fine del priorato del padre viene aletto il figlio. Questa data me la porterò dentro per sempre.

Nel priore i confratelli vedono una figura importante che sappia rappresentarli tutti, quali sono secondo lei le doti che devono contraddistinguere un priore?
Il priore non è il comandante ma è colui il quale deve saper mettere d'accordo diverse e tante anime all'interno dell'Arciconfraternita della Morte. Deve avere una spiccata capacità di fare sintesi, deve conoscere la storia dell'Arciconfraternita, il priore deve avere dentro, a mio avviso, un trasporto già in tenerissima età, è un fatto di appartenenza importante. Vivere 50 anni di intensa passione, pieni di partecipazione, non è forse un caso, forse è "la Madonna che lo vuole". Senza dubbio devo ringraziare mio padre, perché mi ha dato la possibilità di conoscere da subito quell'antico e impareggiabile profumo della chiesa del purgatorio che non trovi da nessuna parte.

L'Arciconfraternita della Morte può vantare una storia centenaria e tanto ha dato alla città di Molfetta, ma secondo lei quanto ancora può dare a questa città alla luce dell'evento di Roma?
Il 22 maggio scorso abbiamo vissuto una giornata memorabile. Con quell'evento l'Arciconfraternita, lo stiamo verificando anche in questi giorni, ha dato e fatto la più bella operazione di fede che si potesse pensare, è stato più che un evento religioso di cristianità vissuta. È qualcosa che a pensarci ora fa ancora accapponare la pelle. Tutto quello che noi stiamo facendo come Amministrazione, tutte quelle che qualcuno chiama "follie", sono legate soprattutto ad un'antichissima tradizione, e di quella tradizione non abbiamo cambiato nulla. Abbiamo pensato e realizzato tante cose ma riteniamo che il momento più importante per questa città è quando esce la Croce e quest'anno c'erano più di 7000 persone; non si è mai verificata una cosa del genere. È chiaro che la notte favolosa che dà il suo contributo ma se crei l'atmosfera giusta nel rispetto di quell'antichissima tradizione – come i 33 ceri che richiamano i 33 rintocchi, i 7 dolori che sono i 7 confratelli che escono con la Croce, non permetti a nessuno di entrare in chiesa – senza creare spettacoli la fede e la devozione della città si amplifica. Con l'operazione Roma crediamo di aver portato i riti della Settimana Santa e della Puglia nel mondo, senza ombra di dubbio, e di questo Molfetta non può che essere orgogliosa.

La Pietà a Roma ha, però, creato anche qualche polemica, in tal caso come sono state vissute?
Le polemiche appartengono ad un numero molto limitato di ipocriti che successivamente si sono ricreduti e uniti al pentimento di chi non era presente a Roma. Noi abbiamo voluto e fatto le cose per bene ed è stato un successo. Non siamo andati con il cappello in mano, noi siamo andati fieri di rappresentare l'Arciconfraternita e la città, anche chi avrebbe potuto contribuire e non l'ha fatto, ma va bene così. Sono impagabili le emozioni che abbiamo vissuto tutti insieme, le lacrime versate, i canti e le preghiere; abbiamo fatto sentire importanti i nostri concittadini e i molfettesi che sono fuori città da anni, perché lì è scattato qualcosa di grandioso da parte della molfettesità, che ha colto il messaggio comune di una grande forza. Quindi il chiacchiericcio di coloro che tentavano di infastidire non ci interessa.

Pensando ad un bilancio di questi 2 anni, Roma è da considerarsi l'apoteosi del suo priorato o è semplicemente un tassello?
Di tasselli ce ne sono stati tanti in questi 2 anni. Diciamo che questa Amministrazione dal momento della sua elezione si è assunta degli impegni importanti ed è riuscita a concretizzare un sogno per cui devo ringraziare tantissime persone. Credo che in questi 2 anni abbiamo dato una sterzata in un momento in cui le regole si stavano perdendo. Abbiamo fatto assaporare, con le due uscite di notte – che sicuramente qualcuno non ha condiviso – una devozione e una passione uniche, mantenendo un gusto raffinato ed elegante e sempre rivolti al "popolo". L'evento di Roma bisogna saperlo leggere, ovvio che per me è l'apoteosi, è forse l'atto più alto che la nostra "Grande Bellezza" potesse regalare a me e tutti noi, perché se ancora oggi è possibile raccogliere complimenti e lacrime, allora non è stato solo un momento o una giornata.

Da Roma in poi, come lo vede il seguito del priorato? Ritiene che la prossima Pasqua avrà qualcosa in più?
Questa amministrazione ha assunto un grosso impegno, quello di dedicarsi a opere di carità per aiutare i più poveri, quelli veri; ne abbiamo già fatte molte e continuiamo a farle senza molti clamori. E questa opera di raccolta la chiuderemo a novembre, inizio dicembre. Ecco perché è fondamentale per il resto del nostro mandato incesellare determinati appuntamenti, e uno di questi a breve, un evento particolare e di alto livello, che vuole essere un racconto di ciò che è avvenuto. Posso solo anticipare che avremo l'occasione di ammirare scatti preziosi presso il Museo Diocesano, raggiungendo migliaia di cittadini, devoti, famiglie e ospiti e con questi avremo la possibilità di aiutare ancor più nel profondo il nostro prossimo. Sicuramente una data certa e importante sarà anche il 15 settembre. Inoltre siamo in attesa di produrre due video, sulla notte delle statue e sulla Pietà a Roma, insomma un vero film. Un altro grande progetto è senza dubbio la realizzazione di un libro per il quale stiamo già lavorando alla raccolta del materiale e delle testimonianze.
Si, siamo convinti che la processione della prossima Pasqua avrà un richiamo assoluto, anche perché il nostro marchio è diventato ancora più prestigioso. Abbiamo creato con grande umiltà una grandissima partecipazione che siamo sicuri porterà a Molfetta coloro che hanno visto le immagini della Pietà a Roma e coloro che c'erano e hanno toccato con mano ma colo parzialmente le nostre tradizioni e la nostra fede. Sono convinto che l'Anno giubilare della Misericordia sarà ricordato come l'anno della Pietà a Roma.

Se quella statua potesse parlare, secondo lei cosa direbbe, in particolare all'Arciconfraternita?
Sicuramente con un gesto o uno sguardo riuscirebbe a salvare tante vite umane a redimere tanti peccatori in giro. Forse potrebbe dire che vorrebbe ripeterà nella nostra cara città per migliaia di anni gli stessi riti, forse esprimerebbe il piacere di essere portata sulle spalle da noi annualmente.
È una malattia che ci hanno trasmesso, ma è una gran bella malattia, perché quando porti la Vergine Santissima, sono momenti in cui piangi e gioisci nello stesso tempo nel tuo più profondo intimo.
Quel desiderio di far vivere a tutti quelle emozioni, penso lo aspettino ogni anno entrambe le nostre Madonne, e quest'anno è stato vissuto in modo irripetibile
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