I volontari: «La prima cosa che ci hanno chiesto è stata proteggersi dal freddo»
L'infermiera che ha accompagnato don Gino: «Siamo andati di persona alla frontiera. Non sapevamo cosa aspettarci»
Molfetta - sabato 12 marzo 2022
Ha ancora la forza di raccontare Anastasia, l'infermiera del Sermolfetta partita con don Gino alla volta dell'Ucraina per trarre in salvo 45 persone portate in Italia in salvo.
Bielorussa, adottata da piccola da una famiglia molfettese e ormai italiana, Anastasia si è messa da subito a disposizione della missione soprattutto perchè bilingue e in grado di comunicare con queste persone. Con lei anche la dottoressa Paola Coluccia
«La prima cosa che ci hanno chiesto è stata proteggersi dal freddo», ha raccontato, appena rientrata a Molfetta.
La volontaria ricorda che «li abbiamo subito accolti nel pullman: era molto infreddoliti e affamati, quindi li abbiamo riscaldati, sfamati e fatti riposare perchè erano molto stanchi».
«Nessuno di loro si aspettava un attacco, è stata una cosa improvvisa», prosegue ricordando che era lei, viste anche le capacità linguistiche a prendere in carico queste persone alla frontiera per poi affidarle alla dottoressa Coluccia sul bus, pronto a ripartire per l'Italia.
«C'è ancora molto da fare, queste persone hanno avuto la fortuna di riuscire a raggiungere il loro traguardo ma ci sono molte persone, soprattutto alla frontiera polacca, che stanno cercando di fuggire ma non tutti riescono».
«don Gino ha avuto molto coraggio perchè in questa terra non si sa cosa può accadere. Siamo andati di persona alla frontiera ad accogliere queste persone ed era molto pericoloso, non sapevamo nemmeno noi cosa aspettarci», ha concluso.
Bielorussa, adottata da piccola da una famiglia molfettese e ormai italiana, Anastasia si è messa da subito a disposizione della missione soprattutto perchè bilingue e in grado di comunicare con queste persone. Con lei anche la dottoressa Paola Coluccia
«La prima cosa che ci hanno chiesto è stata proteggersi dal freddo», ha raccontato, appena rientrata a Molfetta.
La volontaria ricorda che «li abbiamo subito accolti nel pullman: era molto infreddoliti e affamati, quindi li abbiamo riscaldati, sfamati e fatti riposare perchè erano molto stanchi».
«Nessuno di loro si aspettava un attacco, è stata una cosa improvvisa», prosegue ricordando che era lei, viste anche le capacità linguistiche a prendere in carico queste persone alla frontiera per poi affidarle alla dottoressa Coluccia sul bus, pronto a ripartire per l'Italia.
«C'è ancora molto da fare, queste persone hanno avuto la fortuna di riuscire a raggiungere il loro traguardo ma ci sono molte persone, soprattutto alla frontiera polacca, che stanno cercando di fuggire ma non tutti riescono».
«don Gino ha avuto molto coraggio perchè in questa terra non si sa cosa può accadere. Siamo andati di persona alla frontiera ad accogliere queste persone ed era molto pericoloso, non sapevamo nemmeno noi cosa aspettarci», ha concluso.