Giovanni Spagnoletta Croce Rossa Molfetta
Giovanni Spagnoletta Croce Rossa Molfetta
Sociale

Giornata della Croce Rossa. A Molfetta ogni volontario è una fiammella sempre accesa

L'intervista al presidente Spagnoletta: «C'è sempre da imparare»

L'8 maggio, in tutto il mondo, si festeggia il lavoro di soccorso che svolgono ogni giorno i volontari della Croce Rossa. Questa ricorrenza è stata stabilita in questa data perché coincide con il giorno della nascita di Henry Dunant, ritenuto fondatore dell'associazione.

La redazione di "MolfettaViva", che ha già incontrato il presidente di Croce Rossa nell'ambito della rubrica di approfondimento sul mondo del sociale, ha raggiunto nuovamente Giovanni Spagnoletta, che questa volta ha raccontato la sua esperienza in qualità di presidente del comitato locale.

Cosa significa per lei essere presidente del comitato locale di Croce Rossa?
«Significa sicuramente avere la consapevolezza di appartenere a quest'associazione, che io considero una famiglia grande e internazionale. Quindi senti questo peso che ti porti come un un macigno perché sei osservato, hai una grossa responsabilità, qualsiasi cosa tu faccia viene vista e si nota. Per cui devi essere attento, devi trasmettere questa sicurezza e questa consapevolezza. Infatti tutti i nostri volontari non agiscono così solo perché fanno parte dell'associazione, ma perché sono consapevoli che far parte di questo movimento internazionale è un grosso onere, una grossa responsabilità da gestire in questa città e su tutto il territorio di nostra competenza. Far parte di Croce Rossa significa portare alti quei valori e quei principi sani che ci contraddistinguono e trasmetterli a tutti, avendo sempre in mente quelli che sono gli obiettivi strategici che sia annualmente sia di tanto in tanto ci prefiggiamo, a livello locale e a livello internazionale. Siamo focalizzati sugli obiettivi annuali e su quelli a lunga distanza da raggiungere entro il 2030».

Da quanto tempo riveste questo ruolo e cosa le ha insegnato l'esperienza in Croce Rossa?
«Sono da quasi otto anni presidente di Croce Rossa e questo mi fa molto piacere. Mi fa piacere anche perché in questi lunghi otto anni ho visto tanto e la Croce Rossa mi ha insegnato tanto. All'inizio abbiamo seguito dei corsi di formazione in cui ci spiegavano come gestire le situazioni, come avere il rapporto con i ragazzi e quindi come sviluppare alcune dinamiche di gruppo, ma adesso, anche in virtù dell'entrata in vigore della nuova legge del terzo settore, la formazione che c'è stata ha apportato dei cambiamenti rispetto a quella che era la formazione precedente. Naturalmente, però, un conto è il dire e un altro il fare, il mettere in campo tutto quello che abbiamo appreso in modo teorico. Questo è stato abbastanza difficile perché la responsabilità che si ha nell' assumersi determinati impegni e prese di posizioni spesso porta a dei rischi che bisogna essere pronti a correre. Ma anche questo si impara dopo, a situazioni già passate. Così come si impara a prendere delle decisioni che per fortuna non mettono a rischio la vita dei volontari e delle persone, perché ci sono dietro mesi di preparazione e di formazione. Però ci sono la responsabilità legale, civile, penale che inevitabilmente cadono sul legale rappresentante che è il presidente. Solo facendo tanta strada si matura questa consapevolezza. Non nego che è molto difficile, c'è abbastanza timore che qualcosa possa andare storto e ti possa allontanare da quelle che sono le previsioni iniziali. Questo riguarda soprattutto quel tipo di attività che vanno al di fuori di quelle che sono le normali esecuzioni, che ormai sono già studiate e di cui si conoscono già l'evoluzione e tutti i rischi dal punto di vista burocratico, legale e amministrativo».

Qual è l'episodio più significativo che ha vissuto come presidente?
«Non riesco a identificare un episodio in particolare perché vivere con i ragazzi costantemente e vedere quelle che sono le loro evoluzioni e i loro progressi è una grande soddisfazione. Questo vale sia per i volontari che stanno con noi da molto tempo sia per i nuovi arrivati. È bello pian piano vederli crescere, vederli acquisire quell'esperienza, quel know-how che poi si porteranno sempre nella loro vita. Mi piace portare l'esempio della fiammella della caldaia a gas, che è sempre accesa. Questo è ciò che mi ha fatto sempre agire all'interno della Croce Rossa: il rapporto umano, fare attività, trascorrere del tempo con i volontari, parlarsi, ascoltarsi. Nonostante i momenti no che ci sono in tutti noi, l'entusiasmo che ti trasmettono sia i ragazzi sia chi riceve i nostri servizi, permette di far riaccendere ulteriormente quella fiammella. È come quando noi apriamo l'acqua calda nelle nostre abitazioni: la fiammella aumenta, si accendono tante altre piccole fiammelle che contribuiscono, nel giro di pochissimo tempo, a riscaldare l'acqua di cui abbiamo bisogno. Bene, la stessa cosa sono i nostri volontari, che hanno un'energia contagiosa. L'allegria che hanno i ragazzi quando fanno attività o quando ritornano da un'attività e portano i loro feedback è un costante elemento che ti porta a non abbandonare tutto, ma a superare quei momenti difficili che arrivano prima o poi in tutte le realtà associative. Ci sono sempre da correggere determinate azioni, ma credo sia una cosa naturale per migliorarsi continuamente e per raggiungere degli obiettivi nuovi. Quella sinergia che si crea attraverso il costante dialogo, il costante incontro e la costante partecipazione porta a migliorare l'azione di ogni volontario, compresa la mia. Questo ti fa sempre essere sul pezzo e ti permette di imparare ogni giorno. Io imparo molto ogni volta che mi confronto con tutti e questo è l'altro volano che ci porta a non lasciare mai la nostra missione».
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