Fermo biologico dal 16 agosto al 26 settembre
Coldiretti Puglia:«Inadeguato l'attuale format del fermo»
Molfetta - martedì 12 luglio 2016
Si svolgerà dal 16 agosto al 26 settembre il fermo biologico che, come ogni anno, blocca le imbarcazioni per consentire la ripopolazione del mare.
Tuttavia è Coldiretti Puglia a lanciare l'allarme non solo sulle condizioni sempre più critiche del settore ma anche sul modo in cui viene praticato il fermo e sulle sue conseguenze, tangibili anche sulle nostre tavole.
«Con il fermo pesca aumenta il rischio di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture prodotto straniero o congelato. Il settore soffre la concorrenza sleale del prodotto importato dall'estero e spacciato come italiano, soprattutto nella ristorazione, grazie all'assenza dell'obbligo di etichettatura dell'origine. Ad oggi, infatti, l'unico strumento per invertire la crescente dipendenza italiana dall'importazione, che ha superato il 76% è rappresentato dall'acquacoltura, che invece viene penalizzata dalla mancanza di certezze e da una grave assenza di norme che ne consentano lo sviluppo», spiega Angelo Corsetti, direttore di Coldiretti Puglia.
«Del resto l'attuale format del fermo pesca, inaugurato trent'anni fa, ha ampiamente dimostrato di essere inadeguato, poiché non tiene conto del fatto che solo alcune specie ittiche si riproducono in questo periodo, mentre per la maggior parte delle altre si verifica in date differenti durante il resto dell'anno», denuncia Coldiretti Impresapesca da cui parte la proposta di differenziare il blocco delle attività a seconda delle specie, mentre le imprese ittiche potrebbero scegliere ciascuna quando fermarsi in un periodo compreso tra il 1° luglio e il 30 ottobre.
Insomma, servirebbe un approccio diverso e più innovativo per salvaguardare un intero settore produttivo in crisi da decenni: secondo Coldiretti Puglia ci sarebbe stata la perdita del 35% dei posti di lavoro con il 32% delle imprese costrette alla chiusura, nonostante «un mercato, quello del consumo del pesce, che aumenta, ma sempre più in mano alle importazioni», continua ancora Corsetti.
Per la Puglia, il settore Pesca rappresenta ll'1% del PIL pugliese e arriva fino al 3,5% se si considera l'intero indotto, conta 1500 imbarcazioni, 5000 addetti, 10 impianti di acquacoltura e mitilicoltura.
Allora, non resta che seguire i consigli di Coldiretti Impresapesca: prima di comprare pesce è opportuno verificare sul bancone l'etichetta, che per legge deve prevedere l'area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).
Tuttavia è Coldiretti Puglia a lanciare l'allarme non solo sulle condizioni sempre più critiche del settore ma anche sul modo in cui viene praticato il fermo e sulle sue conseguenze, tangibili anche sulle nostre tavole.
«Con il fermo pesca aumenta il rischio di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture prodotto straniero o congelato. Il settore soffre la concorrenza sleale del prodotto importato dall'estero e spacciato come italiano, soprattutto nella ristorazione, grazie all'assenza dell'obbligo di etichettatura dell'origine. Ad oggi, infatti, l'unico strumento per invertire la crescente dipendenza italiana dall'importazione, che ha superato il 76% è rappresentato dall'acquacoltura, che invece viene penalizzata dalla mancanza di certezze e da una grave assenza di norme che ne consentano lo sviluppo», spiega Angelo Corsetti, direttore di Coldiretti Puglia.
«Del resto l'attuale format del fermo pesca, inaugurato trent'anni fa, ha ampiamente dimostrato di essere inadeguato, poiché non tiene conto del fatto che solo alcune specie ittiche si riproducono in questo periodo, mentre per la maggior parte delle altre si verifica in date differenti durante il resto dell'anno», denuncia Coldiretti Impresapesca da cui parte la proposta di differenziare il blocco delle attività a seconda delle specie, mentre le imprese ittiche potrebbero scegliere ciascuna quando fermarsi in un periodo compreso tra il 1° luglio e il 30 ottobre.
Insomma, servirebbe un approccio diverso e più innovativo per salvaguardare un intero settore produttivo in crisi da decenni: secondo Coldiretti Puglia ci sarebbe stata la perdita del 35% dei posti di lavoro con il 32% delle imprese costrette alla chiusura, nonostante «un mercato, quello del consumo del pesce, che aumenta, ma sempre più in mano alle importazioni», continua ancora Corsetti.
Per la Puglia, il settore Pesca rappresenta ll'1% del PIL pugliese e arriva fino al 3,5% se si considera l'intero indotto, conta 1500 imbarcazioni, 5000 addetti, 10 impianti di acquacoltura e mitilicoltura.
Allora, non resta che seguire i consigli di Coldiretti Impresapesca: prima di comprare pesce è opportuno verificare sul bancone l'etichetta, che per legge deve prevedere l'area di pesca (Gsa). Le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).