Cronaca
Ferimento Squeo, il 35enne «Gianvito» non sparò con l'intenzione di uccidere
Vito Magarelli, ai domiciliari, ha patteggiato una pena a 3 anni: l'accusa di tentato omicidio è stata derubricata in lesioni
Molfetta - venerdì 2 dicembre 2022
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La pesante accusa di tentato omicidio di Leonardo Squeo, per la quale un anno fa era finito in manette e poi agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, è stata derubricata in lesioni, un reato per il quale Vito Magarelli, detto «Gianvito», ha patteggiato una pena a 3 anni di reclusione dinanzi al Tribunale di Trani.
I fatti risalgono al 10 agosto 2021, quando in piazza Paradiso, il 44enne, già noto, fu colpito all'addome da alcune coltellate e poi da un colpo d'arma da fuoco al piede destro esploso da una pistola calibro 7.65. Il ferito riuscì a trascinarsi sino in via Bixio, dove, raggiunto da alcuni conoscenti, fu trasportato in ospedale. Per quell'episodio, due mesi dopo, i Carabinieri della locale Compagnia arrestarono due cugini omonimi, Vito Magarelli, di 49 e 35 anni, accusati di tentato omicidio.
«Gianvito» fu portato nel carcere di Trani. A dicembre il Tribunale su istanza dei suoi avvocati, Michele Salvemini e Giuseppe Germinario, lo confinò ai domiciliari sulla base della riqualificazione del Riesame del reato di tentato omicidio in lesioni perché era «dubbia» la sua volontà di uccidere Squeo. La difesa ha poi inviato al Tribunale un'istanza di patteggiamento a 3 anni per lesioni, detenzione e porto d'arma da sparo, ricevendo il «no» del pubblico ministero Roberta Moramarco.
Il 30 novembre scorso, infine, dopo la rapida istruzione dibattimentale e nonostante la richiesta di condanna a 18 anni di carcere, il Tribunale di Trani (presidente Luca Buonvino), accogliendo la richiesta della difesa, ha derubricato il reato di tentato omicidio in lesioni e ha applicato la pena di 3 anni di carcere e 6mila euro di multa nei confronti di «Gianvito» perché, come si legge, «può ragionevolmente dedursi che alcun contributo l'imputato fornì all'accoltellamento dello Squeo».
Il 35enne «non c'era quando il cugino inflisse la prima coltellata e non partecipò al secondo frangente della condotta del cugino che colpì nuovamente lo Squeo». Secondo i giudici di Trani «le condotte vanno distinte». La zona del corpo in cui Squeo fu colpito dal proiettile inoltre, era «del tutto periferica e ben distante dalla zona vitale». Una circostanza, proprio quest'ultima, che rende «verosimile l'ipotesi che l'intenzione fosse proprio quella di ferire in quel punto e non di uccidere».
Infine, «se l'intenzione era quella di uccidere», il 35enne «avrebbe potuto esplodere altri colpi all'indirizzo della vittima, cosa che non accadde». Sul fatto, quindi, è stato posto un primo punto fermo. Vito Magarelli non è responsabile di tentato omicidio, mentre diversa è la posizione di suo cugino che ha scelto l'abbreviato.
I fatti risalgono al 10 agosto 2021, quando in piazza Paradiso, il 44enne, già noto, fu colpito all'addome da alcune coltellate e poi da un colpo d'arma da fuoco al piede destro esploso da una pistola calibro 7.65. Il ferito riuscì a trascinarsi sino in via Bixio, dove, raggiunto da alcuni conoscenti, fu trasportato in ospedale. Per quell'episodio, due mesi dopo, i Carabinieri della locale Compagnia arrestarono due cugini omonimi, Vito Magarelli, di 49 e 35 anni, accusati di tentato omicidio.
«Gianvito» fu portato nel carcere di Trani. A dicembre il Tribunale su istanza dei suoi avvocati, Michele Salvemini e Giuseppe Germinario, lo confinò ai domiciliari sulla base della riqualificazione del Riesame del reato di tentato omicidio in lesioni perché era «dubbia» la sua volontà di uccidere Squeo. La difesa ha poi inviato al Tribunale un'istanza di patteggiamento a 3 anni per lesioni, detenzione e porto d'arma da sparo, ricevendo il «no» del pubblico ministero Roberta Moramarco.
Il 30 novembre scorso, infine, dopo la rapida istruzione dibattimentale e nonostante la richiesta di condanna a 18 anni di carcere, il Tribunale di Trani (presidente Luca Buonvino), accogliendo la richiesta della difesa, ha derubricato il reato di tentato omicidio in lesioni e ha applicato la pena di 3 anni di carcere e 6mila euro di multa nei confronti di «Gianvito» perché, come si legge, «può ragionevolmente dedursi che alcun contributo l'imputato fornì all'accoltellamento dello Squeo».
Il 35enne «non c'era quando il cugino inflisse la prima coltellata e non partecipò al secondo frangente della condotta del cugino che colpì nuovamente lo Squeo». Secondo i giudici di Trani «le condotte vanno distinte». La zona del corpo in cui Squeo fu colpito dal proiettile inoltre, era «del tutto periferica e ben distante dalla zona vitale». Una circostanza, proprio quest'ultima, che rende «verosimile l'ipotesi che l'intenzione fosse proprio quella di ferire in quel punto e non di uccidere».
Infine, «se l'intenzione era quella di uccidere», il 35enne «avrebbe potuto esplodere altri colpi all'indirizzo della vittima, cosa che non accadde». Sul fatto, quindi, è stato posto un primo punto fermo. Vito Magarelli non è responsabile di tentato omicidio, mentre diversa è la posizione di suo cugino che ha scelto l'abbreviato.