
Felice Spaccavento e l'omaggio a Mario Mariani: il valore della cura oltre la malattia
Le riflessioni sulla morte del 27enne venuto a mancare l'anno scorso
Molfetta - domenica 30 marzo 2025
16.10
In un intervento accorato e profondo, Felice Spaccavento ha ricordato Mario Mariani, un giovane barese di soli 27 anni strappato troppo presto alla vita da una malattia crudele. Le sue parole, profonde e toccanti, testimoniano l'importanza delle Cure Palliative e il valore dell'umanità nella medicina.
«Relazionare in un congresso sulle Cure Palliative, proprio nel luogo in cui mi sono specializzato, parlando di te, Mario, mi è sembrata la cosa più naturale. Qui, al Policlinico, ci siamo incontrati per la prima volta, ed è qui che è nata la nostra alleanza terapeutica. Voglio ringraziare la Prof.ssa Filomena Puntillo e l'Università di Bari per avermi invitato, per aver dato spazio a questa bellissima branca della Medicina che tanto ha ancora da insegnarci. Ho portato la tua storia davanti a colleghi e specialisti, e ho fatto ascoltare la voce di tua madre: parole cariche d'amore, che raccontavano di te, dei tuoi studi, dei tuoi viaggi, dei tuoi sogni, della tua malattia e dei tuoi ultimi momenti».
«Ho visto occhi lucidi, ho sentito emozioni profonde. Nei congressi di solito non si piange, ma le parole di tua madre, grandissima collega, sono state un manifesto per le Cure Palliative. Il "pallium", quel mantello che rappresenta protezione, dignità e umanità. Nessuno deve essere lasciato solo nella malattia, soprattutto in quella inguaribile. La Cura è soprattutto per loro, le nostre periferie, le nostre paure. Non è un'utopia, è un sogno realizzabile».
«Sai, Mario, nella mia vita ho rischiato più volte di morire, ma ogni volta qualcosa lo ha rimandato. Io lo chiamo fortuna, altri destino, altri volontà divina. Ma ciò che conta è ciò che facciamo con il tempo che abbiamo. Amo rivoluzionare, trasformare ciò che mi capita tra le mani. Forse la nostra nemica comune, quella che ti ha strappato così presto alla vita, mi sta aspettando perché completi l'opera, o forse le sto sulle palle. Ho concluso il mio intervento con le parole di tua madre: "La persona malata è più importante della sua malattia".»
«Poi l'applauso, forte, per te e per lei. Ho cercato di parlare, ma avevo un nodo in gola. Ti ho immaginato sorridere. Alla fine sono uscito dall'aula. Avevo bisogno di aria. Ma sapevo che il tuo ricordo sarebbe rimasto lì, tra quelle persone, tra quelle parole, in ogni gesto di cura che sapremo ancora donare».
«Relazionare in un congresso sulle Cure Palliative, proprio nel luogo in cui mi sono specializzato, parlando di te, Mario, mi è sembrata la cosa più naturale. Qui, al Policlinico, ci siamo incontrati per la prima volta, ed è qui che è nata la nostra alleanza terapeutica. Voglio ringraziare la Prof.ssa Filomena Puntillo e l'Università di Bari per avermi invitato, per aver dato spazio a questa bellissima branca della Medicina che tanto ha ancora da insegnarci. Ho portato la tua storia davanti a colleghi e specialisti, e ho fatto ascoltare la voce di tua madre: parole cariche d'amore, che raccontavano di te, dei tuoi studi, dei tuoi viaggi, dei tuoi sogni, della tua malattia e dei tuoi ultimi momenti».
«Ho visto occhi lucidi, ho sentito emozioni profonde. Nei congressi di solito non si piange, ma le parole di tua madre, grandissima collega, sono state un manifesto per le Cure Palliative. Il "pallium", quel mantello che rappresenta protezione, dignità e umanità. Nessuno deve essere lasciato solo nella malattia, soprattutto in quella inguaribile. La Cura è soprattutto per loro, le nostre periferie, le nostre paure. Non è un'utopia, è un sogno realizzabile».
«Sai, Mario, nella mia vita ho rischiato più volte di morire, ma ogni volta qualcosa lo ha rimandato. Io lo chiamo fortuna, altri destino, altri volontà divina. Ma ciò che conta è ciò che facciamo con il tempo che abbiamo. Amo rivoluzionare, trasformare ciò che mi capita tra le mani. Forse la nostra nemica comune, quella che ti ha strappato così presto alla vita, mi sta aspettando perché completi l'opera, o forse le sto sulle palle. Ho concluso il mio intervento con le parole di tua madre: "La persona malata è più importante della sua malattia".»
«Poi l'applauso, forte, per te e per lei. Ho cercato di parlare, ma avevo un nodo in gola. Ti ho immaginato sorridere. Alla fine sono uscito dall'aula. Avevo bisogno di aria. Ma sapevo che il tuo ricordo sarebbe rimasto lì, tra quelle persone, tra quelle parole, in ogni gesto di cura che sapremo ancora donare».