Cronaca
Droga, mercato ricco che ha fatto gola ai clan Capriati, Mercante e Misceo
Le operazioni "Angel" e "Doppio Gioco" analizzate nell'ultima relazione della Direzione Investigativa Antimafia
Molfetta - sabato 16 febbraio 2019
«Un unico sistema criminale sotto l'egida di una o più famiglie di Bari, collegato alla Società Foggiana ed alla Sacra Corona Unita, con reciproco riconoscimento quali organizzazioni autonome»: così la Direzione Investigativa Antimafia, nel suo rapporto (relativo al primo semestre del 2018) definisce la "Camorra barese".
Una relazione, quella dell'Antimafia, che fotografa lo scenario criminale nel capoluogo e nella provincia. Nella città di Molfetta, ad esempio, dove «l'operazione "Doppio Gioco" - si legge a pagina 203 - ha dimostrato come il clan Mercante di Bari alimentasse (negli anni 2013-14) una fiorente attività di spaccio in Molfetta, rifornendo un grosso spacciatore che operava su quella piazza».
«L'operazione "Angel" - si legge a pagina 189 -, ha scoperto, invece, l'affiliazione di un gruppo criminale attivo per lo spaccio della droga nei comuni baresi di Ruvo, Molfetta e Palo del Colle e nella Bat, a Trani e Bisceglie, al clan Misceo di Bari, il quale garantiva l'approvvigionamento dello stupefacente, ma effettuava anche un controllo economico sulla gestione dell'attività ed, in particolare, sui compensi per i pusher».
Ma Molfetta è stata anche la città dove «l'espansione del clan Caprati, finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio, la persona, nonché concernenti il traffico di sostanze stupefacenti, già operante nel Borgo Antico del capoluogo e nelle aree limitrofe, che aveva acquisito il controllo della piazza di spaccio su Bari Vecchia, precedentemente in capo agli Strisciuglio, è stata stroncata - si legge a pagina 196 - dagli esiti delle operazioni "Porto" e "Pandora"».
«Le indagini hanno fatto luce sull'escalation criminale del sodalizio, riorganizzato da due fratelli (nipoti del capoclan detenuto) in un'articolata struttura criminale, con collegamenti a Bitonto, Valenzano, Triggiano, Terlizzi, Ruvo di Puglia, Corato e Molfetta. Il gruppo si era rafforzato anche grazie al transito nelle proprie fila di sodali già appartenenti ad altre compagini criminali, dando segnali di radicamento sul territorio sempre maggiore e anche nel settore pubblico».
In particolare, l'inchiesta "Porto" ha dimostrato come «il sodalizio esercitasse una fortissima influenza all'interno del porto di Bari e di alcuni uffici del Comune, fosse dedito ad attività estorsive ed avesse imposto a commercianti delle Feste Patronali ed, in genere, a quelli del quartiere Carrassi di Bari, l'acquisto di merci, come buste in plastica, vassoi in alluminio, ghiaccio, detersivi, alimentari e prodotti caseari».
«Lo spaccio degli stupefacenti, eroina, cocaina e hashish - è spiegato a pagina 194 - era distribuita su squadre dotate di autonomia gestionale, ma con evidenti interconnessioni tra loro, tutte comunque assoggettate al boss cui dovevano una parte del ricavato (cd. "pensiero")». Il provvedimento, infatti, ha evidenziato gli interessi condivisi con vari "gruppi satellite", i quali, pur operando in autonomia, restavano subordinati alle rigide regole dell'organizzazione di riferimento.
«La droga, approvvigionata attraverso vari canali (per la cocaina da Castel Volturno, per l'hashish e la marijuana da Olanda e Albania) mediante corrieri del luogo e tramite un pregiudicato di Carovigno - è scritto ancora a pagina 194 - veniva distribuita anche ad altre compagini criminali (come ai Di Cosimo nel quartiere Madonnella di Bari, al clan Cipriano ed a gruppi di Bitonto, Trani, Barletta, Bisceglie e Molfetta)».
Tra le date da evidenziare, secondo la Direzione Investigativa Antimafia, c'è soprattutto quella del 5 febbraio 2018, quando è stata eseguita la confisca dei beni a carico degli eredi di un soggetto appartenente alla famiglia criminale denominata "La Cerasa", coinvolto nell'operazione "Reset".
Una relazione, quella dell'Antimafia, che fotografa lo scenario criminale nel capoluogo e nella provincia. Nella città di Molfetta, ad esempio, dove «l'operazione "Doppio Gioco" - si legge a pagina 203 - ha dimostrato come il clan Mercante di Bari alimentasse (negli anni 2013-14) una fiorente attività di spaccio in Molfetta, rifornendo un grosso spacciatore che operava su quella piazza».
«L'operazione "Angel" - si legge a pagina 189 -, ha scoperto, invece, l'affiliazione di un gruppo criminale attivo per lo spaccio della droga nei comuni baresi di Ruvo, Molfetta e Palo del Colle e nella Bat, a Trani e Bisceglie, al clan Misceo di Bari, il quale garantiva l'approvvigionamento dello stupefacente, ma effettuava anche un controllo economico sulla gestione dell'attività ed, in particolare, sui compensi per i pusher».
Ma Molfetta è stata anche la città dove «l'espansione del clan Caprati, finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio, la persona, nonché concernenti il traffico di sostanze stupefacenti, già operante nel Borgo Antico del capoluogo e nelle aree limitrofe, che aveva acquisito il controllo della piazza di spaccio su Bari Vecchia, precedentemente in capo agli Strisciuglio, è stata stroncata - si legge a pagina 196 - dagli esiti delle operazioni "Porto" e "Pandora"».
«Le indagini hanno fatto luce sull'escalation criminale del sodalizio, riorganizzato da due fratelli (nipoti del capoclan detenuto) in un'articolata struttura criminale, con collegamenti a Bitonto, Valenzano, Triggiano, Terlizzi, Ruvo di Puglia, Corato e Molfetta. Il gruppo si era rafforzato anche grazie al transito nelle proprie fila di sodali già appartenenti ad altre compagini criminali, dando segnali di radicamento sul territorio sempre maggiore e anche nel settore pubblico».
In particolare, l'inchiesta "Porto" ha dimostrato come «il sodalizio esercitasse una fortissima influenza all'interno del porto di Bari e di alcuni uffici del Comune, fosse dedito ad attività estorsive ed avesse imposto a commercianti delle Feste Patronali ed, in genere, a quelli del quartiere Carrassi di Bari, l'acquisto di merci, come buste in plastica, vassoi in alluminio, ghiaccio, detersivi, alimentari e prodotti caseari».
«Lo spaccio degli stupefacenti, eroina, cocaina e hashish - è spiegato a pagina 194 - era distribuita su squadre dotate di autonomia gestionale, ma con evidenti interconnessioni tra loro, tutte comunque assoggettate al boss cui dovevano una parte del ricavato (cd. "pensiero")». Il provvedimento, infatti, ha evidenziato gli interessi condivisi con vari "gruppi satellite", i quali, pur operando in autonomia, restavano subordinati alle rigide regole dell'organizzazione di riferimento.
«La droga, approvvigionata attraverso vari canali (per la cocaina da Castel Volturno, per l'hashish e la marijuana da Olanda e Albania) mediante corrieri del luogo e tramite un pregiudicato di Carovigno - è scritto ancora a pagina 194 - veniva distribuita anche ad altre compagini criminali (come ai Di Cosimo nel quartiere Madonnella di Bari, al clan Cipriano ed a gruppi di Bitonto, Trani, Barletta, Bisceglie e Molfetta)».
Tra le date da evidenziare, secondo la Direzione Investigativa Antimafia, c'è soprattutto quella del 5 febbraio 2018, quando è stata eseguita la confisca dei beni a carico degli eredi di un soggetto appartenente alla famiglia criminale denominata "La Cerasa", coinvolto nell'operazione "Reset".