Politica
DL Mezzogiorno: la dichiarazione di voto del Senatore Antonio Azzollini
«Incentivare i settori nei quali il Mezzogiorno ha le migliori potenzialità di sviluppo»
Molfetta - mercoledì 26 luglio 2017
20.44
Signor Presidente, il nostro voto contrario su questo provvedimento non è dovuto soltanto ad alcune delle misure che ivi sono contenute. A noi pare che ciò che manca al provvedimento al nostro esame sia l'analisi dell'attuale situazione economica e produttiva del Mezzogiorno e quindi un coerente quadro di misure che servano ad incentivare i settori nei quali il Mezzogiorno ha le migliori potenzialità di sviluppo.
È del tutto evidente che se non si considera che oggi l'agricoltura del Mezzogiorno è un imponente settore produttivo che ogni giorno occupa decine di migliaia di lavoratori, peraltro molti immigrati con tutto ciò che ne consegue, e non ci si pone il problema di uno sviluppo di quella grande agricoltura con un vero e proprio raccordo con la grande distribuzione, con i grandi mercati e quindi con un miglioramento strategico di quel comparto, non si fanno i conti con la situazione economico-produttiva del Mezzogiorno. Se, cioè, a quelle enormi produzioni agricole non si propone una qualche idea seria per metterle in contatto con i grandi mercati di sbocco mondiali, ebbene, non si ha un'idea di che cosa si può fare per il Mezzogiorno. Vale lo stesso per la pesca. Sono davvero enormi concentrazioni anche di occupazione. Talvolta sento parlare di problemi che poi, per l'impatto che hanno sul Mezzogiorno soprattutto in termini occupazionali, non costituiscono fattori davvero trainanti per quelle terre.
Tenga conto che oggi quando parliamo di agricoltura - dico una cosa che naturalmente non sfugge a nessuno - si parla di interessanti processi tecnologici che certamente interessano anche gran parte di quei giovani che invece continuano ad emigrare. Questa è un'altra delle piaghe vere del Mezzogiorno e non c'è niente in questo provvedimento che almeno si ponga il problema e cerchi di trovare una soluzione. Non c'è traccia di questo che secondo me è il vero flagello attuale del Mezzogiorno d'Italia: l'enorme migrazione di giovani cervelli che produce un disastro evidente. Li formiamo e poi vanno all'estero a dare quanto di meglio le loro giovani e grandi energie riescono a dare. Non c'è niente nel provvedimento che si ponga in maniera strutturale questi grandi problemi.
È evidente che c'è una connessione tra di loro, perché se si vuole sviluppare in modo serio l'agricoltura e la pesca, si ha bisogno di strutture di formazione adeguate; se si vuole trasformare questi settori in un comparto economico florido si ha bisogno di una politica che apra ai mercati e si ponga il problema di come e dove collocare, in termini economicamente profittevoli, i nostri prodotti.
La Cina apre in continuazione delle vie e tutte sfociano esattamente nel Mezzogiorno d'Italia. La storia dei porti, quelli che chiamano le nuove vie della seta, arriva al Pireo. Chi sa che il porto del Pireo ha contatti continui e immediati con l'intero Adriatico, sa che lì si pone una questione strategica che a mio avviso deve essere sfruttata dall'Italia proprio per le nuove e grandi opportunità che offre lo sviluppo di queste nuove terre del mondo.
Invece che cosa troviamo all'interno di questo provvedimento? Troviamo la misura «Resto al Sud» che consta nell'elargizione di un finanziamento di 40.000 euro per l'avvio di nuove imprese nel Mezzogiorno. Di questi 40.000 euro il 35 per cento, cioè 13.500 euro, sono a fondo perduto, mentre i restanti 26.500 euro sono un prestito da restituire e per il quale ci sono delle garanzie. Ma mi chiedo: che cosa fa un giovane con 40.000 euro? Signori, non nutriamo l'illusione di avere davanti a noi la genialità di chi fa andare avanti il mondo, come è avvenuto, per fare un esempio ben noto, nel caso di molte iniziative imprenditoriali maturate nella Silicon Valley, in California. Per quelle iniziative non c'è bisogno nemmeno di una lira, perché sono il frutto di energie intellettuali, ma quando quelle energie intellettuali diventano processo produttivo e impresa in senso stretto, certamente 40.000 euro di capitale non possono fungere da incentivazione.
Trasferendo questo ragionamento in qualsiasi altro settore, come in agricoltura, nella pesca o in un'azienda meccanica, che cosa si può fare con 40.000 euro? Credo che queste misure non siano destinate a successo. Se ci fosse stata un'analisi sottostante probabilmente i finanziamenti sarebbero stati inferiori nel numero e maggiori nella misura, oppure differenziati a seconda del comparto produttivo di destinazione. Così il disegno mi pare assolutamente disorganico. Lo stesso vale per le incentivazioni in materia di agricoltura che soffrono esattamente dello stesso problema.
La stessa questione delle zone economiche speciali è una novità introdotta dal Governo e sulla quale sono storicamente d'accordo. È bene averla introdotta, ma anche qui le dimensioni non sono tali da consentire a tali zone di diventare veri e propri poli di attrazione di investimenti.
Questa è la riflessione che vi sottopongo e che oggi non ci consente di dare una valutazione positiva nemmeno a questa misura, che pure condividiamo nella sua ispirazione. O questo diventa un modello di sviluppo e quindi si impegnano le migliori forze economiche della nazione - e allora ciò ha un senso - altrimenti abbiamo delle situazioni nelle quali non riusciamo a competere con lo sviluppo che altre zone economiche speciali hanno in questo momento, anche in territori molto vicini all'Italia. Signor Ministro, l'entità delle misure non ci pare tale da essere sufficiente per la costruzione di veri e propri piccoli hub di ingresso e di esportazione delle merci, con le relative conseguenze lavorative, che potrebbero costituire un volano di sviluppo per il Mezzogiorno d'Italia, proprio per la sua ubicazione geografica e geopolitica.
Per il resto ci sono le solite misure. Per l'ILVA è un bene che ci sia stato l'incameramento di un miliardo e 200 milioni, da parte dello Stato, che viene destinato alla bonifica ambientale: in Commissione se ne è discusso e il Ministro è stato puntuale a questo proposito. Mi chiedo però quale progetto ci sia dietro, per quella che era l'industria siderurgica. Come è noto, le questioni sono ancora tutte in piedi e niente si dice in questo decreto-legge che non sia sull'utilizzo di risorse per la bonifica ambientale. Ciò è giusto e va bene, ma in un decreto-legge sul Mezzogiorno occorre dire cosa il Governo impegna per il futuro di quello che era il più grande stabilimento produttivo siderurgico d'Europa. Nel decreto-legge in esame non c'è alcuna parola su coloro che hanno partecipato e vinto il bando e sulle questioni che sono tutte in piedi. Penso però che questa sarebbe dovuta essere la sede opportuna per affrontare questi temi.
Insomma, analizzando l'insieme del decreto-legge, a me pare che stia tutta qui la natura della nostra considerazione negativa e del nostro voto negativo, ovvero nell'idea che il Mezzogiorno d'Italia ricompare da qualche parte - e ho la sensazione che nel Governo ci fosse l'idea che dovesse ricomparire - e ciò è un bene, ma è un male il modo in cui è ricomparso, che ci pare profondamente insufficiente. O un provvedimento sul Mezzogiorno si nutre di un dibattito, che il Governo traduce poi in misure e fonti di finanziamento per quelle misure, in maniera cospicua, moderna, che prenda a base le vocazioni imprenditoriali vere del Mezzogiorno d'Italia, oppure continueremo ad arrancare.
Concludendo, è vero che l'Italia sta crescendo, ma i due problemi che ci caratterizzano continuano a sussistere per intero. L'Italia cresce meno degli altri Paesi e il Mezzogiorno d'Italia cresce meno dell'Italia. Ho visto molte analisi che prendono in considerazione un piccolo settore o qualcuno che è andato meglio, ma chi vive lì tutti i giorni sa che le cose stanno esattamente così e che i giovani cervelli che emigrano spopolano il Mezzogiorno d'Italia e lo spogliano del meglio che c'è e, d'altra parte, ciò che c'è non viene valorizzato per riattrarre nel mercato quelle energie e per consentire a quei servizi e a quei prodotti di esprimere il meglio di sé, nel nuovo contesto internazionale nel quale viviamo. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII. Congratulazioni).
È del tutto evidente che se non si considera che oggi l'agricoltura del Mezzogiorno è un imponente settore produttivo che ogni giorno occupa decine di migliaia di lavoratori, peraltro molti immigrati con tutto ciò che ne consegue, e non ci si pone il problema di uno sviluppo di quella grande agricoltura con un vero e proprio raccordo con la grande distribuzione, con i grandi mercati e quindi con un miglioramento strategico di quel comparto, non si fanno i conti con la situazione economico-produttiva del Mezzogiorno. Se, cioè, a quelle enormi produzioni agricole non si propone una qualche idea seria per metterle in contatto con i grandi mercati di sbocco mondiali, ebbene, non si ha un'idea di che cosa si può fare per il Mezzogiorno. Vale lo stesso per la pesca. Sono davvero enormi concentrazioni anche di occupazione. Talvolta sento parlare di problemi che poi, per l'impatto che hanno sul Mezzogiorno soprattutto in termini occupazionali, non costituiscono fattori davvero trainanti per quelle terre.
Tenga conto che oggi quando parliamo di agricoltura - dico una cosa che naturalmente non sfugge a nessuno - si parla di interessanti processi tecnologici che certamente interessano anche gran parte di quei giovani che invece continuano ad emigrare. Questa è un'altra delle piaghe vere del Mezzogiorno e non c'è niente in questo provvedimento che almeno si ponga il problema e cerchi di trovare una soluzione. Non c'è traccia di questo che secondo me è il vero flagello attuale del Mezzogiorno d'Italia: l'enorme migrazione di giovani cervelli che produce un disastro evidente. Li formiamo e poi vanno all'estero a dare quanto di meglio le loro giovani e grandi energie riescono a dare. Non c'è niente nel provvedimento che si ponga in maniera strutturale questi grandi problemi.
È evidente che c'è una connessione tra di loro, perché se si vuole sviluppare in modo serio l'agricoltura e la pesca, si ha bisogno di strutture di formazione adeguate; se si vuole trasformare questi settori in un comparto economico florido si ha bisogno di una politica che apra ai mercati e si ponga il problema di come e dove collocare, in termini economicamente profittevoli, i nostri prodotti.
La Cina apre in continuazione delle vie e tutte sfociano esattamente nel Mezzogiorno d'Italia. La storia dei porti, quelli che chiamano le nuove vie della seta, arriva al Pireo. Chi sa che il porto del Pireo ha contatti continui e immediati con l'intero Adriatico, sa che lì si pone una questione strategica che a mio avviso deve essere sfruttata dall'Italia proprio per le nuove e grandi opportunità che offre lo sviluppo di queste nuove terre del mondo.
Invece che cosa troviamo all'interno di questo provvedimento? Troviamo la misura «Resto al Sud» che consta nell'elargizione di un finanziamento di 40.000 euro per l'avvio di nuove imprese nel Mezzogiorno. Di questi 40.000 euro il 35 per cento, cioè 13.500 euro, sono a fondo perduto, mentre i restanti 26.500 euro sono un prestito da restituire e per il quale ci sono delle garanzie. Ma mi chiedo: che cosa fa un giovane con 40.000 euro? Signori, non nutriamo l'illusione di avere davanti a noi la genialità di chi fa andare avanti il mondo, come è avvenuto, per fare un esempio ben noto, nel caso di molte iniziative imprenditoriali maturate nella Silicon Valley, in California. Per quelle iniziative non c'è bisogno nemmeno di una lira, perché sono il frutto di energie intellettuali, ma quando quelle energie intellettuali diventano processo produttivo e impresa in senso stretto, certamente 40.000 euro di capitale non possono fungere da incentivazione.
Trasferendo questo ragionamento in qualsiasi altro settore, come in agricoltura, nella pesca o in un'azienda meccanica, che cosa si può fare con 40.000 euro? Credo che queste misure non siano destinate a successo. Se ci fosse stata un'analisi sottostante probabilmente i finanziamenti sarebbero stati inferiori nel numero e maggiori nella misura, oppure differenziati a seconda del comparto produttivo di destinazione. Così il disegno mi pare assolutamente disorganico. Lo stesso vale per le incentivazioni in materia di agricoltura che soffrono esattamente dello stesso problema.
La stessa questione delle zone economiche speciali è una novità introdotta dal Governo e sulla quale sono storicamente d'accordo. È bene averla introdotta, ma anche qui le dimensioni non sono tali da consentire a tali zone di diventare veri e propri poli di attrazione di investimenti.
Questa è la riflessione che vi sottopongo e che oggi non ci consente di dare una valutazione positiva nemmeno a questa misura, che pure condividiamo nella sua ispirazione. O questo diventa un modello di sviluppo e quindi si impegnano le migliori forze economiche della nazione - e allora ciò ha un senso - altrimenti abbiamo delle situazioni nelle quali non riusciamo a competere con lo sviluppo che altre zone economiche speciali hanno in questo momento, anche in territori molto vicini all'Italia. Signor Ministro, l'entità delle misure non ci pare tale da essere sufficiente per la costruzione di veri e propri piccoli hub di ingresso e di esportazione delle merci, con le relative conseguenze lavorative, che potrebbero costituire un volano di sviluppo per il Mezzogiorno d'Italia, proprio per la sua ubicazione geografica e geopolitica.
Per il resto ci sono le solite misure. Per l'ILVA è un bene che ci sia stato l'incameramento di un miliardo e 200 milioni, da parte dello Stato, che viene destinato alla bonifica ambientale: in Commissione se ne è discusso e il Ministro è stato puntuale a questo proposito. Mi chiedo però quale progetto ci sia dietro, per quella che era l'industria siderurgica. Come è noto, le questioni sono ancora tutte in piedi e niente si dice in questo decreto-legge che non sia sull'utilizzo di risorse per la bonifica ambientale. Ciò è giusto e va bene, ma in un decreto-legge sul Mezzogiorno occorre dire cosa il Governo impegna per il futuro di quello che era il più grande stabilimento produttivo siderurgico d'Europa. Nel decreto-legge in esame non c'è alcuna parola su coloro che hanno partecipato e vinto il bando e sulle questioni che sono tutte in piedi. Penso però che questa sarebbe dovuta essere la sede opportuna per affrontare questi temi.
Insomma, analizzando l'insieme del decreto-legge, a me pare che stia tutta qui la natura della nostra considerazione negativa e del nostro voto negativo, ovvero nell'idea che il Mezzogiorno d'Italia ricompare da qualche parte - e ho la sensazione che nel Governo ci fosse l'idea che dovesse ricomparire - e ciò è un bene, ma è un male il modo in cui è ricomparso, che ci pare profondamente insufficiente. O un provvedimento sul Mezzogiorno si nutre di un dibattito, che il Governo traduce poi in misure e fonti di finanziamento per quelle misure, in maniera cospicua, moderna, che prenda a base le vocazioni imprenditoriali vere del Mezzogiorno d'Italia, oppure continueremo ad arrancare.
Concludendo, è vero che l'Italia sta crescendo, ma i due problemi che ci caratterizzano continuano a sussistere per intero. L'Italia cresce meno degli altri Paesi e il Mezzogiorno d'Italia cresce meno dell'Italia. Ho visto molte analisi che prendono in considerazione un piccolo settore o qualcuno che è andato meglio, ma chi vive lì tutti i giorni sa che le cose stanno esattamente così e che i giovani cervelli che emigrano spopolano il Mezzogiorno d'Italia e lo spogliano del meglio che c'è e, d'altra parte, ciò che c'è non viene valorizzato per riattrarre nel mercato quelle energie e per consentire a quei servizi e a quei prodotti di esprimere il meglio di sé, nel nuovo contesto internazionale nel quale viviamo. (Applausi dal Gruppo FI-PdL XVII. Congratulazioni).