Territorio e Ambiente
Dalla Puglia alla Basilicata tutti in marcia contro il petrolio
Il 25 ottobre la manifestazione dei «No triv» tra Matera e Altamura
Molfetta - giovedì 3 luglio 2014
7.41
Al momento l'appuntamento certo per i «No triv», i comitati e le associazioni che si stanno opponendo ai progetti di prospezioni marine nel basso Adriatico per la ricerca di giacimenti di idrocarburi, è fissato per il 25 ottobre prossimo. Per quella data è prevista una marcia si snoderà lungo i circa 20 chilometri che uniscono Matera e Altamura.
Una scelta non casuale, che in realtà era stata programmata prima che fosse diffusa la notizia circa le richieste della «Global Petroleum» di sondare i fondali marini tra Molfetta e il brindisino, voluta dagli attivisti «No triv», per alzare quella sorta di velo d'omertà che avvolge le condizioni delle acque raccolte nella diga del Petrusillo, un invaso che fornisce acqua potabile, per il 60% del fabbisogno regionale. Acque, convogliate dalla Basilicata, che sono contaminate da idrocarburi e da sedimenti di alluminio, a causa delle trivellazioni che da anni stanno perforando i suoli della Val d'Agri.
«Sono le analisi sulla qualità delle acque potabili condotte dall'Università di Potenza a dirlo», hanno affermato gli attivisti dei comitati nel corso di un incontro che si è tenuto a Giovinazzo. Un appuntamento, dopo quello che si è tenuto a Molfetta meno di un mese fa, voluto per informare le popolazioni circa i rischi che le coste adriatiche e quindi tutta l'economia legata alle attività marinare, dal turismo alla pesca, correrebbero. Non solo informazione ma anche proposte per tentare di scongiurare le attività, per il momento solo di ricerca, che potrebbero compromettere l'equilibrio di un mare chiuso e poco profondo come è l'Adriatico.
«I sindaci delle città costiere – questa una delle proposte – potrebbero far valere quel principio di precauzione, secondo il quale qualsiasi attività ritenuta dannosa per l'ambiente e l'ecosistema, potrebbe essere fermata». Ma l'applicazione di quel principio si fermerebbe solo a 12 miglia dalla costa, quello è il limite territoriale che ricadrebbe nella giurisdizione dei Comuni. Mentre le trivellazioni sarebbero previste ben oltre.
Una seconda ipotesi, secondo i comitati «No triv», potrebbe essere quella di far ricorso ad una moratoria che impedirebbe l'utilizzo dell'«airgun», un bombardamento, cioè, del fondale marino con potenti getti di aria compressa, che farebbe riemergere quanto è depositato sul fondo. Una tecnologia, che dovrebbe essere utilizzata per le prime prospezioni, vietata in molti Paesi in tutto il mondo, ma che sarebbe consentita in Italia. Nel frattempo i comitati e le associazioni si preparano ad altre manifestazioni.
«Organizzeremo manifestazioni e marce anche lungo la costa – hanno affermato – tenendo presente che entro il 4 agosto tutte le comunità, i Comuni, le associazioni, possono scrivere al Ministero dell'ambiente, per dire no alla ricerca e alla eventuale estrazione di petrolio dal nostro mare».
Una scelta non casuale, che in realtà era stata programmata prima che fosse diffusa la notizia circa le richieste della «Global Petroleum» di sondare i fondali marini tra Molfetta e il brindisino, voluta dagli attivisti «No triv», per alzare quella sorta di velo d'omertà che avvolge le condizioni delle acque raccolte nella diga del Petrusillo, un invaso che fornisce acqua potabile, per il 60% del fabbisogno regionale. Acque, convogliate dalla Basilicata, che sono contaminate da idrocarburi e da sedimenti di alluminio, a causa delle trivellazioni che da anni stanno perforando i suoli della Val d'Agri.
«Sono le analisi sulla qualità delle acque potabili condotte dall'Università di Potenza a dirlo», hanno affermato gli attivisti dei comitati nel corso di un incontro che si è tenuto a Giovinazzo. Un appuntamento, dopo quello che si è tenuto a Molfetta meno di un mese fa, voluto per informare le popolazioni circa i rischi che le coste adriatiche e quindi tutta l'economia legata alle attività marinare, dal turismo alla pesca, correrebbero. Non solo informazione ma anche proposte per tentare di scongiurare le attività, per il momento solo di ricerca, che potrebbero compromettere l'equilibrio di un mare chiuso e poco profondo come è l'Adriatico.
«I sindaci delle città costiere – questa una delle proposte – potrebbero far valere quel principio di precauzione, secondo il quale qualsiasi attività ritenuta dannosa per l'ambiente e l'ecosistema, potrebbe essere fermata». Ma l'applicazione di quel principio si fermerebbe solo a 12 miglia dalla costa, quello è il limite territoriale che ricadrebbe nella giurisdizione dei Comuni. Mentre le trivellazioni sarebbero previste ben oltre.
Una seconda ipotesi, secondo i comitati «No triv», potrebbe essere quella di far ricorso ad una moratoria che impedirebbe l'utilizzo dell'«airgun», un bombardamento, cioè, del fondale marino con potenti getti di aria compressa, che farebbe riemergere quanto è depositato sul fondo. Una tecnologia, che dovrebbe essere utilizzata per le prime prospezioni, vietata in molti Paesi in tutto il mondo, ma che sarebbe consentita in Italia. Nel frattempo i comitati e le associazioni si preparano ad altre manifestazioni.
«Organizzeremo manifestazioni e marce anche lungo la costa – hanno affermato – tenendo presente che entro il 4 agosto tutte le comunità, i Comuni, le associazioni, possono scrivere al Ministero dell'ambiente, per dire no alla ricerca e alla eventuale estrazione di petrolio dal nostro mare».