Vannini con la mamma
Vannini con la mamma

Da Molfetta una petizione per chiedere giustizia per la morte di Marco Vannini

L’avv. Bepi Maralfa: «Sentenza di secondo grado aberrante»

Era il 18 maggio del 2015 quando Marco Vannini, giovane di 20 anni, moriva a Ladispoli, in provincia di Roma, a causa di un colpo di arma da fuoco partito, secondo la ricostruzione degli inquirenti, dalla pistola di Antonio Ciontoli, sottoufficiale della Marina Militare e padre della fidanzata di Marco. Era una sera come tante quella del 18 maggio di quasi quattro anni fa. Marco e Martina stavano insieme da tre anni e spesso trascorrevano le serate a casa delle rispettive famiglie.
Quella sera il giovane di 20 anni era nella villa dei suoi suoceri, quando venne raggiunto da un colpo di pistola sparato dal sottoufficiale della Marina mentre stava facendo la doccia. Inutile la corsa in ospedale (anche a causa di soccorsi richiesti con ritardo e in modo confuso e ambiguo), Marco morì di li a poco a Roma.

Ciontoli, pur sostenendo l'accidentalità dell'accaduto (pensava che la pistola fosse scarica) fu condannato in primo grado a 14 anni di reclusione per il reato di omicidio volontario, mentre la moglie Maria Pezzillo e i figli Martina e Federico furono condannati a 3 anni perché la Corte d'assise derubricò l'accusa a omicidio colposo.

La doccia fredda per la famiglia di Marco è arrivata soltanto qualche giorno fa, quando la sentenza di secondo grado emessa dalla Corte d'Appello di Roma ha ridotto da 14 a 5 gli anni di reclusione di Antonio Ciontoli, con pena invece confermata per gli altri presenti al momento del delitto. Giustizia è stata chiesta per la morte di Marco Vannini. Sono poco meno di 189mila le firme raccolte su Change.org per la petizione, indirizzata al Ministro della Giustizia Bonafede, in cui si chiede che il caso di Marco Vannini venga riesaminato e ai colpevoli data la giusta punizione.

Una petizione partita anche da Molfetta dall'avv. Bepi Maralfa, noto penalista, il quale non ha nascosto tutte le sue perplessità sul giudizio di secondo grado, ritenendo che la sentenza vada annullata dalla Cassazione perché contraria ai principi di diritto.
«Ho da sempre seguito la vicenda legata all'omicidio di Marco Vannini - ha commentato l'avv. Maralfa - e ho più volte letto commenti ed opinioni di taglio sempre diverso pubblicate su varie pagine di social network facenti riferimento alla vicenda della morte del ventenne. Ho pensato di indire questa petizione dando ad essa un taglio diverso, rivolgendola all'organo e all'ufficio deputato ad espedire ricorso per Cassazione, cioè l'ufficio del Pubblico Ministero presso la Corte d'Appello di Roma (sede del processo di appello di secondo grado), il quale può procedere nel ricorso contro una sentenza che ha riqualificato il fatto da omicidio volontario ad omicidio colposo. Sebbene – ha proseguito il legale molfettese – il ricorso per Cassazione può essere tranquillamente presentato in modo autonomo dalla famiglia Vannini attraverso i proprio legali, tuttavia mi sembra evidente che, se il ricorso venisse presentato dalla pubblica accusa risulterebbe molto più autorevole rispetto all'accusa privata. Questa petizione mira a sensibilizzare l'opinione pubblica affinchè si possa tenere viva l'attenzione della magistratura sulla vicenda, facendo sentire la propria vicinanza umana e giuridica alla famiglia Vannini e ai suoi legali, nella speranza che la Procura Generale chieda l'annullamento della sentenza del reato di omicidio colposo, in modo che il processo di appello possa essere nuovamente celebrato. Ritengo questa sentenza aberrante sotto il profilo tecnico perché sconvolge l'assetto della giurisprudenza precedente anche in casi analoghi».
  • Bepi Maralfa
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