Gaetano Grillo Molfetta
Gaetano Grillo Molfetta
Vita di città

Da Molfetta ad Arena Po: l’Alfabeto Grillico, metafora del nostro tempo

Verso l’installazione del 6 maggio. Gaetano Grillo: “il mio lavoro rappresenta l’identità mediterranea”

Ci sono legami che la distanza geografica non può spezzare, ma solo rafforzare. È il caso del rapporto che unisce la nostra Molfetta ad Arena Po, dove il 6 maggio, tra pochi giorni, sarà inaugurata l'installazione dell'"Alfabeto Grillico", opera del maestro molfettese Gaetano Grillo.

Di recente, Grillo ha parlato a "MolfettaViva" delle origini della sua opera monumentale e della scelta di una collocazione definitiva che ne valorizza le peculiarità.

Come nasce l'idea di creare l'Alfabeto Grillico?
«L'idea nacque circa 30 anni fa durante un viaggio in Egitto, durante il quale rimasi fulminato dalla ricchezza dei geroglifici, dalla straordinaria possibilità di comunicare un vero e proprio linguaggio attraverso simboli, immagini, segni, colori. Sin da ragazzo a Molfetta, nel centro storico, ho sempre visto sui muri del borgo antico la stratificazione culturale espressa in stili costruttivi, epigrafi, bassorilievi, materiali. La storia e le storie si sono sedimentate nel mio pensiero sino a coagularsi come una sorta di DNA. Tutto il mio lavoro è sempre stato impostato sull'identità mediterranea intesa proprio come coagulo di differenti culture, come incontro fra le diversità. Dai primi anni settanta in poi, piano piano, il tempo ha dato sempre più ragione alla mia iniziale intuizione perché il senso della civiltà mediterranea si è espresso come nucleo originario della rivoluzione che è avvenuta nei decenni successivi fino ai nostri giorni, la globalizzazione. Quest'ultima non è altro che l'estensione a livello planetario di quello che nei precedenti due millenni è avvenuto attraverso la navigazione del mar Mediterraneo. Nel nostro tempo la fusione delle varie civiltà e culture è avvenuta attraverso la navigazione non più del mare ma della rete, attraverso internet. Tutto ciò ha causato, nel bene e nel male, la contaminazione culturale e l'ibridazione dei modelli e delle identità. A quel punto mi sono sentito un po' profeta del mio tempo e ho deciso di codificare quella che era stata la mia tematica in un vero e proprio nuovo linguaggio con un proprio specifico alfabeto, l'Alfabeto Grillico, appunto».

Dunque, cosa rappresenta l'opera?
«L'alfabeto rappresenta quindi la metafora del nostro tempo, il significato profondo di ciò che è avvenuto nelle nostre vite in questi pochi anni, una rivoluzione epocale. Ho lavorato per anni, prima studiando le varie civiltà, poi scegliendo tutti i simboli, le icone, i loghi, dai più antichi sino a quelli più vicini a noi, giungendo a sceglierne ben 1.400. Poi in cinque anni di duro lavoro li ho modellati in argilla come fecero i sumeri con la scrittura cuneiforme, ovvero attraverso una lavorazione lenta e manuale in contrapposizione all'immaterialità delle immagini del nostro presente. Un'opera monumentale concepita come l'avrebbero concepita gli antichi egizi, un'opera quasi biblica, fisica, materica, destinata a durare nel tempo.Le tavolette sono state cotte lentamente nel forno per ceramica, nel mio studio di Milano, sino ad affastellarsi come in una sorta di biblioteca primordiale. Il bravissimo Cosmo Laera le fotografò una per una e così potetti pubblicare l'alfabeto attraverso un corposo volume che fu stampato nel 2017 dalla Casa Editrice L'Immagine di Molfetta. Successivamente l'opera cosiddetta "faraonica" per le sue dimensioni fu esposta per la prima volta al Parco Scultura "La Palomba" di Matera, proprio perché quella città è stata molto importante per la mia formazione culturale sin da giovanissimo. Matera è sempre stata per me la città della materia, della scultura, dei pieni e dei vuoti, la città dove l'istinto naturale dell'uomo ha scavato nella pancia della terra. Successivamente ho voluto portare questa mia opera importante anche nella mia città d'origine, Molfetta. L'ho esposta nel 2019 all'interno della grande mostra personale che feci nell'ex Mulino Caradonna. Non è facile trasportare decine e decine di casse, ognuna del peso di 70 kg. Da un posto all'altro senza provocare danni e vi dico anche che ogni volta per installare le 1.400 tavolette ci sono voluti vari giorni con il lavoro di varie persone».

Cosa significa, per lei, aver trovato per la sua opera una collocazione definitiva?
«Quest'anno ho realizzato un vecchio sogno, costruire un mio museo. Mi è capitata una circostanza favorevole per cui ho acquistato un'intera cascina agricola di circa 3.000 metri quadri nel borgo, dove ho spostato la mia residenza principale, tenendo Milano come residenza secondaria. Si tratta di Arena Po, un piccolo comune sul fiume Po, un luogo dal quale si diparte l'Oltrepò pavese. Un paesino che sto trasformando in un bellissimo Borgo d'Arte, dove ho anche fondato un Museo d'Arte Contemporanea che dirigo e che si chiama "MAAAPO", Museo Arte Ambiente Arena Po. Il mio Museo Grillo si inquadra dunque all'interno del più vasto Museo MAAAPO, un luogo che in pochi anni è divenuto capitale artistica della provincia di Pavia e che si sta velocemente affermando a livello nazionale. Quale luogo migliore se non il mio futuro museo per installare in maniera definitiva la mia opera più importante? Sotto casa mia scorre il grande fiume Po che attraversa la pianura padana e sfocia nel mar Adriatico il quale lambisce i muri della mia città d'origine, Molfetta. Così in qualche modo continuo a sentirmi legato a Molfetta attraverso questo lungo cordone ombelicale. Nella vita spesso si verificano delle coincidenze inimmaginabili che sembrano essere state programmate dal signor destino. Non avrei mai immaginato che avrei diviso le mie radici geografiche in questo modo benché le mie radici metaforiche, quelle più profonde, sono nel mar Mediterraneo».
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