Cronaca
«Butta le bombe». Le frasi degli indagati nel VIDEO di Capodanno
Le voci dalla piazza: «Abbiamo provato, ma non prendeva fuoco». Ed ancora: «Ora era buono a tirare un'altra bomba»
Molfetta - martedì 16 gennaio 2024
12.00
Le parole non lasciano dubbi. E su quelle frasi proferite dagli indagati gli inquirenti hanno fatto breccia nell'indagine che ha condotto in carcere il 21enne Daniele De Pinto, i 22enni Felice Allegretta e Massimiliano Squeo e il 26enne Antonio Gigante per i fatti di Capodanno. Ai domiciliari, invece, il 23enne Stefano Cormio.
Secondo il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante, che ha firmato l'ordinanza cautelare, «si può ritenere che non si sia trattato di un casuale e estemporaneo comportamento dettato» dai festeggiamenti per la fine dell'anno, «ma di un pianificato e articolato atto dinamitardo preordinato con una preliminare riunione tra gli accoliti che, con la predisposizione di mezzi e strumenti, si determinavano nell'inscenare una vera e propria scorribanda urbana».
Ciò, infatti, è emerso dai video nei quali si vede «la preliminare riunione dei giovani in una traversa limitrofa alla piazza (via Madonna degli Angeli), attorno all'auto con a bordo Gigante, che, dopo aver aperto il portabagagli, distribuiva ai presenti (due minori e Cormio) petardi, bombe carta e altri pericolosi pirotecnici: questo è il momento - secondo il giudice - in cui il gruppo di giovani si sta approvvigionando del materiale esplosivo che poi utilizzerà allo scoccare della mezzanotte». Ed è in questo preciso istante che i vari «indagati mettono a ferro e fuoco il centro di Molfetta»: piazza Vittorio Emanuele viene raggiunta dalla Fiat 500X, con a bordo Gigante. «Da questo momento in poi un'escalation di esplosioni incontrollate, petardi, ordigni artigianali, lanciati senza alcun ritegno e senza sicurezza per le persone. Esplosioni talmente incontrollate, da investire in parte anche gli stessi autori del gesto inconsulto». Sino all'episodio clou, quello della Renault Clio.
L'auto, di proprietà di una donna, madre di un figlio autistico, finisce nel mirino degli indagati, i quali, «aprono il veicolo, dopodiché inizia un lancio indiscriminato di petardi, all'interno, nei pressi e sotto il veicolo, con l'intento di vederlo esplodere («Butta le bombe nella macchina») o incendiare», fine desunto dagli audio dei filmati: all'arrivo dei Vigili del Fuoco, un avventore dice «Abbiamo provato, ma non prendeva fuoco», e un altro risponde: «Ora era buono a tirare un'altra bomba».
Le esplosioni provocate dai numerosi ordigni lanciati, «non di certo possono essere addebitate a grammature esigue di polvere pirica». Non contenti, infine, tutti, forse perché l'auto non è esplosa, «sempre sotto la direzione di Gigante decidono di capottare l'auto, continuando ancora a buttare altri artifizi al suo interno».
Secondo il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante, che ha firmato l'ordinanza cautelare, «si può ritenere che non si sia trattato di un casuale e estemporaneo comportamento dettato» dai festeggiamenti per la fine dell'anno, «ma di un pianificato e articolato atto dinamitardo preordinato con una preliminare riunione tra gli accoliti che, con la predisposizione di mezzi e strumenti, si determinavano nell'inscenare una vera e propria scorribanda urbana».
Ciò, infatti, è emerso dai video nei quali si vede «la preliminare riunione dei giovani in una traversa limitrofa alla piazza (via Madonna degli Angeli), attorno all'auto con a bordo Gigante, che, dopo aver aperto il portabagagli, distribuiva ai presenti (due minori e Cormio) petardi, bombe carta e altri pericolosi pirotecnici: questo è il momento - secondo il giudice - in cui il gruppo di giovani si sta approvvigionando del materiale esplosivo che poi utilizzerà allo scoccare della mezzanotte». Ed è in questo preciso istante che i vari «indagati mettono a ferro e fuoco il centro di Molfetta»: piazza Vittorio Emanuele viene raggiunta dalla Fiat 500X, con a bordo Gigante. «Da questo momento in poi un'escalation di esplosioni incontrollate, petardi, ordigni artigianali, lanciati senza alcun ritegno e senza sicurezza per le persone. Esplosioni talmente incontrollate, da investire in parte anche gli stessi autori del gesto inconsulto». Sino all'episodio clou, quello della Renault Clio.
L'auto, di proprietà di una donna, madre di un figlio autistico, finisce nel mirino degli indagati, i quali, «aprono il veicolo, dopodiché inizia un lancio indiscriminato di petardi, all'interno, nei pressi e sotto il veicolo, con l'intento di vederlo esplodere («Butta le bombe nella macchina») o incendiare», fine desunto dagli audio dei filmati: all'arrivo dei Vigili del Fuoco, un avventore dice «Abbiamo provato, ma non prendeva fuoco», e un altro risponde: «Ora era buono a tirare un'altra bomba».
Le esplosioni provocate dai numerosi ordigni lanciati, «non di certo possono essere addebitate a grammature esigue di polvere pirica». Non contenti, infine, tutti, forse perché l'auto non è esplosa, «sempre sotto la direzione di Gigante decidono di capottare l'auto, continuando ancora a buttare altri artifizi al suo interno».