Cronaca
Arsenale sequestrato, De Benedictis: «Mie solo alcune di quelle armi»
Il magistrato di Molfetta, interrogato a Lecce, ha negato qualsiasi rapporto con la criminalità organizzata
Molfetta - lunedì 17 maggio 2021
21.39
L'ex giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis ha confessato di essere il possessore solo di alcune delle armi, anche da guerra, sequestrate il 29 aprile scorso in una masseria ad Andria, nel nord barese.
Dinanzi alla gip di Lecce Giulia Proto l'ex giudice, che è detenuto in carcere per traffico di armi e anche per una precedente vicenda di tangenti, ha risposto alle domande ammettendo in parte i reati contestati. «Sono un collezionista con una passione malata per le armi» avrebbe detto, negando sia rapporti con la criminalità organizzata sia di avere le chiavi della masseria dove è stato trovato l'arsenale.
La masseria è di proprietà dell'imprenditore agricolo Antonio Tannoia (in carcere a Trani dal giorno del sequestro) e De Benedictis ha negato di avere la disponibilità della dependance dove era stata ricavata una botola per custodire l'arsenale. Nell'interrogatorio di garanzia nel carcere di Lecce, assistito dagli avvocati Saverio Ingraffia e Gianfranco Schirone, l'ex gip di Bari ha parlato per circa tre quarti d'ora, spiegando, elenco alla mano, quali delle armi rinvenute erano sue e quali no.
In particolare ha contestato che fossero di sua proprietà le armi con matricola abrasa, mentre ha ammesso che, pur consapevole della loro detenzione illegale, erano sue quelle storiche risalenti alle grandi guerre. Ha anche confermato che le armi erano custodite in quella botola da circa tre anni.
Stando a quanto si apprende da fonti dalla difesa, De Benedictis avrebbe anche spiegato che non andava nella masseria e non era a conoscenza del fatto che lì ci fossero altre armi. Avrebbe anche affermato di non avere rapporti con la criminalità, in quanto lui le armi - avrebbe spiegato alla gip che lo interrogava - le acquistava attraverso intermediari senza contatti diretti con i trafficanti.
All'ex magistrato, che era già in carcere dal 24 aprile per presunti episodi di corruzione in atti giudiziari in concorso con il penalista barese Giancarlo Chiariello relativi a scarcerazioni in cambio di soldi, l'ordinanza di custodia cautelare per le armi è stata notificata in cella il 13 maggio. Oltre a lui, è stato arrestato anche il caporal maggiore capo scelto dell'Esercito Italiano Antonio Serafino, che si trova nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.
Il militare di Ruvo di Puglia, invece, in carcere dal 13 maggio nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Lecce sull'arsenale, con armi anche da guerra, scoperto in una masseria di Andria, nel nord barese, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Il caporal maggiore dell'Esercito Italiano si è sottoposto all'interrogatorio di garanzia dinanzi alla gip di Lecce Giulia Proto, scegliendo di non rispondere alle domande, in videocollegamento dal carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove è detenuto da 4 giorni.
Secondo i magistrati salentini, Serafino sarebbe il procacciatore delle armi destinate all'ex gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis (che oggi invece nell'interrogatorio ha risposto, ammettendo in parte gli addebiti). Nell'indagine è coinvolto anche l'imprenditore agricolo di Andria Antonio Tannoia (quest'ultimo arrestato in flagranza il 29 aprile, giorno del sequestro).
Dinanzi alla gip di Lecce Giulia Proto l'ex giudice, che è detenuto in carcere per traffico di armi e anche per una precedente vicenda di tangenti, ha risposto alle domande ammettendo in parte i reati contestati. «Sono un collezionista con una passione malata per le armi» avrebbe detto, negando sia rapporti con la criminalità organizzata sia di avere le chiavi della masseria dove è stato trovato l'arsenale.
La masseria è di proprietà dell'imprenditore agricolo Antonio Tannoia (in carcere a Trani dal giorno del sequestro) e De Benedictis ha negato di avere la disponibilità della dependance dove era stata ricavata una botola per custodire l'arsenale. Nell'interrogatorio di garanzia nel carcere di Lecce, assistito dagli avvocati Saverio Ingraffia e Gianfranco Schirone, l'ex gip di Bari ha parlato per circa tre quarti d'ora, spiegando, elenco alla mano, quali delle armi rinvenute erano sue e quali no.
In particolare ha contestato che fossero di sua proprietà le armi con matricola abrasa, mentre ha ammesso che, pur consapevole della loro detenzione illegale, erano sue quelle storiche risalenti alle grandi guerre. Ha anche confermato che le armi erano custodite in quella botola da circa tre anni.
Stando a quanto si apprende da fonti dalla difesa, De Benedictis avrebbe anche spiegato che non andava nella masseria e non era a conoscenza del fatto che lì ci fossero altre armi. Avrebbe anche affermato di non avere rapporti con la criminalità, in quanto lui le armi - avrebbe spiegato alla gip che lo interrogava - le acquistava attraverso intermediari senza contatti diretti con i trafficanti.
All'ex magistrato, che era già in carcere dal 24 aprile per presunti episodi di corruzione in atti giudiziari in concorso con il penalista barese Giancarlo Chiariello relativi a scarcerazioni in cambio di soldi, l'ordinanza di custodia cautelare per le armi è stata notificata in cella il 13 maggio. Oltre a lui, è stato arrestato anche il caporal maggiore capo scelto dell'Esercito Italiano Antonio Serafino, che si trova nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere.
Il militare di Ruvo di Puglia, invece, in carcere dal 13 maggio nell'ambito dell'inchiesta della Dda di Lecce sull'arsenale, con armi anche da guerra, scoperto in una masseria di Andria, nel nord barese, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Il caporal maggiore dell'Esercito Italiano si è sottoposto all'interrogatorio di garanzia dinanzi alla gip di Lecce Giulia Proto, scegliendo di non rispondere alle domande, in videocollegamento dal carcere di Santa Maria Capua Vetere, dove è detenuto da 4 giorni.
Secondo i magistrati salentini, Serafino sarebbe il procacciatore delle armi destinate all'ex gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis (che oggi invece nell'interrogatorio ha risposto, ammettendo in parte gli addebiti). Nell'indagine è coinvolto anche l'imprenditore agricolo di Andria Antonio Tannoia (quest'ultimo arrestato in flagranza il 29 aprile, giorno del sequestro).