Cronaca
Arresti nell'Arma: al via il processo davanti al Gup
Tre imputati, fra cui Salerno, hanno optato per il rito abbreviato, Laforgia andrà a dibattimento. Si torna in aula il 14 luglio
Molfetta - mercoledì 19 maggio 2021
10.13
Vi sono tre richieste di rito abbreviato e una di ordinario nelle istanze che ieri sono state inoltrate al giudice dell'udienza preliminare di Bari, Antonella Cafagna - che le ha accolte -, dagli avvocati degli imputati dell'inchiesta sui due ex Carabinieri della Stazione di Giovinazzo, i quali avrebbero agevolato il clan Di Cosola.
Le tre richieste di rito abbreviato (questo procedimento prevede che l'imputato possa chiedere al giudice di rinunciare alla fase di dibattimento in cambio di uno sconto di pena, nda) sono state inoltrate dai legali difensori di Antonio Salerno (assente in aula, ai domiciliari), Angelo Dibello e Mario Malcangi, dopo il deposito delle indagini difensive espletate nell'interesse dello stesso imputato, e di Gerardo Giotti (presente in aula, ai domiciliari), difeso dall'avvocato Michele Laforgia.
Stessa strategia difensiva è stata condivisa da Mario Del Vecchio (collegato in videoconferenza dal carcere di Badu 'e Carros a Nuoro, dove è recluso), assistito dall'avvocato Massimo Roberto Chiusolo. Non ha scelto riti alternativi, optando per il rito ordinario, Domenico Laforgia (presente in aula, ai domiciliari), difeso dai legali Massimo Roberto Chiusolo e Tiziano Tedeschi: nel corso del dibattimento ci sarà la raccolta e la acquisizione delle prove nel rispetto del contraddittorio.
«Il nostro assistito - hanno dichiarato all'unisono i legali Chiusolo e Tedeschi - ha ritenuto di andare a processo in quanto intende dimostrare la inattendibilità del collaboratore e la sua totale estraneità alle contestazioni trasfuse nel capo d'imputazione». I quattro sono stati arrestati il 18 giugno 2020 in un'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia e accusati dei reati di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d'ufficio.
In particolare, proprio i due militari avrebbero rivelato informazioni relative a attività di polizia giudiziaria, raccontando i dettagli delle indagini, indicando i turni di servizio dei colleghi della Stazione e gli orari in cui sarebbero avvenuti i controlli nei confronti degli affiliati posti ai domiciliari. In tre distinte occasioni avrebbero inoltre consegnato documenti informatici e cartacei non divulgabili, contenenti le registrazioni e i verbali di dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia.
Nel corso della seduta è giunta una costituzione di parte civile da parte di soggetti che avrebbero subito una perquisizione frutto di calunniose accuse. L'udienza è stata rinviata al 14 luglio per la discussione del pubblico ministero titolare dell'inchiesta, Federico Perrone Capano, e al 21 settembre per le arringhe difensive.
Le tre richieste di rito abbreviato (questo procedimento prevede che l'imputato possa chiedere al giudice di rinunciare alla fase di dibattimento in cambio di uno sconto di pena, nda) sono state inoltrate dai legali difensori di Antonio Salerno (assente in aula, ai domiciliari), Angelo Dibello e Mario Malcangi, dopo il deposito delle indagini difensive espletate nell'interesse dello stesso imputato, e di Gerardo Giotti (presente in aula, ai domiciliari), difeso dall'avvocato Michele Laforgia.
Stessa strategia difensiva è stata condivisa da Mario Del Vecchio (collegato in videoconferenza dal carcere di Badu 'e Carros a Nuoro, dove è recluso), assistito dall'avvocato Massimo Roberto Chiusolo. Non ha scelto riti alternativi, optando per il rito ordinario, Domenico Laforgia (presente in aula, ai domiciliari), difeso dai legali Massimo Roberto Chiusolo e Tiziano Tedeschi: nel corso del dibattimento ci sarà la raccolta e la acquisizione delle prove nel rispetto del contraddittorio.
«Il nostro assistito - hanno dichiarato all'unisono i legali Chiusolo e Tedeschi - ha ritenuto di andare a processo in quanto intende dimostrare la inattendibilità del collaboratore e la sua totale estraneità alle contestazioni trasfuse nel capo d'imputazione». I quattro sono stati arrestati il 18 giugno 2020 in un'inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia e accusati dei reati di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d'ufficio.
In particolare, proprio i due militari avrebbero rivelato informazioni relative a attività di polizia giudiziaria, raccontando i dettagli delle indagini, indicando i turni di servizio dei colleghi della Stazione e gli orari in cui sarebbero avvenuti i controlli nei confronti degli affiliati posti ai domiciliari. In tre distinte occasioni avrebbero inoltre consegnato documenti informatici e cartacei non divulgabili, contenenti le registrazioni e i verbali di dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia.
Nel corso della seduta è giunta una costituzione di parte civile da parte di soggetti che avrebbero subito una perquisizione frutto di calunniose accuse. L'udienza è stata rinviata al 14 luglio per la discussione del pubblico ministero titolare dell'inchiesta, Federico Perrone Capano, e al 21 settembre per le arringhe difensive.