Atupertù
Un romanzo storico per raccontare la Molfetta di 500 anni fa
L'autrice Antonia Abbatista Finocchiaro ne parla con MolfettaViva
Molfetta - lunedì 6 giugno 2016
12.36
Lunedì 6 giugno 2016, alle ore 19, nell'auditorium dell'Archivio di Stato di Bari sarà presentato il romanzo storico di Antonia Abbattista Finocchiaro, "Quando e' tempo di Puglia" (Bergamo, Grafica&Arte, 2015), ambientato nel XVI secolo e tratto da documenti conservati nell'Archivio di Stato di Bari.
A seguire concerto del Coro della Cappella Musicale Corradiana di Molfetta diretto dal maestro Antonio Magarelli.
Cosa ti lega Molfetta? Ci torni spesso?
Sono partita da Molfetta - per lavorare lì dove il lavoro c'era - circa 35 anni orsono, e da allora ho sempre mantenuto vivi i rapporti con la mia famiglia, con gli amici, con le strade polverose della campagna molfettese piena di ulivi e di "pagghiari", con il profilo della città vecchia e con il mare, uguale e diverso da tutti gli altri mari che ho visto e vissuto. Non ho mai dimenticato il caldo avvolgente dei pomeriggi estivi, e il vento fresco della primavera, le mimose già fiorite a gennaio, il profumo delle olive spremute in autunno. Ne è dimostrazione migliore la frequentazione che le mie due figlie hanno con Molfetta, che amano e visitano e dove hanno degli amici autentici. Cosa mi lega a questa città? Non facile dirlo: forse un grumo inestricabile di sentimenti e di ricordi, un film di luoghi e di volti lontani nel tempo – purtroppo l'età non è più giovane – ma anche l'attualità concreta di una città che sembra non trovare oggi una sua identità, e sulle cui vicende sono sempre aggiornata. Ci torno, certo, ed è una felicità dolceamara, perché alcune persone che mi aspettavano non ci sono più.
Perché hai scritto questo libro e che cosa c'è di "molfettese" in questo romanzo?
In verità questo libro trova le sue motivazioni nel tema dell'identità, quella – peraltro comune a moltissime altre persone che vivono in luoghi diversi da quello di nascita – di chi deve intrecciare radici lontane e vicine, amici di cinquant'anni fa e amici di più recente ma non diverso spessore. Di chi deve collocare atmosfere e contesti di latitudini diverse, ma sempre intrise di affetto e di nostalgia. E quando mi sono ritrovata casualmente, nel corso di una ricerca storica, di fronte alla vicenda autentica di un uomo che cinquecento anni fa era partito da Bergamo (la città in cui io vivo) ed era venuto ad abitare proprio a Molfetta (la città in cui sono nata), dove si era fatto una famiglia ed una posizione economica, non ho proprio potuto fare a meno di approfondire questa storia. In fondo, quest'uomo ha fatto lo stesso percorso che io mi ero trovata a fare nella vita: a ritroso sulla carta geografica, ma probabilmente sullo stesso filone di sentimenti. A me piaceva, e piace ancora devo confessare, ascoltare i racconti degli anziani che ricordano le abitudini, che parlano il nostro dialetto, che citano persone dai nomignoli improbabili e dai soprannomi divertenti: questo ha fatto parte della mia fanciullezza e mi ricorda tempi felici della mia vita. Così mi sono resa conto che in fondo studiare i documenti che hanno centinaia di anni non è troppo diverso: gli uomini e le donne che vi compaiono sono i nostri anziani, i nostri nonni. Che cosa c'è di molfettese in questo romanzo? Ma, direi tutto! Ho cercato di ricostruire in maniera dettagliata e documentata la situazione del centro storico e dei suoi dintorni, ho recuperato i nomi delle persone che davvero in quegli anni vi vivevano, i mestieri che vi si svolgevano, e non per pedanteria: semplicemente perché in tanti anni di letture queste cose le sapevo già! Le ho solo messo a frutto in forma narrativa e non saggistica.
Dunque possiamo parlare di un omaggio a Molfetta?
Mettere a fuoco il proprio passato significa essere più consapevoli del proprio presente, e Molfetta ha avuto un passato importante, basta pescare in uno qualunque dei secoli che ci precedono per verificarlo. E io mi sento parte di ciascuna di queste pagine, come tutti i molfettesi dovrebbero fare, dunque un omaggio alla propria città ha un senso importante. Certo per arrivare a questo bisogna conoscerlo il passato, bisogna studiarlo e capirlo, cosa non facile in questi tempi di comodo presente permanente. Ascoltare il passato è come prestare orecchio ai nostri anziani: ci raccontano una storia in cui ci siamo anche noi, noi che abbiamo il compito di costruire il futuro.
Quando hai deciso di pubblicare il tuo romanzo?
Questa è una bella domanda: io non ho scritto con l'intento di pubblicare! Negli anni ho avuto una impegnativa e continuativa attività di giornalista e di saggista, e davvero l'ultima cosa che mi interessava era quella di aumentare l'elenco delle pubblicazioni. Ho scritto per il mio piacere, perché ero contenta di dedicare anche pochissimo tempo per volta a questo progetto, che infatti mi ha impegnato oltre sette anni: tanto nessuno ne sapeva niente e io scrivevo per me stessa. Quando poi l'ho fatto leggere ad altri mi è stato quasi necessario procedere alla pubblicazione perché mi dicevano che ne valeva la pena. Ma questo magari lo decideranno i lettori. Io intanto sono troppo contenta di ritrovare i miei antenati molfettesi, tra le carte di archivi e dentro libri un po' nascosti, e sto lavorando alla stesura di un secondo romanzo, in cui Molfetta più che mai sarà protagonista. Ritengo se lo meriti.
A seguire concerto del Coro della Cappella Musicale Corradiana di Molfetta diretto dal maestro Antonio Magarelli.
Cosa ti lega Molfetta? Ci torni spesso?
Sono partita da Molfetta - per lavorare lì dove il lavoro c'era - circa 35 anni orsono, e da allora ho sempre mantenuto vivi i rapporti con la mia famiglia, con gli amici, con le strade polverose della campagna molfettese piena di ulivi e di "pagghiari", con il profilo della città vecchia e con il mare, uguale e diverso da tutti gli altri mari che ho visto e vissuto. Non ho mai dimenticato il caldo avvolgente dei pomeriggi estivi, e il vento fresco della primavera, le mimose già fiorite a gennaio, il profumo delle olive spremute in autunno. Ne è dimostrazione migliore la frequentazione che le mie due figlie hanno con Molfetta, che amano e visitano e dove hanno degli amici autentici. Cosa mi lega a questa città? Non facile dirlo: forse un grumo inestricabile di sentimenti e di ricordi, un film di luoghi e di volti lontani nel tempo – purtroppo l'età non è più giovane – ma anche l'attualità concreta di una città che sembra non trovare oggi una sua identità, e sulle cui vicende sono sempre aggiornata. Ci torno, certo, ed è una felicità dolceamara, perché alcune persone che mi aspettavano non ci sono più.
Perché hai scritto questo libro e che cosa c'è di "molfettese" in questo romanzo?
In verità questo libro trova le sue motivazioni nel tema dell'identità, quella – peraltro comune a moltissime altre persone che vivono in luoghi diversi da quello di nascita – di chi deve intrecciare radici lontane e vicine, amici di cinquant'anni fa e amici di più recente ma non diverso spessore. Di chi deve collocare atmosfere e contesti di latitudini diverse, ma sempre intrise di affetto e di nostalgia. E quando mi sono ritrovata casualmente, nel corso di una ricerca storica, di fronte alla vicenda autentica di un uomo che cinquecento anni fa era partito da Bergamo (la città in cui io vivo) ed era venuto ad abitare proprio a Molfetta (la città in cui sono nata), dove si era fatto una famiglia ed una posizione economica, non ho proprio potuto fare a meno di approfondire questa storia. In fondo, quest'uomo ha fatto lo stesso percorso che io mi ero trovata a fare nella vita: a ritroso sulla carta geografica, ma probabilmente sullo stesso filone di sentimenti. A me piaceva, e piace ancora devo confessare, ascoltare i racconti degli anziani che ricordano le abitudini, che parlano il nostro dialetto, che citano persone dai nomignoli improbabili e dai soprannomi divertenti: questo ha fatto parte della mia fanciullezza e mi ricorda tempi felici della mia vita. Così mi sono resa conto che in fondo studiare i documenti che hanno centinaia di anni non è troppo diverso: gli uomini e le donne che vi compaiono sono i nostri anziani, i nostri nonni. Che cosa c'è di molfettese in questo romanzo? Ma, direi tutto! Ho cercato di ricostruire in maniera dettagliata e documentata la situazione del centro storico e dei suoi dintorni, ho recuperato i nomi delle persone che davvero in quegli anni vi vivevano, i mestieri che vi si svolgevano, e non per pedanteria: semplicemente perché in tanti anni di letture queste cose le sapevo già! Le ho solo messo a frutto in forma narrativa e non saggistica.
Dunque possiamo parlare di un omaggio a Molfetta?
Mettere a fuoco il proprio passato significa essere più consapevoli del proprio presente, e Molfetta ha avuto un passato importante, basta pescare in uno qualunque dei secoli che ci precedono per verificarlo. E io mi sento parte di ciascuna di queste pagine, come tutti i molfettesi dovrebbero fare, dunque un omaggio alla propria città ha un senso importante. Certo per arrivare a questo bisogna conoscerlo il passato, bisogna studiarlo e capirlo, cosa non facile in questi tempi di comodo presente permanente. Ascoltare il passato è come prestare orecchio ai nostri anziani: ci raccontano una storia in cui ci siamo anche noi, noi che abbiamo il compito di costruire il futuro.
Quando hai deciso di pubblicare il tuo romanzo?
Questa è una bella domanda: io non ho scritto con l'intento di pubblicare! Negli anni ho avuto una impegnativa e continuativa attività di giornalista e di saggista, e davvero l'ultima cosa che mi interessava era quella di aumentare l'elenco delle pubblicazioni. Ho scritto per il mio piacere, perché ero contenta di dedicare anche pochissimo tempo per volta a questo progetto, che infatti mi ha impegnato oltre sette anni: tanto nessuno ne sapeva niente e io scrivevo per me stessa. Quando poi l'ho fatto leggere ad altri mi è stato quasi necessario procedere alla pubblicazione perché mi dicevano che ne valeva la pena. Ma questo magari lo decideranno i lettori. Io intanto sono troppo contenta di ritrovare i miei antenati molfettesi, tra le carte di archivi e dentro libri un po' nascosti, e sto lavorando alla stesura di un secondo romanzo, in cui Molfetta più che mai sarà protagonista. Ritengo se lo meriti.