Cultura, Eventi e Spettacolo
Agosto e la tradizione della "salsa" che si rinnova ogni anno
Un rito che unisce le famiglie tra gesti semplici e cose buone
Molfetta - lunedì 28 agosto 2017
Il grande Pablo Neruda gli dedicò addirittura un'ode. I molfettesi, soprattutto ad agosto, gli dedicano giornate intere di fatica, sudore misto alla gioia della condivisione, allo spirito familiare più genuino.
Parliamo del pomodoro e di conseguenza di quell'usanza di "fare la salsa" che ancora sopravvive in alcuni nuclei familiari. Quelle famiglie che nelle moderne motivazioni salutiste, di filosofie biologiche e di chilometro zero trovano il pretesto per riunirsi e rinvigorire una vera e propria ritualità che come tutte le cose belle e semplici rischia di scomparire.
Luogo prediletto è "u luc", la campagna per intenderci, senza badare troppo al fatto che si tratti di una villetta, che ci sia un prefabbricato o solo un piazzale di cemento su cui allestire un gazebo di fortuna. In fondo tutto quello che serve viene portato al momento: i calderoni, la macchine che passano i pomodori, le bottiglie lavate e messe in fila come fragili soldati sull'attenti, le tinozze dove galleggiano rubicondi i pomodori. E poi l'esperienza delle nonne che tagliano i pomodori o quelle che l'infilano meticolosamente nelle bottiglie, l'artisticità di chi impreziosisce il rosso con un tocco di verde del basilico e l'immensa pazienza dell'addetto alla bollitura. Mentre i bambini assistono affascinati a questa trasformazione.
Certo la fatica è tanta, considerando che, visto il caldo dei pentoloni e il calore naturale del mese di agosto, le operazioni hanno inizio all'alba - come tradizione vorrebbe -, ma portarsi a casa il frutto di quel sudore e ad ogni bottiglia aperta nel corso dell'anno rivivere quei momenti conviviali ripaga tutti i sacrifici.
Una menzione speciale, va invece a gli affezionati "del sott'olio", a quelli che ogni anno imbandiscono balconi, terrazze e tetti di pomodori messi al sole ad essiccare: un prato rosso e gioioso che riesce a concentrare l'essenza dell'estate molfettese di una volta, quella in cui non c'era il bisogno dei grandi eventi ma che si animava semplicemente di cose buone.
Parliamo del pomodoro e di conseguenza di quell'usanza di "fare la salsa" che ancora sopravvive in alcuni nuclei familiari. Quelle famiglie che nelle moderne motivazioni salutiste, di filosofie biologiche e di chilometro zero trovano il pretesto per riunirsi e rinvigorire una vera e propria ritualità che come tutte le cose belle e semplici rischia di scomparire.
Luogo prediletto è "u luc", la campagna per intenderci, senza badare troppo al fatto che si tratti di una villetta, che ci sia un prefabbricato o solo un piazzale di cemento su cui allestire un gazebo di fortuna. In fondo tutto quello che serve viene portato al momento: i calderoni, la macchine che passano i pomodori, le bottiglie lavate e messe in fila come fragili soldati sull'attenti, le tinozze dove galleggiano rubicondi i pomodori. E poi l'esperienza delle nonne che tagliano i pomodori o quelle che l'infilano meticolosamente nelle bottiglie, l'artisticità di chi impreziosisce il rosso con un tocco di verde del basilico e l'immensa pazienza dell'addetto alla bollitura. Mentre i bambini assistono affascinati a questa trasformazione.
Certo la fatica è tanta, considerando che, visto il caldo dei pentoloni e il calore naturale del mese di agosto, le operazioni hanno inizio all'alba - come tradizione vorrebbe -, ma portarsi a casa il frutto di quel sudore e ad ogni bottiglia aperta nel corso dell'anno rivivere quei momenti conviviali ripaga tutti i sacrifici.
Una menzione speciale, va invece a gli affezionati "del sott'olio", a quelli che ogni anno imbandiscono balconi, terrazze e tetti di pomodori messi al sole ad essiccare: un prato rosso e gioioso che riesce a concentrare l'essenza dell'estate molfettese di una volta, quella in cui non c'era il bisogno dei grandi eventi ma che si animava semplicemente di cose buone.