WSB: Per Claudio Squeo tutto in una notte

Ecco il Sud che si riscatta a suon di pugni

sabato 18 aprile 2015 16.03
A cura di Andrea Teofrasto

Guanto d'Oro d'Italia e non solo, il pugile molfettese si allena per vincere anche in Venezuela contro Flores Millan, l'idolo di Caracas. Con la tenacia del campione che crede nella sua terra. Ecco il Sud che emigra, che va, e si riscatta a suon di pugni.

«Sono Claudio Squeo, da Molfetta, terra calda, ricca di tradizioni e di pugili. Ho due sogni: arrivare in Nazionale. E poi vincere». Sì, perché dopo tante medaglie e il trionfo al Guanto d'Oro lui non si è arreso. Non gli basta la convocazione in azzurro. Vuole continuare a vincere per sé e per la sua terra. E Claudio Squeo, che i tifosi e amici chiamano "il rosso" come il suo colore di capelli, continua ad allenarsi per quell'obiettivo. La sua è una storia ostinata, segnata dall'orgoglio di essere molfettese e dalla volontà di seminare speranza tra i giovani del Sud. La sua faccia fiera, il corpo taurino, le origini meridionali. Quasi un archetipo con pregi e difetti che sintetizzano benissimo, quasi in maniera letteraria, un territorio, una cultura, un'epoca.

«È dura, sono le 4 e mezza di mattina e sono già sveglio a pensare al match». Questa l'affermazione del "rosso" stamattina. Da un lato, un mondo che si sente fiero, orgoglioso quando combatti, quando vinci, perché lo rappresenti. Dall'altro, quello stesso mondo, o parte di esso, che è terrorizzato da queste vittorie, e spera che tu possa cadere, perché, cadendo, riequilibri il suo senso di colpa nel non avere avuto coraggio, nel non essere riuscito a emergere nonostante un territorio ostile, nel non avere avuto ambizione, nel non aver creduto nelle proprie possibilità, nell'aver taciuto quando invece era necessario, anzi vitale, raccontare.

Lo sport nobilita l'uomo. Il pugilato è lavoro, formazione, impegno. In questi territori il pugilato è ancora uno sport basato sulla disciplina, non è inquinato come il calcio. La dimensione mediatica non ha rovinato il talento di Squeo e non lo ha allontanato dal pugilato, la sua passione e il rigore con cui è cresciuto gli hanno consentito di non perdersi. Non si ferma mai, nulla lo fa cadere, nulla incrina il suo sguardo fiero e irridente. Non si è mai mostrato malinconico anche quando piangeva sul podio perché era arrivato vicinissimo all'oro perdendolo per fesserie degli arbitri o per fesserie sue. Anche lì ha trovato, dopo poco, la voglia di tornare a vincere. Claudio Squeo ha la generosità tipica dell'uomo delle terre del Sud. Sbaglia, e si rialza, insiste e non cade. Questa sua energia è un dono.

Claudio Squeo viene dal Sud nonostante la carenza di infrastrutture. Voglia di rivalsa? Tanta. Maggiore capacità di soffrire? Troppa. Molti campioni vengono dal Sud proprio perché mancano le infrastrutture. Potrà sembrare un paradosso, eppure vengono da lì perché possono toglierti tutto, possono toglierti il campetto di calcio, possono toglierti la piscina, ma il corpo no. E quindi basta uno spazio, un sacco, mani spaccate. Sempre pronto a fare sparring. Ora il pugilato a Molfetta vuol dire riscatto. Il problema del Sud è anche un vittimismo passivo, il famoso fatalismo. Si sta al bar tutto il giorno e ci si giustifica convincendosi che chiunque ce la faccia sia un raccomandato.

L'esperienza di Claudio Squeo è qualcosa di straordinariamente diverso ed è rivoluzionaria. Probabilmente questo è il suo pensiero: «Io inizio a fare, voi potete stare lì a commentare e ad attaccarmi, intanto però io ci sono».