Tra folklore e malinconia: quando il Carnevale a Molfetta era un evento
Il racconto di Davide Gagliardi, figlio di uno degli ultimi cartapestai in città
sabato 4 febbraio 2023
10.42
Il carnevale molfettese ha radici profonde nel tessuto sociale, economico e soprattutto culturale della città. Già agli inizi dell'Ottocento, infatti, i molfettesi festeggiavano il Carnevale seppur in modo differente rispetto ai giorni nostri. Solo a partire dal 1955 Molfetta ha iniziato a ridefinire la sua identità cittadina attorno al carnevale, alla sfilate dei carri allegorici, ai gruppi mascherati e ai complessi folkloristici. Per riportare alla memoria questi ricordi ormai lontani, abbiamo dialogato con Davide Gagliardi, figlio di Vincenzo, uno dei cartapestai impegnati in diversi anni nella creazione dei carri.
Come è partita questa avventura per tuo padre?
Negli Anni Ottanta mio padre iniziò ad avvicinarsi al mondo della cartapesta. Tutto nacque da un incontro fortuito. Un giorno, infatti, conobbe il maestro Spadavecchia, un grande artista, che passava ore ed ore all'interno di una bottega. Avvicinandosi a lui, mio padre iniziò ad apprezzare sempre più la cartapesta e a conoscere l'arte carnevalesca. Divenne a tutti gli effetti un suo apprendista. Nacque così questa sua profonda passione, poi, accresciuta dall'entusiasmo per la manifestazione così come celebrata nella città di Molfetta, ma anche e soprattutto di Viareggio, Putignano ed altri ancora. Iniziò, quindi, a partecipare alla realizzazione di alcuni carri allegorici; a partire dagli anni '90 divenne già un cartapestaio autonomo. Una passione che, tuttavia, ha subito una battuta d'arresto dopo il carnevale del 2004, di cui ho memoria: fu proprio il suo carro "Il Paese dei Balocchi" a vincere la gara. Dal 2005 al 2011 l'onda di colori che ha sempre caratterizzato l'evento del Carnevale è stata soppiantata da una scala di grigi, per diversi motivi che non hanno permesso a questo evento di continuare ad esplodere e a portare profitto alla città. Nel 2012 vi fu un ultimo tentativo di ridare nuova linfa al carnevale molfettese e mio padre assieme ai suoi amici cartapestai venne coinvolto. Al suo gruppo venne affidata la preparazione di tre carri: "La gondola mascherata", "Euro - Rivoluzione" ed "Il carnevale di Winnie". Quella del 2012 fu l'ultima edizione in cui vi fu una vera e propria sfilata di carri allegorici. Malgrado la morte del carnevale nella sua città natale, mio padre non ha mai smesso di crederci. Ha sempre sperato nel ripristino di questa tradizione ed ipotizzo che, ovunque sia, in questo periodo dell'anno starà pensando a carri da realizzare e starà spiando cartapestai da cui prendere ispirazione.
Hai dei ricordi particolari legati a questa sua attività svolta per la città?
Nella mente ho sicuramente delle immagini di mio padre nei panni di cartapestaio, ma non ho ricordi ben definiti. Sebbene molti dei ricordi che ho sono sfumati nel tempo, i rimanenti relativi alle diverse fasi che caratterizzano la preparazione dei carri sono ben marcati. Il bozzetto. Il cuore pulsante della realizzazione del carro è descritto all'interno di questa rappresentazione realizzata in scala. Mio padre, infatti, passava settimane a far guidare la sua mano dalle idee su fogli di qualunque tipo e dimensione. Nella fase della preparazione del progetto non smetteva di confrontarsi con la gente su tematiche di attualità. Al termine della fase creativa, dopo essersi confrontato con il suo gruppo, procedeva alla riproduzione in scala del carro che avrebbe dovuto sfilare durante i giorni di festa. Le armature in ferro. Il secondo step nella fabbricazione del carro è la lavorazione delle parti piatte, mentre per le figure è necessario costruire dei sostegni in ferro, ricoperti di una rete metallica. Ricordo che questa mansione era affidata ai fabbri che componevano la squadra. Ricordo la cura e la precisione di questa fase, poiché il carro doveva essere resistente e capace di sopportare il peso delle impalcature ed il trasporto di bambini o ballerini. Acqua, farina e giornali. Il terzo momento della realizzazione del carro, che più mi entusiasmava, era proprio questo: la preparazione della colla di farina. La si preparava all'interno di grandi pentoloni di metallo. Ho a mente ancora il suo odore. Preparata la colla, si procedeva ad incollare strati e strati di fogli di carta di giornale sui sostegni in ferro. La vernice. L'ultima fase era caratterizzata dalla componente condivisione. Tutti, infatti, anche noi bambini e ragazzi, avevamo la possibilità di lasciare un'impronta sul carro. Lo si dipingeva e poi gli artisti del gruppo provvedevano alla definizione dei dettagli. Una volta asciugata la vernice, il carro era pronto per sfilare sul Corso.
Cosa pensi dell'assenza di un vero e proprio Carnevale a Molfetta negli ultimi anni?
Credo che, anziché parlare di assenza, potremmo parlare di morte del Carnevale a Molfetta. Abbiamo, infatti, assistito alla morte certa di una tradizione, che negli anni ha conosciuto periodi di grande successo. É un peccato! Sarei, però, ipocrita, se dicessi di star sperando in un ripristino dell'evento. Ad ogni modo, lasciare andare un'usanza così come lasciar andare una persona non è affatto semplice. L'idea di doverlo fare lascia sempre l'amaro in bocca. Pertanto, reputo necessario agire nel ricordo di ciò che è stato, sempre se si ha voglia, per realizzare qualcosa che ancora non è; qualcosa che è nel mezzo tra la tradizione e l'innovazione. Solo in questo modo potremmo tentare di mantenere vivo il Carnevale.
Pensi sia possibile in futuro rivedere qualcuno con la sua stessa passione in quel ruolo?
Premetto che la passione e l'entusiasmo, che guidavano mio padre, colmavano i tanti sacrifici che ha compiuto negli anni per il Carnevale di Molfetta. Come si può ben immaginare, la vita degli artisti non è una passeggiata di salute, anzi, è piena di costi ed i costi sono sacrifici di risorse (psicologiche ed economiche soprattutto). Detto ciò, non credo sia possibile in futuro rivedere qualcuno con la stessa passione di mio papà, ma lo spero. Spero, innanzitutto, che ci sia qualcuno che possa proseguire nella lavorazione della cartapesta e che quel qualcuno sia anche disposto a sfidare ostacoli di varia natura, pur di trovare gratificazione nei giorni della sfilata del Carnevale. Una speranza, la mia, che può realizzarsi attraverso la condivisione delle tecniche e conoscenze dei maestri cartapestai negli ambienti della formazione, in associazioni culturali e nelle piazze della città. Spero, quindi, che ci sia qualcuno che possa creare un Carnevale 2.0
Come è partita questa avventura per tuo padre?
Negli Anni Ottanta mio padre iniziò ad avvicinarsi al mondo della cartapesta. Tutto nacque da un incontro fortuito. Un giorno, infatti, conobbe il maestro Spadavecchia, un grande artista, che passava ore ed ore all'interno di una bottega. Avvicinandosi a lui, mio padre iniziò ad apprezzare sempre più la cartapesta e a conoscere l'arte carnevalesca. Divenne a tutti gli effetti un suo apprendista. Nacque così questa sua profonda passione, poi, accresciuta dall'entusiasmo per la manifestazione così come celebrata nella città di Molfetta, ma anche e soprattutto di Viareggio, Putignano ed altri ancora. Iniziò, quindi, a partecipare alla realizzazione di alcuni carri allegorici; a partire dagli anni '90 divenne già un cartapestaio autonomo. Una passione che, tuttavia, ha subito una battuta d'arresto dopo il carnevale del 2004, di cui ho memoria: fu proprio il suo carro "Il Paese dei Balocchi" a vincere la gara. Dal 2005 al 2011 l'onda di colori che ha sempre caratterizzato l'evento del Carnevale è stata soppiantata da una scala di grigi, per diversi motivi che non hanno permesso a questo evento di continuare ad esplodere e a portare profitto alla città. Nel 2012 vi fu un ultimo tentativo di ridare nuova linfa al carnevale molfettese e mio padre assieme ai suoi amici cartapestai venne coinvolto. Al suo gruppo venne affidata la preparazione di tre carri: "La gondola mascherata", "Euro - Rivoluzione" ed "Il carnevale di Winnie". Quella del 2012 fu l'ultima edizione in cui vi fu una vera e propria sfilata di carri allegorici. Malgrado la morte del carnevale nella sua città natale, mio padre non ha mai smesso di crederci. Ha sempre sperato nel ripristino di questa tradizione ed ipotizzo che, ovunque sia, in questo periodo dell'anno starà pensando a carri da realizzare e starà spiando cartapestai da cui prendere ispirazione.
Hai dei ricordi particolari legati a questa sua attività svolta per la città?
Nella mente ho sicuramente delle immagini di mio padre nei panni di cartapestaio, ma non ho ricordi ben definiti. Sebbene molti dei ricordi che ho sono sfumati nel tempo, i rimanenti relativi alle diverse fasi che caratterizzano la preparazione dei carri sono ben marcati. Il bozzetto. Il cuore pulsante della realizzazione del carro è descritto all'interno di questa rappresentazione realizzata in scala. Mio padre, infatti, passava settimane a far guidare la sua mano dalle idee su fogli di qualunque tipo e dimensione. Nella fase della preparazione del progetto non smetteva di confrontarsi con la gente su tematiche di attualità. Al termine della fase creativa, dopo essersi confrontato con il suo gruppo, procedeva alla riproduzione in scala del carro che avrebbe dovuto sfilare durante i giorni di festa. Le armature in ferro. Il secondo step nella fabbricazione del carro è la lavorazione delle parti piatte, mentre per le figure è necessario costruire dei sostegni in ferro, ricoperti di una rete metallica. Ricordo che questa mansione era affidata ai fabbri che componevano la squadra. Ricordo la cura e la precisione di questa fase, poiché il carro doveva essere resistente e capace di sopportare il peso delle impalcature ed il trasporto di bambini o ballerini. Acqua, farina e giornali. Il terzo momento della realizzazione del carro, che più mi entusiasmava, era proprio questo: la preparazione della colla di farina. La si preparava all'interno di grandi pentoloni di metallo. Ho a mente ancora il suo odore. Preparata la colla, si procedeva ad incollare strati e strati di fogli di carta di giornale sui sostegni in ferro. La vernice. L'ultima fase era caratterizzata dalla componente condivisione. Tutti, infatti, anche noi bambini e ragazzi, avevamo la possibilità di lasciare un'impronta sul carro. Lo si dipingeva e poi gli artisti del gruppo provvedevano alla definizione dei dettagli. Una volta asciugata la vernice, il carro era pronto per sfilare sul Corso.
Cosa pensi dell'assenza di un vero e proprio Carnevale a Molfetta negli ultimi anni?
Credo che, anziché parlare di assenza, potremmo parlare di morte del Carnevale a Molfetta. Abbiamo, infatti, assistito alla morte certa di una tradizione, che negli anni ha conosciuto periodi di grande successo. É un peccato! Sarei, però, ipocrita, se dicessi di star sperando in un ripristino dell'evento. Ad ogni modo, lasciare andare un'usanza così come lasciar andare una persona non è affatto semplice. L'idea di doverlo fare lascia sempre l'amaro in bocca. Pertanto, reputo necessario agire nel ricordo di ciò che è stato, sempre se si ha voglia, per realizzare qualcosa che ancora non è; qualcosa che è nel mezzo tra la tradizione e l'innovazione. Solo in questo modo potremmo tentare di mantenere vivo il Carnevale.
Pensi sia possibile in futuro rivedere qualcuno con la sua stessa passione in quel ruolo?
Premetto che la passione e l'entusiasmo, che guidavano mio padre, colmavano i tanti sacrifici che ha compiuto negli anni per il Carnevale di Molfetta. Come si può ben immaginare, la vita degli artisti non è una passeggiata di salute, anzi, è piena di costi ed i costi sono sacrifici di risorse (psicologiche ed economiche soprattutto). Detto ciò, non credo sia possibile in futuro rivedere qualcuno con la stessa passione di mio papà, ma lo spero. Spero, innanzitutto, che ci sia qualcuno che possa proseguire nella lavorazione della cartapesta e che quel qualcuno sia anche disposto a sfidare ostacoli di varia natura, pur di trovare gratificazione nei giorni della sfilata del Carnevale. Una speranza, la mia, che può realizzarsi attraverso la condivisione delle tecniche e conoscenze dei maestri cartapestai negli ambienti della formazione, in associazioni culturali e nelle piazze della città. Spero, quindi, che ci sia qualcuno che possa creare un Carnevale 2.0