"Servire Domino in Laetitia" il motto che accompagnerà Mons. Cornacchia
Una croce e i simboli delle piaghe di Cristo nel suo stemma
venerdì 15 gennaio 2016
12.38
«Sono qui a dare il lieto annuncio della nomina del nuovo Vescovo e quindi credo che dobbiamo rendere grazie a Dio per il dono del Vescovo. Ora riprende il cammino. Andiamo avanti con serenità perché la Chiesa non si ferma. Il Vescovo è un dono, un dono ispirato da Dio e confermato dalla Santa Sede. Apriamoci a questa speranza».
Sono le parole con cui don Ignazio de Gioia, reggente della Diocesi, ha salutato la nomina del nuovo Vescovo Monsignor Mimmo Cornacchia. Il Capo della Diocesi ha adottato, secondo la tradizione araldica ecclesiastica, lo stemma che racchiude anche i simboli tratti da identità personali. Uno stemma a forma di scudo su cui campeggia una croce astile ad un braccio traverso, in oro, posta in palo. Un cappello prelatizio (galero), con cordoni a dodici fiocchi, pendenti, sei per ciascun lato il tutto di colore verde. Un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero. Nel nostro caso Monsignor Cornacchia si è scelto uno scudo di foggia gotica, classico e frequentemente usato nell'araldica ecclesiastica, e una croce in oro, con quattro piccoli lobi lanceolati all'inserzione dell'asta con il traverso per indicare i raggi e gemmata con cinque pietre rosse a simboleggiare le piaghe di Cristo.
Questi i significati secondo la descrizione araldica:
D'oro, calzato ritondato di rosso: nel 1° al pellicano con la sua pietà al naturale, sanguinoso di rosso; nel 2° alla stella (7) del campo, a destra, e alla fiamma dello stesso, a sinistra. Interpretazione Il rosso è il colore dell'amore, della carità e del sangue: un amore così forte da indurre il Padre ad inviare il Figlio, che versa il Suo sangue per l'umanità tutta. Questo concetto viene ripreso dal pellicano, che - in assenza di cibo nutre i suoi figli con il proprio sangue. Il Pie pelicane, simbolo cristologico usato dagli antichi e spesso richiamato nelle composizioni medievali, è citato da San Tommaso d'Aquino nel celebre inno Adoro Te devote: «Pie Pelicane, Iesu Domine, me immundum munda Tuo sanguine»
L'oro, metallo più nobile, simboleggia la prima virtù, la Fede: infatti, è grazie alla Fede che possiamo comprendere il messaggio d'amore estremo del pellicano, del Cristo. Inoltre, la scelta degli "smalti" rosso e oro esprime un segno di filiale devozione al santo padre Benedetto XVI, che ha chiamato Don Domenico a far parte del Collegio dei Successori degli Apostoli: tali smalti, infatti, caratterizzano anche lo stemma del Papa. La stella, classico simbolo mariano, simboleggia l'Assunta, a cui sono dedicate le Cattedrali di Altamura, diocesi di origine di Mons. Cornacchia, di Lucera-Troia. Alla materna protezione di Maria Assunta, il nuovo Vescovo affida il suo ministero. Lo Spirito Santo, infine, è rappresentato nella forma pentecostale della fiamma.
SERVIRE DOMINO IN LAETITIA Le parole scelte da Mons. Cornacchia per il suo motto episcopale sono tratte dal libro dei salmi (cf. Sal 100,2) ed esprimono la sintesi del programma pastorale su cui si articolerà il suo ministero episcopale: accompagnare quotidianamente il servizio al Signore con il sentimento della letizia e del gaudio, così come proposto da San Bernardo di Chiaravalle ai giovani che abbracciano la vita monastica: «Non onus est, sed honor, servire Domino in laetitia» (Epistola CDXII), «Non è un peso, ma un onore servire il Signore in letizia».
Sono le parole con cui don Ignazio de Gioia, reggente della Diocesi, ha salutato la nomina del nuovo Vescovo Monsignor Mimmo Cornacchia. Il Capo della Diocesi ha adottato, secondo la tradizione araldica ecclesiastica, lo stemma che racchiude anche i simboli tratti da identità personali. Uno stemma a forma di scudo su cui campeggia una croce astile ad un braccio traverso, in oro, posta in palo. Un cappello prelatizio (galero), con cordoni a dodici fiocchi, pendenti, sei per ciascun lato il tutto di colore verde. Un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero. Nel nostro caso Monsignor Cornacchia si è scelto uno scudo di foggia gotica, classico e frequentemente usato nell'araldica ecclesiastica, e una croce in oro, con quattro piccoli lobi lanceolati all'inserzione dell'asta con il traverso per indicare i raggi e gemmata con cinque pietre rosse a simboleggiare le piaghe di Cristo.
Questi i significati secondo la descrizione araldica:
D'oro, calzato ritondato di rosso: nel 1° al pellicano con la sua pietà al naturale, sanguinoso di rosso; nel 2° alla stella (7) del campo, a destra, e alla fiamma dello stesso, a sinistra. Interpretazione Il rosso è il colore dell'amore, della carità e del sangue: un amore così forte da indurre il Padre ad inviare il Figlio, che versa il Suo sangue per l'umanità tutta. Questo concetto viene ripreso dal pellicano, che - in assenza di cibo nutre i suoi figli con il proprio sangue. Il Pie pelicane, simbolo cristologico usato dagli antichi e spesso richiamato nelle composizioni medievali, è citato da San Tommaso d'Aquino nel celebre inno Adoro Te devote: «Pie Pelicane, Iesu Domine, me immundum munda Tuo sanguine»
L'oro, metallo più nobile, simboleggia la prima virtù, la Fede: infatti, è grazie alla Fede che possiamo comprendere il messaggio d'amore estremo del pellicano, del Cristo. Inoltre, la scelta degli "smalti" rosso e oro esprime un segno di filiale devozione al santo padre Benedetto XVI, che ha chiamato Don Domenico a far parte del Collegio dei Successori degli Apostoli: tali smalti, infatti, caratterizzano anche lo stemma del Papa. La stella, classico simbolo mariano, simboleggia l'Assunta, a cui sono dedicate le Cattedrali di Altamura, diocesi di origine di Mons. Cornacchia, di Lucera-Troia. Alla materna protezione di Maria Assunta, il nuovo Vescovo affida il suo ministero. Lo Spirito Santo, infine, è rappresentato nella forma pentecostale della fiamma.
SERVIRE DOMINO IN LAETITIA Le parole scelte da Mons. Cornacchia per il suo motto episcopale sono tratte dal libro dei salmi (cf. Sal 100,2) ed esprimono la sintesi del programma pastorale su cui si articolerà il suo ministero episcopale: accompagnare quotidianamente il servizio al Signore con il sentimento della letizia e del gaudio, così come proposto da San Bernardo di Chiaravalle ai giovani che abbracciano la vita monastica: «Non onus est, sed honor, servire Domino in laetitia» (Epistola CDXII), «Non è un peso, ma un onore servire il Signore in letizia».