Rifondazione Comunista ricorda le storie dei partigiani di Molfetta
Il partito: «Ricordiamo chi ha combattuto, a sacrificio della propria vita»
sabato 25 aprile 2020
13.55
Nel giorno della Festa della Liberazione, tra l'altro in occasione del settantacinquesimo anniversario, la sezione di Molfetta del Partito Rifondazione Comunista ricorda le storie dei partigiani, uomini e donne, originari della nostra città che combatterono, alcuni a costo della propria vita, per la libertà dell'Italia.
Di seguito il testo integrale.
«E' un 25 Aprile strano quello di quest'anno: per la prima volta dal 1945, non potremo scendere in piazza a festeggiare la Liberazione d'Italia dal fascismo e dal nazismo suo alleato.
75 primavere più tardi non tramonta, in qualsiasi modo lo si debba e possa fare, la necessità di ricordare le origini della Repubblica, da cui le istituzioni continuano prepotentemente a prendere le distanze, sino ad attaccarla e ad avvallare l'equiparazione tra i morti per difendere un sistema liberticida, razzista ed assassino e i morti per la riconquista della libertà, per l'uguaglianza tra tutte e tutti, per il progresso delle classi subalterne.
I morti non sono, e non saranno mai, tutti uguali.
I nostri morti e la nostra storia ce lo insegnano, anche a Molfetta.
La nostra città, come tutta l'Italia meridionale posizionata sotto la linea fortificata Gustav - che serrava l'Italia occupata dai nazifascisti dalla foce del Garigliano al confine tra Campania e Lazio e lungo la quale si sarebbe arrestato il fronte durante l'inverno del 1943 - ha avuto assai poco tempo per vedere nascere al proprio interno formazioni legate alla Resistenza.
Eppure non mancarono tentativi da parte di cittadini armati, che approntarono a difesa della città alcune trincee all'altezza della basilica della Madonna dei Martiri: ciò per poter fronteggiare eventuali ripiegamenti nazifascisti, impegnati nella risalita dell'Italia perché incalzati dall'esercito alleato. Il 14 settembre un plotone di bersaglieri motociclisti italiani respinse uno di questi ripiegamenti in atto tra Bisceglie e la Molfetta.
La nostra città subì inoltre, nel corso del conflitto, due bombardamenti, uno da parte degli alleati il 16 agosto 1943 ed uno da parte tedesca il 6 novembre dello stesso anno.
Non per questo l'occupazione, seppure ridotta nel tempo rispetto ad altre regioni, ha risparmiato alla Puglia sofferenze: l'Atlante delle stragi nazifasciste, registra ben 130 vittime in 29 atti di violenza posti in atto contro i civili dagli occupanti tra il 9 settembre e il 20 ottobre 1943.
Diversi molfettesi avrebbero successivamente scritto pagine importanti nella Resistenza al centro e al nord Italia: la Molfetta del primo novecento è stata in primis città di emigranti, e suoi figli e sue figlie si sono distinte nella Liberazione dell'Italia dal fascismo e dal suo alleato nazista.
Tra loro Cordelia Lasorsa e Amedeo Magrone furono impegnati rispettivamente nella lotta di liberazione in Abruzzo e nel Lazio, la prima partigiana del "Gruppo Ciavarella" di Bandiera rossa e il secondo nella banda Grani Tomiselli.
Legato alla strage delle Fosse Ardeatine - in cui persero la vita 335 persone fucilate dai nazifascisti come rappresaglia in risposta all'azione di via Rasella in cui i Gap romani fecero saltare in aria 33 soldati tedeschi - è il nome di Manfredi Azzarita, attivo nel coordinamento tra il servizio informazioni alleato e la Resistenza romana.
Risalendo l'Italia, fu il modenese il teatro della Resistenza in cui si distinsero Francesco Mastropasqua e Pasquale Pasculli (nome di battaglia "Papas"), il primo agli ordini del comando di piazza della città, il secondo nella brigata Sap "Aldo Casalgrandi".
In Liguria furono attivi Giuseppe Abbattista e Giuseppe Caputi (nome di battaglia "Pasquale"), il primo attivo nella 2° Brigata Julia dell'esercito italiano, il secondo nella V Brigata Nuvoloni delle Divisioni Garibaldi intitolate alla memoria di Felice Cascione, autore del canto partigiano "Fischia il vento". Giuseppe Caputi cadde in combattimento il 22 dicembre 1944 a Coldirodi, in provincia di Imperia.
Nel Piemonte sono attivi ben dieci i partigiani nativi di Molfetta: tra loro Paolo Capolecchio, attivo nella 21° Brigata "Giustizia e libertà", Leonardo Cassano, operativo nella Divisione patrioti Valtoce delle Fiamme verdi, Matteo Ciccolella (nome di battaglia "Murotu") nella Brigata Secondo Nebiolo della 43° Divisione partigiana autonoma "Sergio De Vitis", Luigi De Cesare, nella 15° Divisione Alessandria, Leonardo Minutillo, militante nel Raggruppamento divisioni Matteotti "Giorgio Davito".
Passando ai partigiani garibaldini, si segnalano Domenico Mezzina (nome di battaglia "Figaro") resistente delle 45° Brigata Garibaldi, Bernardino Panunzio della 4° Brigata Sap e Mauro Samarelli (nome di battaglia "Ettore") nella 153° Brigata Garibaldi.
Con loro, due partigiane, Adele Becchiuni (nome di battaglia "Tania") e Margherita Grimaldi (nome di battaglia "Rita"), militarono la prima nella nella I Divisione Ossola "Mario Flaim", la seconda nella 30° Brigata Sap di Chivasso.
Infine in Lombardia furono attivi Giovanni Pansini, già confinato a Ponza e Ventotene per cinque anni, nel III Raggruppamento delle Brigate Mazzini, e il figlio Tiberio (nome di battaglia "Rossi"), nella 52° Brigata Garibaldi"Luigi Clerici". Quest'ultimo divenne successivamente vicecommissario del raggruppamento Divisioni Garibaldi lombarde e cadde a Cassione di Sondrio il 9 aprile 1945.
Accanto a loro non va dimenticato il contributo offerto da altri partigiani locali ancora non biografati e dai molfettesi ex militari che hanno fatto la resistenza combattendo in Jugoslavia a fianco dell'Armata popolare guidata dal maresciallo Tito. Vanno ricordati infine i molfettesi presenti tra gli internati militari italiani, soldati dell'esercito italiano che non si sono arresi ai nazisti e non hanno voluto proseguire la guerra agli ordini di Hitler e Mussolini e sono stati da questi deportati nei campi di concentramento in Germania, in sprezzo alle convenzioni internazionali sui prigionieri di guerra.
Ricordiamo chi ha combattuto, a sacrificio della propria vita, su monti e colline, pianure e città per restituire dignità ad un paese incancrenito da vent'anni di fascismo e prima ancora da sessant'anni di governo totalmente alieno rispetto alla vita della stragrande maggioranza della popolazione, per scacciare via l'invasore tedesco e nazista, per il riscatto delle classi lavoratrici. Insomma per restituirci un paese libero e felice. Restiamo partigiani sempre».
Di seguito il testo integrale.
«E' un 25 Aprile strano quello di quest'anno: per la prima volta dal 1945, non potremo scendere in piazza a festeggiare la Liberazione d'Italia dal fascismo e dal nazismo suo alleato.
75 primavere più tardi non tramonta, in qualsiasi modo lo si debba e possa fare, la necessità di ricordare le origini della Repubblica, da cui le istituzioni continuano prepotentemente a prendere le distanze, sino ad attaccarla e ad avvallare l'equiparazione tra i morti per difendere un sistema liberticida, razzista ed assassino e i morti per la riconquista della libertà, per l'uguaglianza tra tutte e tutti, per il progresso delle classi subalterne.
I morti non sono, e non saranno mai, tutti uguali.
I nostri morti e la nostra storia ce lo insegnano, anche a Molfetta.
La nostra città, come tutta l'Italia meridionale posizionata sotto la linea fortificata Gustav - che serrava l'Italia occupata dai nazifascisti dalla foce del Garigliano al confine tra Campania e Lazio e lungo la quale si sarebbe arrestato il fronte durante l'inverno del 1943 - ha avuto assai poco tempo per vedere nascere al proprio interno formazioni legate alla Resistenza.
Eppure non mancarono tentativi da parte di cittadini armati, che approntarono a difesa della città alcune trincee all'altezza della basilica della Madonna dei Martiri: ciò per poter fronteggiare eventuali ripiegamenti nazifascisti, impegnati nella risalita dell'Italia perché incalzati dall'esercito alleato. Il 14 settembre un plotone di bersaglieri motociclisti italiani respinse uno di questi ripiegamenti in atto tra Bisceglie e la Molfetta.
La nostra città subì inoltre, nel corso del conflitto, due bombardamenti, uno da parte degli alleati il 16 agosto 1943 ed uno da parte tedesca il 6 novembre dello stesso anno.
Non per questo l'occupazione, seppure ridotta nel tempo rispetto ad altre regioni, ha risparmiato alla Puglia sofferenze: l'Atlante delle stragi nazifasciste, registra ben 130 vittime in 29 atti di violenza posti in atto contro i civili dagli occupanti tra il 9 settembre e il 20 ottobre 1943.
Diversi molfettesi avrebbero successivamente scritto pagine importanti nella Resistenza al centro e al nord Italia: la Molfetta del primo novecento è stata in primis città di emigranti, e suoi figli e sue figlie si sono distinte nella Liberazione dell'Italia dal fascismo e dal suo alleato nazista.
Tra loro Cordelia Lasorsa e Amedeo Magrone furono impegnati rispettivamente nella lotta di liberazione in Abruzzo e nel Lazio, la prima partigiana del "Gruppo Ciavarella" di Bandiera rossa e il secondo nella banda Grani Tomiselli.
Legato alla strage delle Fosse Ardeatine - in cui persero la vita 335 persone fucilate dai nazifascisti come rappresaglia in risposta all'azione di via Rasella in cui i Gap romani fecero saltare in aria 33 soldati tedeschi - è il nome di Manfredi Azzarita, attivo nel coordinamento tra il servizio informazioni alleato e la Resistenza romana.
Risalendo l'Italia, fu il modenese il teatro della Resistenza in cui si distinsero Francesco Mastropasqua e Pasquale Pasculli (nome di battaglia "Papas"), il primo agli ordini del comando di piazza della città, il secondo nella brigata Sap "Aldo Casalgrandi".
In Liguria furono attivi Giuseppe Abbattista e Giuseppe Caputi (nome di battaglia "Pasquale"), il primo attivo nella 2° Brigata Julia dell'esercito italiano, il secondo nella V Brigata Nuvoloni delle Divisioni Garibaldi intitolate alla memoria di Felice Cascione, autore del canto partigiano "Fischia il vento". Giuseppe Caputi cadde in combattimento il 22 dicembre 1944 a Coldirodi, in provincia di Imperia.
Nel Piemonte sono attivi ben dieci i partigiani nativi di Molfetta: tra loro Paolo Capolecchio, attivo nella 21° Brigata "Giustizia e libertà", Leonardo Cassano, operativo nella Divisione patrioti Valtoce delle Fiamme verdi, Matteo Ciccolella (nome di battaglia "Murotu") nella Brigata Secondo Nebiolo della 43° Divisione partigiana autonoma "Sergio De Vitis", Luigi De Cesare, nella 15° Divisione Alessandria, Leonardo Minutillo, militante nel Raggruppamento divisioni Matteotti "Giorgio Davito".
Passando ai partigiani garibaldini, si segnalano Domenico Mezzina (nome di battaglia "Figaro") resistente delle 45° Brigata Garibaldi, Bernardino Panunzio della 4° Brigata Sap e Mauro Samarelli (nome di battaglia "Ettore") nella 153° Brigata Garibaldi.
Con loro, due partigiane, Adele Becchiuni (nome di battaglia "Tania") e Margherita Grimaldi (nome di battaglia "Rita"), militarono la prima nella nella I Divisione Ossola "Mario Flaim", la seconda nella 30° Brigata Sap di Chivasso.
Infine in Lombardia furono attivi Giovanni Pansini, già confinato a Ponza e Ventotene per cinque anni, nel III Raggruppamento delle Brigate Mazzini, e il figlio Tiberio (nome di battaglia "Rossi"), nella 52° Brigata Garibaldi"Luigi Clerici". Quest'ultimo divenne successivamente vicecommissario del raggruppamento Divisioni Garibaldi lombarde e cadde a Cassione di Sondrio il 9 aprile 1945.
Accanto a loro non va dimenticato il contributo offerto da altri partigiani locali ancora non biografati e dai molfettesi ex militari che hanno fatto la resistenza combattendo in Jugoslavia a fianco dell'Armata popolare guidata dal maresciallo Tito. Vanno ricordati infine i molfettesi presenti tra gli internati militari italiani, soldati dell'esercito italiano che non si sono arresi ai nazisti e non hanno voluto proseguire la guerra agli ordini di Hitler e Mussolini e sono stati da questi deportati nei campi di concentramento in Germania, in sprezzo alle convenzioni internazionali sui prigionieri di guerra.
Ricordiamo chi ha combattuto, a sacrificio della propria vita, su monti e colline, pianure e città per restituire dignità ad un paese incancrenito da vent'anni di fascismo e prima ancora da sessant'anni di governo totalmente alieno rispetto alla vita della stragrande maggioranza della popolazione, per scacciare via l'invasore tedesco e nazista, per il riscatto delle classi lavoratrici. Insomma per restituirci un paese libero e felice. Restiamo partigiani sempre».