Quando la cultura è anche sviluppo economico
Intervista a Sara Allegretta candidata alle prossime amministrative con la coalizione guidata da Tommaso Minervini
mercoledì 17 maggio 2017
12.26
Perché Sara Allegretta si candida?
Perché la "mia" città ha smesso di essere Molfetta da troppo tempo.
Una città che da anni ha smesso di pensare e che si lascia travolgere dagli eventi: l'inqualificabile amministrazione uscente così come le precedenti dall'impronta totalitaria e dal passo infinitamente autarchico. Due tempi abbracciati dagli stessi estremismi, tanto fallaci quanto distruttivi. Riavvolgendo la linea del tempo, occorre tornare agli anni novanta, con primo cittadino Gianni Carnicella, per ritrovare una vera forma di partecipazione attiva alla vita e ad un progetto autentico di sentirsi comunità.
Ecco, sono questi gli elementi che mi hanno spinto, direi sospinto, a partecipare direttamente a questa competizione elettorale. E sottolineerei: nulla di assegnato, tutto da conquistare. Sul campo!
Da dove possiamo ripartire?
Penso che dovremmo ripartire da questo: ricominciare a sentire il senso di appartenenza e di comunità, ritrovare la gioia e la forza di condividere.
Penso che la cultura in questo possa svolgere un grande ruolo, la cultura unisce, aggrega, crea incontro, genera sano confronto, crea armonia, opinione, curiosità. Questo a livello personale ed emotivo; a livello produttivo migliora l'economia, i consumi, gli investimenti. È un autentico moltiplicatore di benessere.
Cito un caso concreto. Lo scorso anno, con una semplice Masterclass, per cui sono arrivati in città per due settimane 20 cantanti russi, si è innescato, intorno a questo evento, un meccanismo virtuoso che ha interessato diverse strutture cittadine: il Seminario, palestre, fisioterapisti, insegnanti di lingue, musicisti, nonché bar, ristoranti, supermercati, negozi, sale da concerto.
Si è alimentata così una piccola economia, con il suo indotto. Pensiamo a quello che potrebbe accadere se riuscissimo a realizzare 365 giorni all'anno tutta una serie di prestigiose attività culturali.
Il vero problema è che in questi ultimi anni la produzione artistica della nostra città si è divisa tra grandi eventi e tanti piccoli e forse inutili performance, lasciando fuori tutta quella terra di mezzo, cioè tutti quei numerosi "punti di forza", quali le migliori associazioni (parlo di danza, musica, sport, teatro, etc.) e anche le molte eccellenze, in diversi settori, di cui questa città dovrebbe andare fiera.
Ebbene tutti questi operatori di cultura, in particolare professionisti ed eccellenze, sono stati "dimenticati" o incompresi: una massa critica che alimenterebbe cultura e genererebbe quell'economia immateriale capace di produrre ricchezza.
Bene: questa è la sfida cui ci troviamo di fronte.
E mutuo dalla tecnica giornalistica, che è sintesi, l'elaborazione di un concetto trasformato in titolo: "Se non si capiscono le differenze, non si possono percepire le eccellenze".
Cosa vorresti nel futuro di questa città?
Penso che Molfetta abbia il diritto di tornare ad essere una città capace di integrare nel sistema economico cittadino le proprie eccellenze. Ed io ci sono, andando oltre il muro del disinteresse e del semplice quanto inutile "pensateci voi".
Parto da un bagaglio ricco di una vita e di esperienze da raccontare, di lavoro e di idee, una vita costruita sullo studio e sulla perseveranza, che posso mettere al servizio della città in termini di idee e di progettualità. Molfetta, la nostra città, non può più accontentarsi della mediocrità sospinta ed allevata politicamente.
Diciamola, così — concludendo questo "botta e risposta" con lei — io vengo dal melodramma, ma questa è la realtà e questo è uno di quegli auspici in cui credere. È scattato l'entusiasmo del "mettersi in gioco", attraverso la partecipazione personale e diretta in questa campagna elettorale che tanto vorrei pervada l'elettorato, esortando tutti con il pensiero illuminante di Mahatma Gandhi "Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo".
Perché la "mia" città ha smesso di essere Molfetta da troppo tempo.
Una città che da anni ha smesso di pensare e che si lascia travolgere dagli eventi: l'inqualificabile amministrazione uscente così come le precedenti dall'impronta totalitaria e dal passo infinitamente autarchico. Due tempi abbracciati dagli stessi estremismi, tanto fallaci quanto distruttivi. Riavvolgendo la linea del tempo, occorre tornare agli anni novanta, con primo cittadino Gianni Carnicella, per ritrovare una vera forma di partecipazione attiva alla vita e ad un progetto autentico di sentirsi comunità.
Ecco, sono questi gli elementi che mi hanno spinto, direi sospinto, a partecipare direttamente a questa competizione elettorale. E sottolineerei: nulla di assegnato, tutto da conquistare. Sul campo!
Da dove possiamo ripartire?
Penso che dovremmo ripartire da questo: ricominciare a sentire il senso di appartenenza e di comunità, ritrovare la gioia e la forza di condividere.
Penso che la cultura in questo possa svolgere un grande ruolo, la cultura unisce, aggrega, crea incontro, genera sano confronto, crea armonia, opinione, curiosità. Questo a livello personale ed emotivo; a livello produttivo migliora l'economia, i consumi, gli investimenti. È un autentico moltiplicatore di benessere.
Cito un caso concreto. Lo scorso anno, con una semplice Masterclass, per cui sono arrivati in città per due settimane 20 cantanti russi, si è innescato, intorno a questo evento, un meccanismo virtuoso che ha interessato diverse strutture cittadine: il Seminario, palestre, fisioterapisti, insegnanti di lingue, musicisti, nonché bar, ristoranti, supermercati, negozi, sale da concerto.
Si è alimentata così una piccola economia, con il suo indotto. Pensiamo a quello che potrebbe accadere se riuscissimo a realizzare 365 giorni all'anno tutta una serie di prestigiose attività culturali.
Il vero problema è che in questi ultimi anni la produzione artistica della nostra città si è divisa tra grandi eventi e tanti piccoli e forse inutili performance, lasciando fuori tutta quella terra di mezzo, cioè tutti quei numerosi "punti di forza", quali le migliori associazioni (parlo di danza, musica, sport, teatro, etc.) e anche le molte eccellenze, in diversi settori, di cui questa città dovrebbe andare fiera.
Ebbene tutti questi operatori di cultura, in particolare professionisti ed eccellenze, sono stati "dimenticati" o incompresi: una massa critica che alimenterebbe cultura e genererebbe quell'economia immateriale capace di produrre ricchezza.
Bene: questa è la sfida cui ci troviamo di fronte.
E mutuo dalla tecnica giornalistica, che è sintesi, l'elaborazione di un concetto trasformato in titolo: "Se non si capiscono le differenze, non si possono percepire le eccellenze".
Cosa vorresti nel futuro di questa città?
Penso che Molfetta abbia il diritto di tornare ad essere una città capace di integrare nel sistema economico cittadino le proprie eccellenze. Ed io ci sono, andando oltre il muro del disinteresse e del semplice quanto inutile "pensateci voi".
Parto da un bagaglio ricco di una vita e di esperienze da raccontare, di lavoro e di idee, una vita costruita sullo studio e sulla perseveranza, che posso mettere al servizio della città in termini di idee e di progettualità. Molfetta, la nostra città, non può più accontentarsi della mediocrità sospinta ed allevata politicamente.
Diciamola, così — concludendo questo "botta e risposta" con lei — io vengo dal melodramma, ma questa è la realtà e questo è uno di quegli auspici in cui credere. È scattato l'entusiasmo del "mettersi in gioco", attraverso la partecipazione personale e diretta in questa campagna elettorale che tanto vorrei pervada l'elettorato, esortando tutti con il pensiero illuminante di Mahatma Gandhi "Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo".