Processo "Patrasso": nessuna condanna per Oronzo Maria Amato
Per l'imprenditore, legale rappresentante della Ingross Levante Spa, che gestisce il marchio Migro, la fine di una brutta vicenda giudiziaria
mercoledì 19 luglio 2017
17.16
Il Tribunale di Trani ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di Oronzo Maria Amato quale legale rappresentante della Ingross Levante s.p.a., con sede a Terlizzi, che gestisce il marchio Migro.
Amato, 59 anni, era uno dei 140 imputati (per lo più pugliesi e campani) del cosiddetto processo Patrasso. Nel 2005 le indagini dell'allora pubblico ministero tranese Giuseppe Maralfa, che coordinò l'attività investigativa del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari, ricostruirono i supposti meccanismi architettati per evadere l'Iva in ingenti operazioni commerciali.
I presunti illeciti si sarebbero celati dietro numerose operazioni commerciali della Migro Cash and Carry, catena leader nel settore della grande distribuzione, sia alimentare che no food, con centro direzionale a Molfetta e numerose piattaforme dislocate in tutt'Italia.
Oltre che per Amato la prescrizione è scattata per 113 imputati.
Il Tribunale ha, inoltre, dichiarato non doversi procedere per 5 imputati deceduti nel corso del processo e ne ha assolti 7 con l' equivalente della vecchia formula d'insufficienza di prove.
Quattordici i condannati con la sentenza di primo grado: Vincenzo Basso, a 3 anni di reclusione; Bruno Cristo, 1 anno ed 8 mesi; Antonio Guidotti, 2 anni e 6 mesi; Giuseppe Guidotti, 3 anni; Francesco Iovine, 2 anni e 6 mesi; Antonio Malinconico, 2 anni e 6 mesi; Emanuele Mangia, 3 anni; Domenico Mariani, 3 anni; Vito Mazzaglia, 3 anni; Giuliano Naglieri, 2 anni e 6 mesi; Francesco Potenza, 3 anni; Enrico Serafini, 2 anni e 6 mesi; Ciro Troise, 1 anno ed 8 mesi; Vito Valente, 3 anni.
Tra il 1999 ed il 2005 sulla carta si sarebbero venduti beni all'estero per decine di milioni di euro. In realtà si sarebbe trattato di operazioni fittizie, giacchè la merce sarebbe stata commercializzata in Campania ed in Salento e di qui ad una serie di esercizi commerciali grazie ad operazioni a nero.
Proprio l'illecito abbattimento dell'iva avrebbe consentito prezzi concorrenziali e favorito un vero e proprio settore parallelo che avrebbe falsato il mercato a danni di altri operatori commerciali.
Secondo quanto ricostruirono le indagini, il meccanismo sarebbe ruotato attorno ad imprese fantasma che avevano sede in nazioni della Comunità Europea, consentendo così la fatturazione di merce senza addebito d'iva: per norma, infatti, l'imposta va versata dall'acquirente nel paese di destinazione dei prodotti.
Le illecite operazioni avrebbero consentito un'evasione d'iva per circa 40 milioni di euro grazie all'emissione di fatture false per 193 milioni di euro.
Nel mirino della Procura tranese finirono oltre 100 imprese nazionali di autotrasporti (non era infatti la "Migro" a curare il trasferimento delle merci) di cui la metà sconosciute al fisco prima dell'operazione battezzata "Patrasso". Oltre che in Grecia, il fenomeno avrebbe visto società virtuali anche in Spagna, Francia, Austria, Inghilterra e Portogallo.
Il 5 luglio 2005 le indagini sfociarono in 48 arresti disposti dal gip Roberto Oliveri Del Castillo. La posizione di altri indagati fu trasmessa per competenza territoriale ad altre Procure.
Amato, 59 anni, era uno dei 140 imputati (per lo più pugliesi e campani) del cosiddetto processo Patrasso. Nel 2005 le indagini dell'allora pubblico ministero tranese Giuseppe Maralfa, che coordinò l'attività investigativa del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari, ricostruirono i supposti meccanismi architettati per evadere l'Iva in ingenti operazioni commerciali.
I presunti illeciti si sarebbero celati dietro numerose operazioni commerciali della Migro Cash and Carry, catena leader nel settore della grande distribuzione, sia alimentare che no food, con centro direzionale a Molfetta e numerose piattaforme dislocate in tutt'Italia.
Oltre che per Amato la prescrizione è scattata per 113 imputati.
Il Tribunale ha, inoltre, dichiarato non doversi procedere per 5 imputati deceduti nel corso del processo e ne ha assolti 7 con l' equivalente della vecchia formula d'insufficienza di prove.
Quattordici i condannati con la sentenza di primo grado: Vincenzo Basso, a 3 anni di reclusione; Bruno Cristo, 1 anno ed 8 mesi; Antonio Guidotti, 2 anni e 6 mesi; Giuseppe Guidotti, 3 anni; Francesco Iovine, 2 anni e 6 mesi; Antonio Malinconico, 2 anni e 6 mesi; Emanuele Mangia, 3 anni; Domenico Mariani, 3 anni; Vito Mazzaglia, 3 anni; Giuliano Naglieri, 2 anni e 6 mesi; Francesco Potenza, 3 anni; Enrico Serafini, 2 anni e 6 mesi; Ciro Troise, 1 anno ed 8 mesi; Vito Valente, 3 anni.
Tra il 1999 ed il 2005 sulla carta si sarebbero venduti beni all'estero per decine di milioni di euro. In realtà si sarebbe trattato di operazioni fittizie, giacchè la merce sarebbe stata commercializzata in Campania ed in Salento e di qui ad una serie di esercizi commerciali grazie ad operazioni a nero.
Proprio l'illecito abbattimento dell'iva avrebbe consentito prezzi concorrenziali e favorito un vero e proprio settore parallelo che avrebbe falsato il mercato a danni di altri operatori commerciali.
Secondo quanto ricostruirono le indagini, il meccanismo sarebbe ruotato attorno ad imprese fantasma che avevano sede in nazioni della Comunità Europea, consentendo così la fatturazione di merce senza addebito d'iva: per norma, infatti, l'imposta va versata dall'acquirente nel paese di destinazione dei prodotti.
Le illecite operazioni avrebbero consentito un'evasione d'iva per circa 40 milioni di euro grazie all'emissione di fatture false per 193 milioni di euro.
Nel mirino della Procura tranese finirono oltre 100 imprese nazionali di autotrasporti (non era infatti la "Migro" a curare il trasferimento delle merci) di cui la metà sconosciute al fisco prima dell'operazione battezzata "Patrasso". Oltre che in Grecia, il fenomeno avrebbe visto società virtuali anche in Spagna, Francia, Austria, Inghilterra e Portogallo.
Il 5 luglio 2005 le indagini sfociarono in 48 arresti disposti dal gip Roberto Oliveri Del Castillo. La posizione di altri indagati fu trasmessa per competenza territoriale ad altre Procure.