Petardo in via Quintino Sella, Mancini: «È un chiaro gesto intimidatorio»
L'assessore alla Sicurezza ribadisce «con forza e compattezza la condanna verso ogni forma di delinquenza»
giovedì 1 marzo 2018
14.41
Dolore e rabbia. Molfetta ferita dalla deflagrazione che ha devastato il portone d'ingresso al civico n. 13 di via Quintino Sella. Un incubo che si è materializzato alle ore 00.10 con l'esplosione di un ordino rudimentale.
E poi i dubbi per l'attentato contro il portone d'ingresso, sede di cinque studi legali, tra cui quello dell'avvocato Alessandro Capursi, presidente dell'associazione Avvocati di Molfetta, e di abitazioni private, compresa quella di Matteo d'Ingeo, coordinatore del Liberatorio Politico, ndr) che ancora non ha ancora un movente, la paura e la voglia di reagire.
«Ci auguriamo che il lavoro delle forze dell'ordine - il commento di Pasquale Mancini, raggiunto telefonicamente dalla nostra redazione - porti presto a conoscere movente e autori di quello che è voluto essere un chiaro gesto intimidatorio. In circostanze come questa la città ha imparato a farsi comunità, a stringersi attorno a chi è stato colpito, a ribadire con forza e compattezza la condanna verso ogni forma di delinquenza».
Secondo l'assessore alla Sicurezza del Comune di Molfetta «solo così la sottocultura della violenza e della minaccia perde terreno, e il lavoro di bonifica di chi crede in Molfetta prosegue. Inarrestabile e incessante. Perché trova forza in ognuno di noi, in chi non gira lo sguardo da un'altra parte ma - termina - si impegna profondamente, giorno dopo giorno, a costruire una comunità impermeabile e coesa».
Intanto proseguono le indagini dei Carabinieri della Compagnia di Molfetta. I militari, dopo aver ascoltato alcuni residenti e passato al setaccio le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona, hanno avviato i necessari accertamenti per risalire ai responsabili del gesto.
E poi i dubbi per l'attentato contro il portone d'ingresso, sede di cinque studi legali, tra cui quello dell'avvocato Alessandro Capursi, presidente dell'associazione Avvocati di Molfetta, e di abitazioni private, compresa quella di Matteo d'Ingeo, coordinatore del Liberatorio Politico, ndr) che ancora non ha ancora un movente, la paura e la voglia di reagire.
«Ci auguriamo che il lavoro delle forze dell'ordine - il commento di Pasquale Mancini, raggiunto telefonicamente dalla nostra redazione - porti presto a conoscere movente e autori di quello che è voluto essere un chiaro gesto intimidatorio. In circostanze come questa la città ha imparato a farsi comunità, a stringersi attorno a chi è stato colpito, a ribadire con forza e compattezza la condanna verso ogni forma di delinquenza».
Secondo l'assessore alla Sicurezza del Comune di Molfetta «solo così la sottocultura della violenza e della minaccia perde terreno, e il lavoro di bonifica di chi crede in Molfetta prosegue. Inarrestabile e incessante. Perché trova forza in ognuno di noi, in chi non gira lo sguardo da un'altra parte ma - termina - si impegna profondamente, giorno dopo giorno, a costruire una comunità impermeabile e coesa».
Intanto proseguono le indagini dei Carabinieri della Compagnia di Molfetta. I militari, dopo aver ascoltato alcuni residenti e passato al setaccio le immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona, hanno avviato i necessari accertamenti per risalire ai responsabili del gesto.