Pagina buia per lo Stato. Depalma: «Noi stiamo con i Carabinieri»
Il sindaco: «Chiederemo al Prefetto ogni intervento utile per contrastare le infiltrazioni mafiose». Domani gli interrogatori di garanzia
domenica 21 giugno 2020
12.55
A libro paga del clan Di Cosola, con un fisso mensile «ammontante, fino al 2015, a 1.000 euro successivamente, ridotto a 500 euro». Tenere a busta paga i due Carabinieri della Stazione di Giovinazzo dal 2012 al 2018 (periodo delle indagini), sarebbe costato complessivamente 400mila euro.
E non è tutto: «Cesti di prodotti alimentari provento di delitti contro il patrimonio», un televisore, un robot per cucina Bimby, pure un incidente stradale per dare la possibilità a uno dei due appuntati finiti in manette di ricevere, come è scritto nel fascicolo di inchiesta «l'indebito risarcimento del danno nonché l'indennità di servizio connessa alla conseguente malattia». Eccole le accuse mosse ai due militari dell'Arma, arrestati dai colleghi del Nucleo Investigativo.
Pagina buia per lo Stato, a leggere le indagini degli uomini del maggiore Stefano Invernizzi, col coordinamento del pubblico ministero antimafia Federico Perrone Capano, culminate nella misura cautelare (134 pagine) firmata dal giudice per le indagini preliminari Marco Galesi secondo cui i due militari dell'Arma avrebbero «ritardato indagini o rivelato particolari di inchieste sul clan, fornendo in alcune occasioni copie di verbali di collaboratori di giustizia».
In particolare «con azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso» avrebbero ottenuto dai componenti dei Di Cosola «denaro e altre utilità per omettere o ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai doveri d'ufficio, al fine di favorire gli stessi e i loro sodali nei procedimenti penali che li vedevano coinvolti». Il riferimento è al «pagamento di una somma mensile ammontante, fino al 2015, a 1.000 euro successivamente, ridotta a 500 euro».
Avrebbero inoltre rivelato, «in maniera continuativa, informazioni relative alle operazioni di polizia giudiziaria da compiersi e, comunque, in merito alle indagini in corso (anche fornendo i verbali, ancora coperti da segreto) di dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in merito al sodalizio criminale o i provvedimenti restrittivi da eseguire, garantendo, altresì, copertura agli appartenenti all'articolazione di Giovinazzo del clan Di Cosola».
Inoltre i due avrebbero fornito vari dettagli «sui turni dei militari in servizio presso la Stazione Carabinieri di Giovinazzo, degli orari in cui sarebbero avvenuti i controlli nei confronti degli affiliati sottoposti a misure coercitive» nonché - con l'aggravante di aver favorito i Di Cosola - avrebbero «consegnato, in tre distinte occasioni, documenti informatici e cartacei con registrazioni e verbali di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia ancora coperti da segreto».
Uno scenario, quindi, nel quale spicca la figura dei due appuntati, almeno stando alle fonti di prova rappresentante dalle dichiarazioni dei collaboratori e degli aspiranti collaboratori di giustizia, che sono state reciprocamente riscontrate, dai riscontri alle dichiarazioni stesse, costituiti dagli accertamenti di polizia giudiziaria, dalle risultanze delle operazioni di intercettazione, dalle conversazioni registrate e dagli esiti degli accertamenti patrimoniali.
Sui due militari della Stazione di Giovinazzo finiti in manette, un pentito afferma: «Questi hanno ricevuto, nel corso degli anni, un vero e proprio stipendio. Preciso che i due Carabinieri erano a nostra disposizione e ci hanno fornito, nel corso del tempo, informazioni e atti processuali, ci hanno comunicato, di volta in volta, di perquisizioni che avrebbero dovuto essere eseguite. In cambio, oltre al denaro, ci hanno richiesto anche favori», ha dichiarato un collaboratore.
«Ma noi stiamo con i Carabinieri - ha ribadito Tommaso Depalma sulla propria pagina Facebook -. Quanto accaduto in questi ultimi giorni non può certamente lasciarci insensibili, ma ci deve rendere fiduciosi. Per questo sento di dover ringraziare, ancora di più, l'operato della magistratura, della Procura di Bari e delle nostre forze dell'ordine, che hanno dimostrato che gli occhi sono bene aperti e con la giusta attenzione, si arriva a risolvere nodi complessi».
«Ovviamente - ha continuato - non conoscendo nulla del quadro investigativo e di quello probatorio, guardiamo con fiducia verso chi dovrà vederci chiaro e dovrà far prevalere un reale e concreto senso di giustizia. E lo facciamo, rispettando tutti e la dignità anche di chi è indirettamente coinvolto in queste storie e non ha alcuna colpa. Sono certo che abbiamo la maturità giusta per non perdere il senso delle cose e comportarci con rispetto verso chiunque».
«Noi non perdiamo occasione per manifestare il nostro bisogno di maggiori controlli delle forze dell'ordine perché, soprattutto in estate - termina il sindaco -, Giovinazzo urge avere dei rinforzi sul campo. La recente indagine ci ha spinto, a pochi giorni dall'ultimo Comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza, a fissare un nuovo incontro in Prefettura per chiedere con maggior forza al Prefetto ogni intervento utile per contrastare le infiltrazioni mafiose».
Intanto, domani, inizieranno gli interrogatori di garanzia del 41enne Mario Del Vecchio e del commerciante 39enne, rinchiusi nella casa circondariale di Bari, e dei due Carabinieri, di 51 e 50 anni, tradotti nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere, i quali avranno la possibilità di fornire la loro versione dei fatti.
E non è tutto: «Cesti di prodotti alimentari provento di delitti contro il patrimonio», un televisore, un robot per cucina Bimby, pure un incidente stradale per dare la possibilità a uno dei due appuntati finiti in manette di ricevere, come è scritto nel fascicolo di inchiesta «l'indebito risarcimento del danno nonché l'indennità di servizio connessa alla conseguente malattia». Eccole le accuse mosse ai due militari dell'Arma, arrestati dai colleghi del Nucleo Investigativo.
Pagina buia per lo Stato, a leggere le indagini degli uomini del maggiore Stefano Invernizzi, col coordinamento del pubblico ministero antimafia Federico Perrone Capano, culminate nella misura cautelare (134 pagine) firmata dal giudice per le indagini preliminari Marco Galesi secondo cui i due militari dell'Arma avrebbero «ritardato indagini o rivelato particolari di inchieste sul clan, fornendo in alcune occasioni copie di verbali di collaboratori di giustizia».
In particolare «con azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso» avrebbero ottenuto dai componenti dei Di Cosola «denaro e altre utilità per omettere o ritardare atti del proprio ufficio e per compiere atti contrari ai doveri d'ufficio, al fine di favorire gli stessi e i loro sodali nei procedimenti penali che li vedevano coinvolti». Il riferimento è al «pagamento di una somma mensile ammontante, fino al 2015, a 1.000 euro successivamente, ridotta a 500 euro».
Avrebbero inoltre rivelato, «in maniera continuativa, informazioni relative alle operazioni di polizia giudiziaria da compiersi e, comunque, in merito alle indagini in corso (anche fornendo i verbali, ancora coperti da segreto) di dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia in merito al sodalizio criminale o i provvedimenti restrittivi da eseguire, garantendo, altresì, copertura agli appartenenti all'articolazione di Giovinazzo del clan Di Cosola».
Inoltre i due avrebbero fornito vari dettagli «sui turni dei militari in servizio presso la Stazione Carabinieri di Giovinazzo, degli orari in cui sarebbero avvenuti i controlli nei confronti degli affiliati sottoposti a misure coercitive» nonché - con l'aggravante di aver favorito i Di Cosola - avrebbero «consegnato, in tre distinte occasioni, documenti informatici e cartacei con registrazioni e verbali di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia ancora coperti da segreto».
Uno scenario, quindi, nel quale spicca la figura dei due appuntati, almeno stando alle fonti di prova rappresentante dalle dichiarazioni dei collaboratori e degli aspiranti collaboratori di giustizia, che sono state reciprocamente riscontrate, dai riscontri alle dichiarazioni stesse, costituiti dagli accertamenti di polizia giudiziaria, dalle risultanze delle operazioni di intercettazione, dalle conversazioni registrate e dagli esiti degli accertamenti patrimoniali.
Sui due militari della Stazione di Giovinazzo finiti in manette, un pentito afferma: «Questi hanno ricevuto, nel corso degli anni, un vero e proprio stipendio. Preciso che i due Carabinieri erano a nostra disposizione e ci hanno fornito, nel corso del tempo, informazioni e atti processuali, ci hanno comunicato, di volta in volta, di perquisizioni che avrebbero dovuto essere eseguite. In cambio, oltre al denaro, ci hanno richiesto anche favori», ha dichiarato un collaboratore.
«Ma noi stiamo con i Carabinieri - ha ribadito Tommaso Depalma sulla propria pagina Facebook -. Quanto accaduto in questi ultimi giorni non può certamente lasciarci insensibili, ma ci deve rendere fiduciosi. Per questo sento di dover ringraziare, ancora di più, l'operato della magistratura, della Procura di Bari e delle nostre forze dell'ordine, che hanno dimostrato che gli occhi sono bene aperti e con la giusta attenzione, si arriva a risolvere nodi complessi».
«Ovviamente - ha continuato - non conoscendo nulla del quadro investigativo e di quello probatorio, guardiamo con fiducia verso chi dovrà vederci chiaro e dovrà far prevalere un reale e concreto senso di giustizia. E lo facciamo, rispettando tutti e la dignità anche di chi è indirettamente coinvolto in queste storie e non ha alcuna colpa. Sono certo che abbiamo la maturità giusta per non perdere il senso delle cose e comportarci con rispetto verso chiunque».
«Noi non perdiamo occasione per manifestare il nostro bisogno di maggiori controlli delle forze dell'ordine perché, soprattutto in estate - termina il sindaco -, Giovinazzo urge avere dei rinforzi sul campo. La recente indagine ci ha spinto, a pochi giorni dall'ultimo Comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza, a fissare un nuovo incontro in Prefettura per chiedere con maggior forza al Prefetto ogni intervento utile per contrastare le infiltrazioni mafiose».
Intanto, domani, inizieranno gli interrogatori di garanzia del 41enne Mario Del Vecchio e del commerciante 39enne, rinchiusi nella casa circondariale di Bari, e dei due Carabinieri, di 51 e 50 anni, tradotti nel carcere militare di Santa Maria Capua a Vetere, i quali avranno la possibilità di fornire la loro versione dei fatti.