Nunzia Azzollini, la “Lady di ferro” dell’hub: «Il vaccino è un diritto dell’individuo, ma è anche un dovere sociale»
L’ex responsabile del Centro vaccini di Molfetta si è raccontata ai nostri microfoni
lunedì 18 ottobre 2021
La città la conosceva come "la dottoressa dei vaccini", negli ultimi mesi è diventata "Lady di ferro" dell'hub vaccinale. Stiamo parlando della dottoressa Nunzia Azzollini, che dopo 35 anni al Dipartimento di igiene di Molfetta, lo scorso primo ottobre è andata in pensione.
Riassumere 35 anni di carriera lavorativa è difficile, inizia nel 1988 il suo servizio alla Asl Bari con la medicina scolastica e la medicina fiscale, nel 1991 arriva come Dirigente medico del SISP Molfetta sino a qualche giorno fa.
«E' al Dipartimento di prevenzione che ho compreso la diversa forma di essere medico, il diverso approccio», ci racconta la dottoressa Azzollini, «non la cura, ma la prevenzione. Non il singolo, ma la popolazione, il territorio».
Aggiunge: «sono sempre stato un soldato di trincea perché il nostro compito non è stare in ufficio, ma tra la gente. Infatti, la parte che ho più apprezzato del mio lavoro è stata la formazione, l'educazione alla salute, la promozione dei corretti stili di vita, quindi tutte le attività svolte nelle scuole e nelle comunità, dalla pediculosi alle malattie sessualmente trasmissibili, sino ad arrivare ad oggi con il coronavirus».
Un progetto regionale a cui la dottoressa Azzollini è molto legata è "Movimento in salute", ci tiene a precisare che non fu ideato da lei, ma ebbe il compito di renderlo attuativo nel territorio della Asl Bari.
Tale progetto di promozione dell'attività motoria ha visto la collaborazione del Coni, Università, laureati in scienze motorie, medici specialisti, medici dello sport, medici di medicina di base, decisori politici, l'approccio interdisciplinare permise la realizzazione di gruppi di cammino e gruppi di attività "controllata" in palestra in ben 22 Comuni.
Tornando agli ultimi due anni, non ha mai avuto un attimo di esitazione nell'affrontare la pandemia. Infatti, la dottoressa, insieme con il suo staff, è stata in prima linea, da subito sia nella fase iniziale, con la sorveglianza sanitaria, che successivamente con l'apertura dell'hub e il coordinamento del centro vaccini di Molfetta.
Dottoressa eravate pronti ad un evento pandemico di questa portata?
«Una pandemia si aspettava da alcuni anni, se ne parlava, in fondo fa parte della storia dell'uomo e della medicina che ci siano queste fasi pandemiche, "l'influenza spagnola" ne è un esempio.
La pandemia da coronavirus ha rappresentato una emergenza sanitaria mondiale con notevole impatto sia sociale che economico e con un'alta percentuale di mortalità, soprattutto nei soggetti anziani e nei soggetti a rischio».
E il mondo sanitario, compreso quello pugliese, come hanno reagito a questo impatto improvviso con un nemico sconosciuto…
«Purtroppo questa è una vecchia colpa della nostra politica sanitaria, la prevenzione è sempre stata la "cenerentola", perché non dà dei risultati immediati, è un investimento a lungo termine. Se non si investe, in una situazione come questa, ti trovi ad avere un territorio povero di soldati, questo per noi è stato causa di un lavoro enorme con poche persone ad affrontarlo».
Veniamo nello specifico al nostro territorio, a Molfetta, come ha affrontato questa emergenza?
«La prima fase, quella di marzo 2020, l'abbiamo fronteggiata abbastanza bene, perché qui da noi i casi erano pochi. Il lockdown è stato fatto seriamente, ed abbiamo contenuto abbastanza bene il colpo.
Verso maggio 2020 la necessità di riaprire, di dare un po' di respiro all'economia, ha creato l'illusione che fosse passato tutto. Ma a settembre, come sappiamo, è iniziata la seconda fase, che da noi è stata molto più intensa, con l'aggravante che molta gente non accettava più di stare chiusa in casa e di rispettare le regole.
In più le persone si erano quasi assuefatte al numero di morti, quindi per il Dipartimento di prevenzione è diventato più difficile fare la sorveglianza sanitaria, imporre l'isolamento e la quarantena.
Risultato della seconda fase sino ad Ottobre 2020: non si riusciva più ad attuare un tracciamento ottimale dei casi Covid sul territorio, con le sole forze del personale del Dipartimento di prevenzione. Per fortuna c'è stato l'intervento dei medici di medicina generale, dei medici Usca, passati al Dipartimento, dei medici e degli amministrativi della Protezione civile».
A Dicembre 2020 si incomincia a vedere la luce in fondo al tunnel con i vaccini?
«E' scientificamente dimostrato che per salvarci e sconfiggere le malattie infettive lo strumento principale è il vaccino. E' l'intervento medico, dopo la potabilizzazione dell'acqua, che ha salvato più vite al mondo, questo è un dato incontrovertibile.
Il principio, quindi, è stato ed è quello di fermare nel più breve tempo possibile la diffusione del virus, quindi anche di limitare la possibilità di mutazione, creando una barriera di persone che sviluppano l'immunità con la vaccinazione, la cosiddetta immunità di gregge».
La perplessità di molti è stata (ed è) che i vaccini sono stati realizzati in poco meno di un anno?
«I vaccini hanno un iter autorizzativo che passa attraverso diverse fasi, naturalmente queste fasi sono state accelerate perché c'era un'emergenza sanitaria ed economica.
La fase di sperimentazione è stata accelerata anche grazie al fatto che c'è stato un grosso investimento di risorse economiche mondiali, ma le varie fasi sono state tutte assolte.
Quindi tutti i vaccini utilizzati sulla popolazione erano regolarmente autorizzati dalle varie Agenzie e pertanto avevano già superato la fase sperimentale.
Naturalmente, come tutti i vaccini di nuova implementazione, anche questi sono stati sottoposti ad un'attenta sorveglianza post marketing, che ha permesso di mettere in evidenza anche alcuni rari effetti collaterali».
Siamo arrivati a Febbraio di quest'anno con l'apertura dell'hub vaccinale al "Palacozzoli"…
«Il nostro lavoro è iniziato prima dell'aperura del centro vaccini. Infatti, sin dall'inizio della pandemia il mio Dipartimento ha collaborato con il Sindaco, con il Distretto, con la Direzione sanitaria.
Sapevamo che la vaccinazione di massa doveva essere fatta sul maggior numero di persone nel minor tempo possibile, tenendo conto anche della disponibilità di vaccini che si avevano.
Così dal primo gennaio 2021 con la dottoressa Anna Mundo, Direttrice sanitaria dell'Ospedale di Molfetta, ci siamo dovute "inventare" il percorso. Ma già al 31 Dicembre 2020 i nostri assistenti sanitari erano stati formati alla preparazione del vaccino, che, come tutti sanno, non è in fiale monodose.
All'inizio abbiamo vaccinato il personale sanitario e di soccorso in ambiente ospedaliero, in seguito abbiamo utilizzato l'ufficio SISP e finalmente è stata resa operativa la sede del Palacozzoli per la vaccinazione di massa.
Contemporaneamente, si procedeva "a cascata" alla formazione di altri operatori sanitari e ospedalieri».
Che senso dobbiamo dare al vaccino e al vaccinarsi?
«Di dovere civico, perché il vaccino non serve solo a proteggere se stessi, ma anche a proteggere chi ti sta attorno. In quest'ottica, non conto come singolo individuo, ma come pezzettino di quel muro che devo opporre alla diffusione del virus. E' importante proteggere il singolo, come parte di una comunità.
Il vaccino è un diritto dell'individuo, ma è anche un dovere sociale».
Ovviamente tutto quello che è stato fatto in questi due anni ha richiesto l'impegno di uomini e donne, insomma di una squadra?
Assolutamente sì, un'operazione come quella che stata fatta ed è ancora in corso richiede necessariamente un lavoro di squadra, che risulta tanto più efficace quanto più la squadra è coesa.
Devo ringraziare molte persone. Il Direttore del dipartimento di prevenzione, dottor Domenico Lagravinese, il Direttore dell'area nord SISP, dottor Pasquale Drago, tutto lo staff del coordinamento della Direzione del Dipartimento, la Direzione sanitaria; mi hanno dato il loro sostegno sempre nello spirito di un'ampia collaborazione, così come la pandemia richiedeva.
Ringrazio anche la dottoressa Angela Iannone, Centro trasfusionale di Molfetta, che si è sempre resa disponibile ad adattare il suo lavoro alle nostre esigenze. Non dimentichiamo che Molfetta è stata pioniera per la vaccinazione in ambiente protetto, grazie anche all'impegno degli anestesisti ospedalieri, in primis dr Francesco Noviello e del dr Giuseppe Sorrentino.
Un grazie particolare ed affettuosissimo al mio collega storico, dr. Leonardo Ciccolella, che ha preso in carico tutto il lavoro ordinario del servizio igiene di Molfetta, consentendomi di essere costantemente presente all'hub.
Indispensabili all'hub e non solo, gli infermieri e le infermiere del Distretto che ci hanno dato una grossa mano in tutto il corso della campagna vaccinale.
I miei ringraziamenti per la loro instancabile collaborazione vanno al Sindaco, Tommaso Minervini, al referente del Comune per la campagna vaccinale, Ottavio Balducci, alla Polizia Municipale, ai Carabinieri, a tutti i soccorritori e volontari, e anche a tutti i medici, gli infermieri e gli amministrativi che sono alternati nel corso di questi mesi. Tutti sempre presenti e operativi, anche nelle giornate più critiche.
Infine, permettetemi di ringraziare il mio meraviglioso staff, che ha operato instancabilmente e con grande professionalità, con cui si è creato un clima di stima, affetto e amicizia, che va ben al di là del semplice rapporto lavorativo: i miei due preziosi assistenti sanitari Nadia Dahbaoui e Angelo Pisani, i medici G-Group fra cui il già citato dottor Giuseppe Sorrentino ed il compianto dottor Paolo De Gennaro e i giovanissimi dottor Fabrizio Favero e Davide De Gennaro, i coordinatori del reparto infermieristico Vincenzo Grieco e Gaetano La Porta, il tecnico della prevenzione, Antonio Caputo, i validissimi ragazzi della Protezione Civile, la dottoressa Roberta De Blasi e i giovanissimi "factotum" Alessandro Marino, Luigi Rafanelli, i colleghi e le colleghe dell'Usca del Dipartimento.
Una squadra con cui negli ultimi mesi ho vissuto fianco a fianco, tutti i giorni e per molte ore al giorno, che ha rappresentato per me una seconda famiglia.
La mia speranza è che non venga dispersa l'esperienza e la professionalità maturata da questi giovani colleghi e operatori in questo particolarissimo momento».
Riassumere 35 anni di carriera lavorativa è difficile, inizia nel 1988 il suo servizio alla Asl Bari con la medicina scolastica e la medicina fiscale, nel 1991 arriva come Dirigente medico del SISP Molfetta sino a qualche giorno fa.
«E' al Dipartimento di prevenzione che ho compreso la diversa forma di essere medico, il diverso approccio», ci racconta la dottoressa Azzollini, «non la cura, ma la prevenzione. Non il singolo, ma la popolazione, il territorio».
Aggiunge: «sono sempre stato un soldato di trincea perché il nostro compito non è stare in ufficio, ma tra la gente. Infatti, la parte che ho più apprezzato del mio lavoro è stata la formazione, l'educazione alla salute, la promozione dei corretti stili di vita, quindi tutte le attività svolte nelle scuole e nelle comunità, dalla pediculosi alle malattie sessualmente trasmissibili, sino ad arrivare ad oggi con il coronavirus».
Un progetto regionale a cui la dottoressa Azzollini è molto legata è "Movimento in salute", ci tiene a precisare che non fu ideato da lei, ma ebbe il compito di renderlo attuativo nel territorio della Asl Bari.
Tale progetto di promozione dell'attività motoria ha visto la collaborazione del Coni, Università, laureati in scienze motorie, medici specialisti, medici dello sport, medici di medicina di base, decisori politici, l'approccio interdisciplinare permise la realizzazione di gruppi di cammino e gruppi di attività "controllata" in palestra in ben 22 Comuni.
Tornando agli ultimi due anni, non ha mai avuto un attimo di esitazione nell'affrontare la pandemia. Infatti, la dottoressa, insieme con il suo staff, è stata in prima linea, da subito sia nella fase iniziale, con la sorveglianza sanitaria, che successivamente con l'apertura dell'hub e il coordinamento del centro vaccini di Molfetta.
Dottoressa eravate pronti ad un evento pandemico di questa portata?
«Una pandemia si aspettava da alcuni anni, se ne parlava, in fondo fa parte della storia dell'uomo e della medicina che ci siano queste fasi pandemiche, "l'influenza spagnola" ne è un esempio.
La pandemia da coronavirus ha rappresentato una emergenza sanitaria mondiale con notevole impatto sia sociale che economico e con un'alta percentuale di mortalità, soprattutto nei soggetti anziani e nei soggetti a rischio».
E il mondo sanitario, compreso quello pugliese, come hanno reagito a questo impatto improvviso con un nemico sconosciuto…
«Purtroppo questa è una vecchia colpa della nostra politica sanitaria, la prevenzione è sempre stata la "cenerentola", perché non dà dei risultati immediati, è un investimento a lungo termine. Se non si investe, in una situazione come questa, ti trovi ad avere un territorio povero di soldati, questo per noi è stato causa di un lavoro enorme con poche persone ad affrontarlo».
Veniamo nello specifico al nostro territorio, a Molfetta, come ha affrontato questa emergenza?
«La prima fase, quella di marzo 2020, l'abbiamo fronteggiata abbastanza bene, perché qui da noi i casi erano pochi. Il lockdown è stato fatto seriamente, ed abbiamo contenuto abbastanza bene il colpo.
Verso maggio 2020 la necessità di riaprire, di dare un po' di respiro all'economia, ha creato l'illusione che fosse passato tutto. Ma a settembre, come sappiamo, è iniziata la seconda fase, che da noi è stata molto più intensa, con l'aggravante che molta gente non accettava più di stare chiusa in casa e di rispettare le regole.
In più le persone si erano quasi assuefatte al numero di morti, quindi per il Dipartimento di prevenzione è diventato più difficile fare la sorveglianza sanitaria, imporre l'isolamento e la quarantena.
Risultato della seconda fase sino ad Ottobre 2020: non si riusciva più ad attuare un tracciamento ottimale dei casi Covid sul territorio, con le sole forze del personale del Dipartimento di prevenzione. Per fortuna c'è stato l'intervento dei medici di medicina generale, dei medici Usca, passati al Dipartimento, dei medici e degli amministrativi della Protezione civile».
A Dicembre 2020 si incomincia a vedere la luce in fondo al tunnel con i vaccini?
«E' scientificamente dimostrato che per salvarci e sconfiggere le malattie infettive lo strumento principale è il vaccino. E' l'intervento medico, dopo la potabilizzazione dell'acqua, che ha salvato più vite al mondo, questo è un dato incontrovertibile.
Il principio, quindi, è stato ed è quello di fermare nel più breve tempo possibile la diffusione del virus, quindi anche di limitare la possibilità di mutazione, creando una barriera di persone che sviluppano l'immunità con la vaccinazione, la cosiddetta immunità di gregge».
La perplessità di molti è stata (ed è) che i vaccini sono stati realizzati in poco meno di un anno?
«I vaccini hanno un iter autorizzativo che passa attraverso diverse fasi, naturalmente queste fasi sono state accelerate perché c'era un'emergenza sanitaria ed economica.
La fase di sperimentazione è stata accelerata anche grazie al fatto che c'è stato un grosso investimento di risorse economiche mondiali, ma le varie fasi sono state tutte assolte.
Quindi tutti i vaccini utilizzati sulla popolazione erano regolarmente autorizzati dalle varie Agenzie e pertanto avevano già superato la fase sperimentale.
Naturalmente, come tutti i vaccini di nuova implementazione, anche questi sono stati sottoposti ad un'attenta sorveglianza post marketing, che ha permesso di mettere in evidenza anche alcuni rari effetti collaterali».
Siamo arrivati a Febbraio di quest'anno con l'apertura dell'hub vaccinale al "Palacozzoli"…
«Il nostro lavoro è iniziato prima dell'aperura del centro vaccini. Infatti, sin dall'inizio della pandemia il mio Dipartimento ha collaborato con il Sindaco, con il Distretto, con la Direzione sanitaria.
Sapevamo che la vaccinazione di massa doveva essere fatta sul maggior numero di persone nel minor tempo possibile, tenendo conto anche della disponibilità di vaccini che si avevano.
Così dal primo gennaio 2021 con la dottoressa Anna Mundo, Direttrice sanitaria dell'Ospedale di Molfetta, ci siamo dovute "inventare" il percorso. Ma già al 31 Dicembre 2020 i nostri assistenti sanitari erano stati formati alla preparazione del vaccino, che, come tutti sanno, non è in fiale monodose.
All'inizio abbiamo vaccinato il personale sanitario e di soccorso in ambiente ospedaliero, in seguito abbiamo utilizzato l'ufficio SISP e finalmente è stata resa operativa la sede del Palacozzoli per la vaccinazione di massa.
Contemporaneamente, si procedeva "a cascata" alla formazione di altri operatori sanitari e ospedalieri».
Che senso dobbiamo dare al vaccino e al vaccinarsi?
«Di dovere civico, perché il vaccino non serve solo a proteggere se stessi, ma anche a proteggere chi ti sta attorno. In quest'ottica, non conto come singolo individuo, ma come pezzettino di quel muro che devo opporre alla diffusione del virus. E' importante proteggere il singolo, come parte di una comunità.
Il vaccino è un diritto dell'individuo, ma è anche un dovere sociale».
Ovviamente tutto quello che è stato fatto in questi due anni ha richiesto l'impegno di uomini e donne, insomma di una squadra?
Assolutamente sì, un'operazione come quella che stata fatta ed è ancora in corso richiede necessariamente un lavoro di squadra, che risulta tanto più efficace quanto più la squadra è coesa.
Devo ringraziare molte persone. Il Direttore del dipartimento di prevenzione, dottor Domenico Lagravinese, il Direttore dell'area nord SISP, dottor Pasquale Drago, tutto lo staff del coordinamento della Direzione del Dipartimento, la Direzione sanitaria; mi hanno dato il loro sostegno sempre nello spirito di un'ampia collaborazione, così come la pandemia richiedeva.
Ringrazio anche la dottoressa Angela Iannone, Centro trasfusionale di Molfetta, che si è sempre resa disponibile ad adattare il suo lavoro alle nostre esigenze. Non dimentichiamo che Molfetta è stata pioniera per la vaccinazione in ambiente protetto, grazie anche all'impegno degli anestesisti ospedalieri, in primis dr Francesco Noviello e del dr Giuseppe Sorrentino.
Un grazie particolare ed affettuosissimo al mio collega storico, dr. Leonardo Ciccolella, che ha preso in carico tutto il lavoro ordinario del servizio igiene di Molfetta, consentendomi di essere costantemente presente all'hub.
Indispensabili all'hub e non solo, gli infermieri e le infermiere del Distretto che ci hanno dato una grossa mano in tutto il corso della campagna vaccinale.
I miei ringraziamenti per la loro instancabile collaborazione vanno al Sindaco, Tommaso Minervini, al referente del Comune per la campagna vaccinale, Ottavio Balducci, alla Polizia Municipale, ai Carabinieri, a tutti i soccorritori e volontari, e anche a tutti i medici, gli infermieri e gli amministrativi che sono alternati nel corso di questi mesi. Tutti sempre presenti e operativi, anche nelle giornate più critiche.
Infine, permettetemi di ringraziare il mio meraviglioso staff, che ha operato instancabilmente e con grande professionalità, con cui si è creato un clima di stima, affetto e amicizia, che va ben al di là del semplice rapporto lavorativo: i miei due preziosi assistenti sanitari Nadia Dahbaoui e Angelo Pisani, i medici G-Group fra cui il già citato dottor Giuseppe Sorrentino ed il compianto dottor Paolo De Gennaro e i giovanissimi dottor Fabrizio Favero e Davide De Gennaro, i coordinatori del reparto infermieristico Vincenzo Grieco e Gaetano La Porta, il tecnico della prevenzione, Antonio Caputo, i validissimi ragazzi della Protezione Civile, la dottoressa Roberta De Blasi e i giovanissimi "factotum" Alessandro Marino, Luigi Rafanelli, i colleghi e le colleghe dell'Usca del Dipartimento.
Una squadra con cui negli ultimi mesi ho vissuto fianco a fianco, tutti i giorni e per molte ore al giorno, che ha rappresentato per me una seconda famiglia.
La mia speranza è che non venga dispersa l'esperienza e la professionalità maturata da questi giovani colleghi e operatori in questo particolarissimo momento».