“Né vivi né morti”, il libro che racconta il mistero della nave Hedia

Sei molfettesi a bordo. Di loro non si sa più nulla

domenica 29 maggio 2016 10.32
«Per caso, pregiatissimi signori sapete che fine ha fatto la nave su cui viaggiava "mi figghiu"? È questo qui, in primo piano in una foto scattata nel vostro consolato di Algeri. Come mai non è ancora tornato a casa?».

Questa la domanda che per 54 anni ha ripetuto Rosa Guirreri, mamma di Filippo Graffeo, ai governanti d'Italia e Francia senza ricevere mai una risposta; ma, nonna Rosa, non è riuscita a leggere il libro-inchiesta sulla scomparsa della nave Hedia perché, nel gennaio scorso, il suo cuore si è fermato alla vigilia del suo centesimo compleanno. E proprio a lei è stata dedicata la serata, in prima nazionale, per la presentazione del libro di Gianni Lannes "Né vivi né morti"- L'odissea della nave Hedia e l'assassinio di Enrico Mattei, alla presenza di Accursio Graffeo, nipote di Filippo Graffeo.

Dopo la presentazione di Matteo d'Ingeo, e l'intervento di Accursio Graffeo, Gianni Lannes diventa un fiume in piena. Tutto comincia con il ritrovamento casuale di un'interrogazione di Antonio Laforgia, ai ministri degli esteri e della marina mercantile, nella seduta del 22 gennaio 1964 e poi l'incontro con Accursio Graffeo nel 2014. Da allora una ricerca continua negli archivi di stato d'Italia, Francia e Algeria, viaggi, interrogazioni parlamentari, immersioni subacquee, interviste e poi l'incontro con i familiari dei marinai scomparsi.
Grazie anche alle loro lettere private è stato possibile ricostruire la memoria degli ultimi istanti di quei marinai scomparsi nel nulla. In sala i parenti dei sei marinai molfettesi Giuseppe Uva, Nicola Caputi, Corrado Caputi, Cosimo Gadaleta, Michele Marancia e Damiano Bufi.
Sono stati loro, con i loro ricordi, a far rivivere in poche ore una storia sconosciuta che deve essere riscritta. Il presunto naufragio della Hedia fu immediatamente accompagnato da voci contraddittorie, sospetti e soprattutto misteri. Alcuni ipotizzarono perfino il siluramento da parte di unità della marina militare francese, impegnata nel Mediterraneo a stroncare il rifornimento di armi al Fronte di Liberazione Algerino, magari frutto di un tragico errore. Gianni Lannes ha dimostrato che le verità ufficiali italo-francesi sul caso, ovvero il naufragio, non sono veritiere, e che la fine di Enrico Mattei s'interseca con la scomparsa della nave Hedia. Enrico Mattei fu assassinato, il suo caso insabbiato, i testimoni messi a tacere. Ma una cosa è certa: l'aereo su cui viaggiava il presidente dell'ENI, e che cadde la sera del 27 ottobre 1962 a Bascapé, alle porte di Milano, fu sabotato.
Mattei era un uomo che dava molto fastidio. La sua strategia era volta a spezzare il monopolio delle grandi "sette sorelle", non soltanto per il tornaconto del nostro ente petrolifero, ma anche per stabilire rapporti nuovi tra i paesi industrializzati e i fornitori di materie prime.
 Una strategia semplicemente inaccettabile per le grandi compagnie petrolifere che si spartiscono le ricchezze del mondo.

Il 31 luglio 2015 alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle, basandosi su questa inchiesta, hanno inviato un'interrogazione sul caso al governo Renzi: a tutt'oggi, però, non è pervenuta alcuna risposta dal primo ministro italiano. Gianni Lannes l'11 febbraio 2016 ha indirizzato una lettera aperta al presidente francese Hollande, tramite l'ambasciatore Catherine Colonna, per sapere dove sono sepolti i marinai dell'Hedia. Una strage non va mai in prescrizione. La Procura della Repubblica di Bergamo ha finalmente aperto un'inchiesta dopo più di mezzo secolo di insabbiamenti e depistaggi istituzionali.