È morto l'appuntato scelto la Forgia: prima le accuse, poi l'assoluzione
Il militare, originario di Molfetta, aveva 54 anni. Il toccante ricordo dei suoi ex comandanti Ingrosso, Galizia e Amato
martedì 1 ottobre 2024
15.30
Domenico la Forgia, di Molfetta, appuntato scelto dell'Arma, è morto a 54 anni, stroncato da un male che non gli ha lasciato scampo. Protagonista di una vicenda su presunti legami con la mafia quando prestava servizio a Giovinazzo: fu arrestato nel 2020 e poi assolto due anni più tardi «per non avere commesso il fatto».
Un vero e proprio calvario giudiziario che l'ha portato a processo - difeso dall'avvocato Tiziano Tedeschi - per reati mai commessi, secondo il dispositivo di primo grado. «Un militare con un non comune senso investigativo», per il tenente colonnello Vito Ingrosso, in quegli anni al vertice della Compagnia di Molfetta, mentre Antonio Galizia, suo primo comandante quando arrivò a Giovinazzo nel 2005, sostiene di non aver «mai creduto alla vicenda giudiziaria che l'ha visto coinvolto».
«Ho sempre avuto fiducia nella giustizia e sono certo che sarebbe stato assolto anche in appello: la Forgia - dice Galizia - è stato un valido e fattivo collaboratore. Ha sempre lavorato con entusiasmo, con spiccata inclinazione e non si è mai sottratto al suo dovere». Fra i suoi ricordi un inseguimento a due rapinatori, uno dei quali - minorenne - morì: «Un fatto che lo turbò molto». Una carriera ed una «rispettabilità rovinate con accuse false che gli hanno distrutto la vita», ha terminato.
Per Dino Amato, invece, la Forgia è stato «disponibile, altruista, un grande lavoratore che non si è mai risparmiato, amante della sua famiglia. Purtroppo il destino, e la sorte gli sono stati avversi nonostante abbia lottato come un leone». I funerali si svolgeranno domani nella basilica della Madonna dei Martiri alle ore 16.00.
Un vero e proprio calvario giudiziario che l'ha portato a processo - difeso dall'avvocato Tiziano Tedeschi - per reati mai commessi, secondo il dispositivo di primo grado. «Un militare con un non comune senso investigativo», per il tenente colonnello Vito Ingrosso, in quegli anni al vertice della Compagnia di Molfetta, mentre Antonio Galizia, suo primo comandante quando arrivò a Giovinazzo nel 2005, sostiene di non aver «mai creduto alla vicenda giudiziaria che l'ha visto coinvolto».
«Ho sempre avuto fiducia nella giustizia e sono certo che sarebbe stato assolto anche in appello: la Forgia - dice Galizia - è stato un valido e fattivo collaboratore. Ha sempre lavorato con entusiasmo, con spiccata inclinazione e non si è mai sottratto al suo dovere». Fra i suoi ricordi un inseguimento a due rapinatori, uno dei quali - minorenne - morì: «Un fatto che lo turbò molto». Una carriera ed una «rispettabilità rovinate con accuse false che gli hanno distrutto la vita», ha terminato.
Per Dino Amato, invece, la Forgia è stato «disponibile, altruista, un grande lavoratore che non si è mai risparmiato, amante della sua famiglia. Purtroppo il destino, e la sorte gli sono stati avversi nonostante abbia lottato come un leone». I funerali si svolgeranno domani nella basilica della Madonna dei Martiri alle ore 16.00.