Morto dopo 13 giorni di vita, la mamma di Enea: «Vogliamo la verità»

La drammatica testimonianza di Mara Gargano su quanto accaduto nel dicembre 2022

mercoledì 18 ottobre 2023 14.11
Sono passati quasi dieci mesi da quando il piccolo Enea de Robertis è spirato fra le braccia della mamma, Mara Gargano, dopo appena 13 giorni di vita nel reparto di Terapia intensiva neonatale del Policlinico di Bari.

La 38enne molfettese ha iniziato una lunga battaglia personale alla ricerca della verità, pur nella drammatica consapevolezza che nulla potrà darle indietro ciò che di più importante aveva dato al mondo: «So già che questo percorso sarà lunghissimo, quasi interminabile, ma sento il dovere di dare voce al mio povero bambino deceduto in ospedale a causa della negligenza dei dottori del reparto di Neonatologia. Ho deciso di chiamarlo Enea perché, da sempre affascinata dai nomi della mitologia greca, una notte ho sognato di chiamarlo così. E mi piace immaginarlo un guerriero anche ora che non c'è più, perché ha davvero lottato come ha potuto fino all'ultimo».

La tragica storia del piccolo ha inizio l'11 dicembre 2022 quando la donna era al settimo mese di gravidanza e ha dato alla luce prematuramente Enea: «Ho avuto una gestazione complicata - spiega - ma, dopo tante peripezie, il mio bambino è venuto al mondo sano anche se prematuro. Pesava quasi due chili e respirava autonomamente, nonostante fosse in incubatrice. I medici mi hanno subito rassicurato: presto sarebbe stato dimesso. I giorni passavano e io mi prendevo cura di lui, alimentandolo con il mio latte, sebbene gli venisse somministrato tramite un sondino vista l'età gestazionale. Prima delle festività ho percepito qualcosa di strano, ma i medici mi hanno tranquillizzato».

«A Santo Stefano sono arrivata nel reparto e ho trovato Enea fuori dall'incubatrice, spostato in subintensiva. Mi hanno rassicurato ma in realtà era tremante e schiumava latte dal naso e, nonostante ciò, le mie sollecitazioni erano inascoltate. Anche gli altri genitori concordavano: il bambino non stava bene. Alle 7 del mattino del 27 dicembre, mentre tiravo il latte, ho ricevuto una chiamata in cui mi veniva spiegato che mio figlio era in shock settico a causa, abbiamo poi scoperto, di una infezione da escherichia coli. In reparto si respirava un'aria pesantissima, ho visto il direttore furioso. Ha fatto di tutto per salvarlo, ma evidentemente era ormai troppo tardi».

Per affrontare l'inevitabile iter legale alla ricerca della verità, Mara Gargano si è rivolta a uno studio legale di Milano: «Ho cercato un avvocato lontano da Bari per essere certa non ci fosse alcun legame con il territorio. La perizia del consulente di parte ha ricostruito che al di là di ogni ragionevole dubbio Enea è morto a causa dell'infezione e della negligenza del Policlinico, visto che non solo il batterio è stato contratto in reparto ma si è agito anche colpevolmente in ritardo. Per questo procederemo per vie legali, nella speranza che si dia luce a questa storia per far sì che quello che è successo a mio figlio non capiti mai più. Hanno tentato di far passare la tesi che fossi stata io a trasmettere l'infezione ad Enea, che però subito dopo la nascita è risultato negativo al batterio che lo ha poi ucciso. Semmai c'è da aggiungere il motivo per il quale sono stata costretta a partorire in anticipo: una infezione vaginale non riscontrata, nonostante fossi ricoverata da giorni in Ginecologia per la perdita di sangue. Se mi avessero fatto il tampone immediatamente e mi avessero dato l'antibiotico sarei tornata a casa per proseguire la gravidanza. Per giunta, è incredibile anche ciò che è accaduto dopo la morte del bambino. Siamo stati praticamente buttati fuori dal reparto senza nessun supporto psicologico e per me è stato in incubo che non augurerei a nessuno».

«Ho fatto tanta psicoterapia per uscire da questa fase difficilissima della vita che, purtroppo, non potrà mai superare del tutto. Ancora oggi, grazie a una associazione che offre sostegno in caso di lutto perinatale, noi mamme accomunate dalla stessa esperienza ci videochiamiamo da tutta Italia una volta alla settimana. In più ho una psicologa di riferimento. Dopo il parto ho anche rischiato di non avere più figli perché l'infezione si è trasformata in endometrite cronica. Sento che l'unico modo che mi resta per andare avanti è avere altri bambini e sono certa che, da qualche parte, Enea sarebbe felice di ciò. Adesso dargli giustizia è tutto ciò che mi resta» ha concluso.