Molfetta ritrova la bellezza dell'arte di Vito Zaza
Inaugurata la mostra di opere dello scultore scomparso nel 2014
lunedì 6 maggio 2024
È finalmente fruibile dal pubblico la nuova mostra di opere dello Scultore molfettese Vito Zaza (1939-2014): "Dal silenzio al mistero: viaggio nelle maternità violate" inaugurata in occasione dei dieci anni dalla morte dell'artista. La fondazione museo diocesano, in accordo con la famiglia Zaza ed il patrocinio della diocesi e dell'amministrazione comunale dedica dunque questo temporaneo fondo (disponibile fino all' 8 Settembre) di 20 bassorilievi in terracotta, inglobati in un più ampio percorso, fruibile in due prospettive: da un lato è possibile osservare i drammi legati alla maternità in realtà spesso dimenticate, dall'altro esperire la manifesta metamorfosi dello scultore e della sua arte, a seguito del suo ritiro spirituale presso l'Abbazia delle Tre Fontane di Roma, successivo alla drammatica scomparsa delle figlie Mara e Diana.
L'esposizione risulta corredata degli scatti del fotografo Roberto Lusito che mettono in risalto dettagli, pathos e spessore emotivo delle opere. Di particolare spicco e pregio è la presenza di ben 17 disegni realizzati dall'artista tra il 2013 e 2014 che si intitolano "Ruderi e Frammenti" e ripercorrono a ritroso le varie tappe della sua ricerca, tra questi: i solidi geometrici, le strutture polimateriche degli anni '70, le figure femminili, i reperti archeologici ed il legame tra presente e passato, capolavori variopinti e vividi, emblema di un futuro migliore. La mostra affonda le sue radici nell'articolo della rivista "Jesus"(2009), dal nome "Una rete per le donne". Si tratta Talità Kum ('Alzati') una rete internazionale di religiose cattoliche che lottano per demolire l'ingranaggio del traffico di donne costrette a prostituirsi. Zaza fu particolarmente colpito dal grande lavoro ed impegno delle suddette suore, tanto da riuscire a plasmare nell'arte la travagliata storia dello sfruttamento e della prostituzione.
Lo scultore decise di espandere la sua ricerca, focalizzandosi sulla storia di 20 donne vittime di gravi violazioni di fondamentali diritti umani. Sono sempre giovani gravide o neo mamme prive di sostentamento per sé ed i loro figli, esuli, clandestine alla mercé dei più spietati trafficanti: Vito Zaza sublimò nell'arte questa sofferenza.
Il giornalista Enzo Quarto, rilevantissimo collaboratore nell'attuazione della mostra ed intervenuto alla cerimonia d'inaugurazione, ha commentato: «Vito cerca di esprimere la bellezza attraverso i dettagli. Passa dai dettagli ai frammenti, dalla bellezza al senso della bellezza, un passaggio da artista di dimensioni gigantesche. Lui coglie, nella sofferenza di quegli anni, che nel frammento c'è la maternità ed il senso della vita. La sua ricerca è sia estetica, sia di senso, sia di rinascita. Il suo desiderio era infatti di rinascere, e trova questa forza nel sostegno e nella moglie e madre delle sue figlie. Vito Zaza identificava nella maternità la possibilità per l'umanità rinascere».
Di seguito l'intervento di Elisabetta Zaza, moglie del celebre artista e principale promotrice dell'evento: «Sono felicissima di questa mostra, Vito mi ha scritto e chiesto di portarla a termine, essendo il suo messaggio sempre valido. Sono fortunata ad averlo avuto come marito. Vorrei rispondere ad una domanda che mi è stata posta: qual è il ruolo della paternità in questo progetto? Vito stesso, in quanto padre e protettore, e non solo. Il papa ha detto che viviamo in una società malata di indifferenza, dunque colui che si mette accanto, che ha empatia per l'umanità che non ha voce, è padre e protettore: compito di un padre è proteggere. Vorrei puntare l'attenzione sulla penultima formella, "In attesa dell'aurora", dove c'è un bambino con le mani piene di semi che simboleggiano il futuro e l'attesa dello stesso: Non deludiamolo»
L'esposizione risulta corredata degli scatti del fotografo Roberto Lusito che mettono in risalto dettagli, pathos e spessore emotivo delle opere. Di particolare spicco e pregio è la presenza di ben 17 disegni realizzati dall'artista tra il 2013 e 2014 che si intitolano "Ruderi e Frammenti" e ripercorrono a ritroso le varie tappe della sua ricerca, tra questi: i solidi geometrici, le strutture polimateriche degli anni '70, le figure femminili, i reperti archeologici ed il legame tra presente e passato, capolavori variopinti e vividi, emblema di un futuro migliore. La mostra affonda le sue radici nell'articolo della rivista "Jesus"(2009), dal nome "Una rete per le donne". Si tratta Talità Kum ('Alzati') una rete internazionale di religiose cattoliche che lottano per demolire l'ingranaggio del traffico di donne costrette a prostituirsi. Zaza fu particolarmente colpito dal grande lavoro ed impegno delle suddette suore, tanto da riuscire a plasmare nell'arte la travagliata storia dello sfruttamento e della prostituzione.
Lo scultore decise di espandere la sua ricerca, focalizzandosi sulla storia di 20 donne vittime di gravi violazioni di fondamentali diritti umani. Sono sempre giovani gravide o neo mamme prive di sostentamento per sé ed i loro figli, esuli, clandestine alla mercé dei più spietati trafficanti: Vito Zaza sublimò nell'arte questa sofferenza.
Il giornalista Enzo Quarto, rilevantissimo collaboratore nell'attuazione della mostra ed intervenuto alla cerimonia d'inaugurazione, ha commentato: «Vito cerca di esprimere la bellezza attraverso i dettagli. Passa dai dettagli ai frammenti, dalla bellezza al senso della bellezza, un passaggio da artista di dimensioni gigantesche. Lui coglie, nella sofferenza di quegli anni, che nel frammento c'è la maternità ed il senso della vita. La sua ricerca è sia estetica, sia di senso, sia di rinascita. Il suo desiderio era infatti di rinascere, e trova questa forza nel sostegno e nella moglie e madre delle sue figlie. Vito Zaza identificava nella maternità la possibilità per l'umanità rinascere».
Di seguito l'intervento di Elisabetta Zaza, moglie del celebre artista e principale promotrice dell'evento: «Sono felicissima di questa mostra, Vito mi ha scritto e chiesto di portarla a termine, essendo il suo messaggio sempre valido. Sono fortunata ad averlo avuto come marito. Vorrei rispondere ad una domanda che mi è stata posta: qual è il ruolo della paternità in questo progetto? Vito stesso, in quanto padre e protettore, e non solo. Il papa ha detto che viviamo in una società malata di indifferenza, dunque colui che si mette accanto, che ha empatia per l'umanità che non ha voce, è padre e protettore: compito di un padre è proteggere. Vorrei puntare l'attenzione sulla penultima formella, "In attesa dell'aurora", dove c'è un bambino con le mani piene di semi che simboleggiano il futuro e l'attesa dello stesso: Non deludiamolo»