Menti infuocate. Chi si nasconde dietro i roghi?
Dentro l'attività investigativa di Carabinieri e Vigili del Fuoco
martedì 29 settembre 2020
14.21
Negli ultimi 4 giorni, a Molfetta, sono state incendiate 4 auto. Un fenomeno pericoloso - dall'inizio del 2020 sono state date alle fiamme ben 23 auto - che viene adesso attentamente studiato dai Vigili del Fuoco e dai Carabinieri. E che potrebbe essere una sorta di moda.
Ieri sera, alle ore 21.00, una Fiat 500X, questo il modello, con targa svizzera, è stata completamente distrutta dal fuoco: della carrozzeria non è rimasto più nulla e l'auto è ormai inutilizzabile. Il rogo è avvenuto in via Panunzio, nel quartiere San Giuseppe, a circa 300 metri da via Zuppetta dove, il 24 settembre scorso, una Fiat Grande Punto ha preso fuoco, colpendo anche le auto lasciate in sosta nelle vicinanze, una Fiat Punto e una Lancia Musa, in un effetto domino.
Ma chi potrebbe nascondersi dietro questi ultimi roghi serali (non più notturni)? I primi a studiare in modo sistematico l'aspetto psicologico dei reati legati agli incendi sono state le unità speciali dell'Fbi, che hanno individuato quattro possibili profili di incendiari, spiegate da Anacleto Flori, funzionario al Ministero degli Interni in un reportage sul criminal profiling dell'incendiario, ovvero come e perché scatta nella psiche dell'individuo il piacere malato di bruciare il mondo.
Il primo profilo è quello degli incendiari per vandalismo: «Generalmente giovani intorno ai 16 anni - si legge sul web, sul sito della Polizia di Stato - socialmente emarginati di origine modesta che si riuniscono in piccoli gruppi, non avendo il coraggio di agire da soli. Agiscono preferibilmente di sera, durante il weekend, allontanandosi di corsa dai luoghi incendiati».
La seconda, invece, è quella di chi appicca il fuoco per vendetta, con l'intenzione di distruggere il bersaglio prescelto come forma di risarcimento personale per una presunta ingiustizia subita. «Si tratta - si legge ancora - di un reato commesso a notte fonda o di primo mattino per non farsi vedere e con l'accortezza di usare inneschi ad azione ritardante per avere modo di fuggire e crearsi così un alibi».
C'è poi per terzo il profilo degli incendiari per profitto, quasi sempre pregiudicati che appiccano incendi per guadagno personale o su incarico di altri mandanti. «Agiscono da veri professionisti - si legge - con il favore delle tenebre o poco prima dell'alba, dopo aver studiato ogni minimo dettaglio. Usano piccole cariche esplosive ed ordigni a tempo, lasciando in giro pochissime tracce».
Il quarto e ultimo profilo è quello di chi si serve del fuoco per alterare o distruggere delle prove e sviare così le indagini. «Anche in questo caso - si legge ancora - si tratta per lo più di pregiudicati, che vivono lontano dal luogo del delitto, agiscono sempre in gruppo e si servono di liquidi infiammabili come innesco per gli incendi», termina l'articolo di approfondimento.
A Molfetta, intanto, mentre la politica tace e l'unico a sbracciarsi per ora è Matteo d'Ingeo, del Liberatorio Politico: «È il momento di dire basta. Se sindaco, forze dell'ordine e Procura della Repubblica continueranno a tacere chiederemo la convocazione di un consiglio comunale monotematico sulla sicurezza».
Ieri sera, alle ore 21.00, una Fiat 500X, questo il modello, con targa svizzera, è stata completamente distrutta dal fuoco: della carrozzeria non è rimasto più nulla e l'auto è ormai inutilizzabile. Il rogo è avvenuto in via Panunzio, nel quartiere San Giuseppe, a circa 300 metri da via Zuppetta dove, il 24 settembre scorso, una Fiat Grande Punto ha preso fuoco, colpendo anche le auto lasciate in sosta nelle vicinanze, una Fiat Punto e una Lancia Musa, in un effetto domino.
Ma chi potrebbe nascondersi dietro questi ultimi roghi serali (non più notturni)? I primi a studiare in modo sistematico l'aspetto psicologico dei reati legati agli incendi sono state le unità speciali dell'Fbi, che hanno individuato quattro possibili profili di incendiari, spiegate da Anacleto Flori, funzionario al Ministero degli Interni in un reportage sul criminal profiling dell'incendiario, ovvero come e perché scatta nella psiche dell'individuo il piacere malato di bruciare il mondo.
Il primo profilo è quello degli incendiari per vandalismo: «Generalmente giovani intorno ai 16 anni - si legge sul web, sul sito della Polizia di Stato - socialmente emarginati di origine modesta che si riuniscono in piccoli gruppi, non avendo il coraggio di agire da soli. Agiscono preferibilmente di sera, durante il weekend, allontanandosi di corsa dai luoghi incendiati».
La seconda, invece, è quella di chi appicca il fuoco per vendetta, con l'intenzione di distruggere il bersaglio prescelto come forma di risarcimento personale per una presunta ingiustizia subita. «Si tratta - si legge ancora - di un reato commesso a notte fonda o di primo mattino per non farsi vedere e con l'accortezza di usare inneschi ad azione ritardante per avere modo di fuggire e crearsi così un alibi».
C'è poi per terzo il profilo degli incendiari per profitto, quasi sempre pregiudicati che appiccano incendi per guadagno personale o su incarico di altri mandanti. «Agiscono da veri professionisti - si legge - con il favore delle tenebre o poco prima dell'alba, dopo aver studiato ogni minimo dettaglio. Usano piccole cariche esplosive ed ordigni a tempo, lasciando in giro pochissime tracce».
Il quarto e ultimo profilo è quello di chi si serve del fuoco per alterare o distruggere delle prove e sviare così le indagini. «Anche in questo caso - si legge ancora - si tratta per lo più di pregiudicati, che vivono lontano dal luogo del delitto, agiscono sempre in gruppo e si servono di liquidi infiammabili come innesco per gli incendi», termina l'articolo di approfondimento.
A Molfetta, intanto, mentre la politica tace e l'unico a sbracciarsi per ora è Matteo d'Ingeo, del Liberatorio Politico: «È il momento di dire basta. Se sindaco, forze dell'ordine e Procura della Repubblica continueranno a tacere chiederemo la convocazione di un consiglio comunale monotematico sulla sicurezza».