"Mani sulla Città": cade l'associazione a delinquere. Assolti Altomare e altri 6
Sentenza del Tribunale di Trani dopo gli arresti del 2011: pioggia di assoluzioni e prescrizioni, un condannato
giovedì 25 febbraio 2021
0.29
«Non era un'associazione a delinquere». È arrivata ieri la sentenza del Tribunale di Trani sul processo "Mani sulla Città", il terremoto edilizio che nel 2011 portò a 9 arresti (fra cui l'ingegnere Rocco Altomare, all'epoca dirigente del settore Territorio del Comune di Molfetta, e il fratello Donato) e un totale di 51 indagati.
Il collegio, retto dal presidente Giulia Pavese, dopo aver preso atto che per la maggior parte degli imputati fosse ormai intervenuta la prescrizione, disponendo dunque il non doversi procedere, ha emesso una sentenza che ribalta le accuse: è infatti caduto l'addebito più grave, quello di associazione a delinquere, il 416 bis, a carico dei fratelli Rocco e Donato Altomare, di Corrado, di Giambattista del Rosso, Nicolò De Simine, Alessandro de Robertis e di Gaetano Di Mola.
Correva il 2011, quando a Molfetta 60 uomini del Corpo Forestale dello Stato, in un'operazione dell'allora sostituto procuratore Antonio Savasta, arrestarono l'ingegnere Rocco Altomare, il figlio Corrado, Donato Altomare, fratello di Rocco, l'architetto Giambattista del Rosso, i geometri Nicolò De Simine e Alessandro de Robertis e l'ingegnere Gaetano Di Mola, tutti professionisti dello studio tecnico A&D s.r.l., oltre all'imprenditore edile molfettese Mauro Spadavecchia.
Gli arrestati erano accusati di associazione a delinquere finalizzata al compimento dei reati di corruzione e concussione oltre che di reati commessi in danno all'ambiente consistenti in vere e proprie lottizzazioni abusive nel territorio di Molfetta, con gravissimi rischi idrogeologici: «Avevano messo le "mani sulla città" gestendo a fini privati l'attività dell'Ufficio Tecnico del Comune di Molfetta» oltre ad «aver messo in piedi un comitato d'affari per la gestione dell'edilizia».
Perno dell'operazione (51 furono le persone indagate, fra titolari di imprese edili, figure professionali nonché proprietari degli immobili beneficiari dei presunti illeciti atti amministrativi, e 9 quelle arrestate, nda) il sequestro - oltre a numerosi immobili (villette, complessi residenziali, cooperative edilizie, due ristoranti) - dell'ex hotel Tritone, per cui si ipotizzava una presunta concussione: il piano regolatore, infatti, ne rendeva impossibile una riconversione ad uso abitativo.
Ieri, dopo 10 anni, il Tribunale di Trani ha emesso una sentenza che ha assolto dal più grave reato di associazione a delinquere, «perché il fatto non sussiste», i fratelli Rocco e Donato Altomare, il figlio del primo, Corrado (assistiti dai legali Giuseppe Modesti e Giuseppe Mariani), l'architetto Giambattista del Rosso, i geometri Nicolò De Simine e Alessandro de Robertis e l'ingegnere Gaetano Di Mola, professionisti dell'A&D s.r.l. (difesi dall'avvocato Marcello Belsito).
Analoga pronuncia assolutoria, per le stesse persone, per la presunta concussione avente ad oggetto l'ex hotel Tritone, «perché il fatto non sussiste». Inoltre è stato stabilito il «non doversi procedere» nei confronti di Mauro Spadavecchia, difeso dagli avvocati Michele Laforgia e Andrea Caló, mentre Corrado e Donato Altomare, Giambattista Del Rosso e Nicolò De Simine sono stati assolti anche dal reato di falso in atto pubblico «per non aver commesso il fatto».
È stato invece disposto il «non doversi procedere» per intervenuta prescrizione, in ordine ai reati, contestati a vario titolo, di abuso d'ufficio, falso e violazione del d.P.R. n.380/01 (riguardanti, in sintesi, presunti abusi per cisterne d'acqua fuori terra, immobili costruiti in prossimità di lama Martina, presunti abusi edilizi) per Pantaleo Guastadisegno, Alessio Marasciuolo, Michele Guastadisegno, Mariangela Germinario, Donato Brillante, Felice Ayroldi, Saverio Lucivero.
E ancora: Rosa Caputo, Rosa Spagnoletta, Giuseppe Petruzzella, Vito Alba, Ignazio De Candia, Corrado De Nichilo, Martino Ayroldi, Giovanni Innominato, Cesarea De Cesare, Onofrio Favuzzi, Maria Gemma Breglia, Cosmo Gadaleta, Adriano Andriani, Valerio Modugno e Giovanni Angelo D'Elia, quest'ultimo difeso dagli avvocati Maurizio Masellis e Tommaso Poli. Nel dispositivo del Tribunale c'è soltanto una condanna, per un reato minore, a carico di Rocco Altomare.
L'ingegnere è stato condannato per falso in atto pubblico, in relazione al Piano dell'Agro, ad 1 anno e 6 mesi (pena sospesa) ed al risarcimento del danno in favore del Comune di Molfetta, costituitosi parte civile, da liquidarsi interamente in un separato giudizio in sede civile. Per questo capo d'imputazione, invece, Corrado e Donato Altomare, Giambattista Del Rosso e Nicolò De Simine sono stati scagionati da ogni accusa «per non aver commesso il fatto», si legge.
Tra 90 giorni avverrà il deposito delle motivazioni della sentenza pronunciata ieri dal Tribunale collegiale di Trani. Una sentenza che pone fine ad una vicenda umana e processuale drammatica che ha visto noti professionisti arrestati, in carcere e ai domiciliari, e accusati, tra le altre cose, per il reato di associazione per delinquere finalizzata al compimento di reati di corruzione e concussione, da cui sono stati tutti completamente assolti «perché il fatto non sussiste».
Cala il sipario, dunque, su quello che il gip di Trani, Roberto Oliveri Del Castillo, a pagina 328 dell'ordinanza definì senza mezze misure il «Sistema Altomare». Le assoluzioni e le conclusioni del procedimento sono inversamente proporzionali al clamore di un'operazione destinata a rimanere nella storia di Molfetta.
Il collegio, retto dal presidente Giulia Pavese, dopo aver preso atto che per la maggior parte degli imputati fosse ormai intervenuta la prescrizione, disponendo dunque il non doversi procedere, ha emesso una sentenza che ribalta le accuse: è infatti caduto l'addebito più grave, quello di associazione a delinquere, il 416 bis, a carico dei fratelli Rocco e Donato Altomare, di Corrado, di Giambattista del Rosso, Nicolò De Simine, Alessandro de Robertis e di Gaetano Di Mola.
Correva il 2011, quando a Molfetta 60 uomini del Corpo Forestale dello Stato, in un'operazione dell'allora sostituto procuratore Antonio Savasta, arrestarono l'ingegnere Rocco Altomare, il figlio Corrado, Donato Altomare, fratello di Rocco, l'architetto Giambattista del Rosso, i geometri Nicolò De Simine e Alessandro de Robertis e l'ingegnere Gaetano Di Mola, tutti professionisti dello studio tecnico A&D s.r.l., oltre all'imprenditore edile molfettese Mauro Spadavecchia.
Gli arrestati erano accusati di associazione a delinquere finalizzata al compimento dei reati di corruzione e concussione oltre che di reati commessi in danno all'ambiente consistenti in vere e proprie lottizzazioni abusive nel territorio di Molfetta, con gravissimi rischi idrogeologici: «Avevano messo le "mani sulla città" gestendo a fini privati l'attività dell'Ufficio Tecnico del Comune di Molfetta» oltre ad «aver messo in piedi un comitato d'affari per la gestione dell'edilizia».
Perno dell'operazione (51 furono le persone indagate, fra titolari di imprese edili, figure professionali nonché proprietari degli immobili beneficiari dei presunti illeciti atti amministrativi, e 9 quelle arrestate, nda) il sequestro - oltre a numerosi immobili (villette, complessi residenziali, cooperative edilizie, due ristoranti) - dell'ex hotel Tritone, per cui si ipotizzava una presunta concussione: il piano regolatore, infatti, ne rendeva impossibile una riconversione ad uso abitativo.
Ieri, dopo 10 anni, il Tribunale di Trani ha emesso una sentenza che ha assolto dal più grave reato di associazione a delinquere, «perché il fatto non sussiste», i fratelli Rocco e Donato Altomare, il figlio del primo, Corrado (assistiti dai legali Giuseppe Modesti e Giuseppe Mariani), l'architetto Giambattista del Rosso, i geometri Nicolò De Simine e Alessandro de Robertis e l'ingegnere Gaetano Di Mola, professionisti dell'A&D s.r.l. (difesi dall'avvocato Marcello Belsito).
Analoga pronuncia assolutoria, per le stesse persone, per la presunta concussione avente ad oggetto l'ex hotel Tritone, «perché il fatto non sussiste». Inoltre è stato stabilito il «non doversi procedere» nei confronti di Mauro Spadavecchia, difeso dagli avvocati Michele Laforgia e Andrea Caló, mentre Corrado e Donato Altomare, Giambattista Del Rosso e Nicolò De Simine sono stati assolti anche dal reato di falso in atto pubblico «per non aver commesso il fatto».
È stato invece disposto il «non doversi procedere» per intervenuta prescrizione, in ordine ai reati, contestati a vario titolo, di abuso d'ufficio, falso e violazione del d.P.R. n.380/01 (riguardanti, in sintesi, presunti abusi per cisterne d'acqua fuori terra, immobili costruiti in prossimità di lama Martina, presunti abusi edilizi) per Pantaleo Guastadisegno, Alessio Marasciuolo, Michele Guastadisegno, Mariangela Germinario, Donato Brillante, Felice Ayroldi, Saverio Lucivero.
E ancora: Rosa Caputo, Rosa Spagnoletta, Giuseppe Petruzzella, Vito Alba, Ignazio De Candia, Corrado De Nichilo, Martino Ayroldi, Giovanni Innominato, Cesarea De Cesare, Onofrio Favuzzi, Maria Gemma Breglia, Cosmo Gadaleta, Adriano Andriani, Valerio Modugno e Giovanni Angelo D'Elia, quest'ultimo difeso dagli avvocati Maurizio Masellis e Tommaso Poli. Nel dispositivo del Tribunale c'è soltanto una condanna, per un reato minore, a carico di Rocco Altomare.
L'ingegnere è stato condannato per falso in atto pubblico, in relazione al Piano dell'Agro, ad 1 anno e 6 mesi (pena sospesa) ed al risarcimento del danno in favore del Comune di Molfetta, costituitosi parte civile, da liquidarsi interamente in un separato giudizio in sede civile. Per questo capo d'imputazione, invece, Corrado e Donato Altomare, Giambattista Del Rosso e Nicolò De Simine sono stati scagionati da ogni accusa «per non aver commesso il fatto», si legge.
Tra 90 giorni avverrà il deposito delle motivazioni della sentenza pronunciata ieri dal Tribunale collegiale di Trani. Una sentenza che pone fine ad una vicenda umana e processuale drammatica che ha visto noti professionisti arrestati, in carcere e ai domiciliari, e accusati, tra le altre cose, per il reato di associazione per delinquere finalizzata al compimento di reati di corruzione e concussione, da cui sono stati tutti completamente assolti «perché il fatto non sussiste».
Cala il sipario, dunque, su quello che il gip di Trani, Roberto Oliveri Del Castillo, a pagina 328 dell'ordinanza definì senza mezze misure il «Sistema Altomare». Le assoluzioni e le conclusioni del procedimento sono inversamente proporzionali al clamore di un'operazione destinata a rimanere nella storia di Molfetta.