Lo chef stellato Felice Lo Basso lascia Milano tra le polemiche: «Vado in Svizzera»
Da marzo sarà operativo nella sua nuova attività a Lugano
martedì 28 gennaio 2025
11.08
Felice Lo Basso, chef 51enne originario di Molfetta e che ha fatto di Milano la sua casa professionale dal 2014, ha preso una decisione drastica: lasciare la città e trasferirsi a Lugano. Una scelta maturata dopo anni di difficoltà crescenti, culminate nella decisione di chiudere il suo ristorante stellato "Felix Lo Basso Home&Restaurant", situato in via Goldoni, il primo febbraio.
Un locale esclusivo con soli 12 coperti, in cui gli ospiti potevano vivere un'esperienza culinaria immersiva e teatrale, seduti al bancone e assaporando un menu a sorpresa scelto dallo chef. «Mi sono stancato di questa vita finta», ha confessato Lo Basso in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, spiegando i motivi che lo hanno portato a questa scelta. A suo dire, Milano non è più quella città vibrante e promettente che veniva raccontata anni fa. «Il turismo non si è mai ripreso dopo il Covid, le persone non hanno più soldi perché la città è troppo cara e gli stipendi sono troppo bassi. Io pago 10 mila euro di affitto al mese per 200 metri quadrati: senza i turisti non si può andare avanti».
Secondo lo chef, i visitatori stranieri, fondamentali per la sopravvivenza dell'alta cucina, scarseggiano. «Mancano completamente i russi e i cinesi, che sono gli unici ad avere capacità di spesa. I milanesi, invece, non escono più a cena. Qui non c'è futuro, la ristorazione è finita: funzionano solo i locali che puntano su musica, dj, drink e belle ragazze. Ma l'alta cucina è un'altra cosa».
Il costo del suo menu, 230 euro a persona bevande escluse, è spesso considerato proibitivo, ma Lo Basso lo difende sottolineando l'immenso lavoro che c'è dietro ogni piatto. «Un ospite da me assaggia 22 portate, cioè 22 processi di cucina. È un lavoro di équipe che comincia ogni mattina alle 9 e si conclude la sera. Se si fa il calcolo, sono 5 euro a piatto: con il food cost, i costi del personale e del locale non si può scendere sotto questa cifra». Tuttavia, la clientela alto spendente italiana è ormai sparita e quella straniera è insufficiente.
Eppure, i numeri sul turismo parlano di un 2024 da record, con nove milioni di visitatori in 12 mesi. Lo chef, però, invita a guardare oltre la superficie. «Bisogna vedere che tipo di turisti sono, e poi il picco si concentra in quattro mesi, quattro mesi e mezzo. Non siamo assolutamente ai livelli pre-pandemia. E, in ogni caso, la città non ha i servizi adeguati per sostenere le imprese». Tra i problemi principali, Lo Basso cita il trasporto pubblico e la sicurezza. «La metro chiude a mezzanotte. I miei ragazzi della brigata e della sala devono andarsene alle 23, altrimenti non sanno più come tornare a casa. Lo stesso vale per i clienti: dopo una certa ora i mezzi pubblici scarseggiano. Inoltre, c'è un problema di sicurezza: sotto casa mia hanno rubato due auto e scippato una signora in pieno giorno, e abito in centro».
Anche il racconto della città, a suo dire, è distorto. «Si parla solo dei prezzi dell'immobiliare, ma Milano ha mille problemi. Le persone non riescono a viverci: non hanno abbastanza soldi. Però si continua a raccontare di una città vibrante, dove aprono tanti locali, peccato che dopo sei mesi chiudano. Oggi un grande chef non verrebbe mai a Milano: qui funzionano molto di più i ristoranti etnici e di cibo dal mondo rispetto a quelli italiani. Così si fa morire la nostra cucina».
Lo chef punta il dito anche contro i bassi stipendi, evidenziando un paradosso: «Un giovane chef dipendente guadagna di più al Sud, 1800-2000 euro. A Milano se ne prendono 1300-1400. Chi può vivere così?». Non stupisce, quindi, che ci sia «una fila di chef pronti ad andarsene, e chi lo ha fatto è andato a stare meglio».
Nonostante l'amarezza, Lo Basso non rinnega le esperienze vissute a Milano. «Qui ho fatto cose bellissime: a partire da Unico, il ristorante in cui sono arrivato nel 2014 e che in tre mesi ha preso la stella. Poi Felix Lo Basso Restaurant in Duomo, che ha ricevuto la stella subito. Ma con il Covid il proprietario dei muri non ha rinnovato l'affitto. Nel 2020 ho aperto Felix Lo Basso Home&Restaurant, stellato immediatamente. Questo significa che lavorare so lavorare. Però, a Milano — e in tutta Italia — non funziona più l'alta cucina. Funzionano solo i locali che fanno intrattenimento».
Ora, Lo Basso guarda avanti. Il 20 febbraio aprirà il suo nuovo ristorante a Lugano, e dal 1 marzo sarà pienamente operativo. «Avrò un locale a mio nome, Felix Lo Basso Restaurant, che sarà uno spazio polivalente: bistrot con tre sale, aperitivi, eventi e un fine dining da 12 coperti come a Milano. Ma il solo fine dining non si può più fare, è morto. In Svizzera, però, tutto funziona: la qualità della vita è alta, c'è capacità di spesa, c'è sicurezza. Mio figlio Lorenzo, che ha otto mesi, avrà sicuramente un futuro migliore lì».
Un locale esclusivo con soli 12 coperti, in cui gli ospiti potevano vivere un'esperienza culinaria immersiva e teatrale, seduti al bancone e assaporando un menu a sorpresa scelto dallo chef. «Mi sono stancato di questa vita finta», ha confessato Lo Basso in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, spiegando i motivi che lo hanno portato a questa scelta. A suo dire, Milano non è più quella città vibrante e promettente che veniva raccontata anni fa. «Il turismo non si è mai ripreso dopo il Covid, le persone non hanno più soldi perché la città è troppo cara e gli stipendi sono troppo bassi. Io pago 10 mila euro di affitto al mese per 200 metri quadrati: senza i turisti non si può andare avanti».
Secondo lo chef, i visitatori stranieri, fondamentali per la sopravvivenza dell'alta cucina, scarseggiano. «Mancano completamente i russi e i cinesi, che sono gli unici ad avere capacità di spesa. I milanesi, invece, non escono più a cena. Qui non c'è futuro, la ristorazione è finita: funzionano solo i locali che puntano su musica, dj, drink e belle ragazze. Ma l'alta cucina è un'altra cosa».
Il costo del suo menu, 230 euro a persona bevande escluse, è spesso considerato proibitivo, ma Lo Basso lo difende sottolineando l'immenso lavoro che c'è dietro ogni piatto. «Un ospite da me assaggia 22 portate, cioè 22 processi di cucina. È un lavoro di équipe che comincia ogni mattina alle 9 e si conclude la sera. Se si fa il calcolo, sono 5 euro a piatto: con il food cost, i costi del personale e del locale non si può scendere sotto questa cifra». Tuttavia, la clientela alto spendente italiana è ormai sparita e quella straniera è insufficiente.
Eppure, i numeri sul turismo parlano di un 2024 da record, con nove milioni di visitatori in 12 mesi. Lo chef, però, invita a guardare oltre la superficie. «Bisogna vedere che tipo di turisti sono, e poi il picco si concentra in quattro mesi, quattro mesi e mezzo. Non siamo assolutamente ai livelli pre-pandemia. E, in ogni caso, la città non ha i servizi adeguati per sostenere le imprese». Tra i problemi principali, Lo Basso cita il trasporto pubblico e la sicurezza. «La metro chiude a mezzanotte. I miei ragazzi della brigata e della sala devono andarsene alle 23, altrimenti non sanno più come tornare a casa. Lo stesso vale per i clienti: dopo una certa ora i mezzi pubblici scarseggiano. Inoltre, c'è un problema di sicurezza: sotto casa mia hanno rubato due auto e scippato una signora in pieno giorno, e abito in centro».
Anche il racconto della città, a suo dire, è distorto. «Si parla solo dei prezzi dell'immobiliare, ma Milano ha mille problemi. Le persone non riescono a viverci: non hanno abbastanza soldi. Però si continua a raccontare di una città vibrante, dove aprono tanti locali, peccato che dopo sei mesi chiudano. Oggi un grande chef non verrebbe mai a Milano: qui funzionano molto di più i ristoranti etnici e di cibo dal mondo rispetto a quelli italiani. Così si fa morire la nostra cucina».
Lo chef punta il dito anche contro i bassi stipendi, evidenziando un paradosso: «Un giovane chef dipendente guadagna di più al Sud, 1800-2000 euro. A Milano se ne prendono 1300-1400. Chi può vivere così?». Non stupisce, quindi, che ci sia «una fila di chef pronti ad andarsene, e chi lo ha fatto è andato a stare meglio».
Nonostante l'amarezza, Lo Basso non rinnega le esperienze vissute a Milano. «Qui ho fatto cose bellissime: a partire da Unico, il ristorante in cui sono arrivato nel 2014 e che in tre mesi ha preso la stella. Poi Felix Lo Basso Restaurant in Duomo, che ha ricevuto la stella subito. Ma con il Covid il proprietario dei muri non ha rinnovato l'affitto. Nel 2020 ho aperto Felix Lo Basso Home&Restaurant, stellato immediatamente. Questo significa che lavorare so lavorare. Però, a Milano — e in tutta Italia — non funziona più l'alta cucina. Funzionano solo i locali che fanno intrattenimento».
Ora, Lo Basso guarda avanti. Il 20 febbraio aprirà il suo nuovo ristorante a Lugano, e dal 1 marzo sarà pienamente operativo. «Avrò un locale a mio nome, Felix Lo Basso Restaurant, che sarà uno spazio polivalente: bistrot con tre sale, aperitivi, eventi e un fine dining da 12 coperti come a Milano. Ma il solo fine dining non si può più fare, è morto. In Svizzera, però, tutto funziona: la qualità della vita è alta, c'è capacità di spesa, c'è sicurezza. Mio figlio Lorenzo, che ha otto mesi, avrà sicuramente un futuro migliore lì».