La settimana Santa a tavola: pizzaridd (pizzarello), scarcella o “ù benedit”

La tradizione culinaria locale raccontata dal presidente dell’Associazione cuochi baresi, Franco Lanza

mercoledì 1 aprile 2015 7.14
A cura di Rosanna Buzzerio
Riti, tradizioni, usanze, quelle del periodo quaresimale e della settimana Santa che si perdono nella notte dei tempi, che parlano ancora oggi di una fervida religiosità e di un momento di grande attrazione turistica, dove la città si permea ancora di profumi e sapori tipici.

Sono proprio quei profumi e quei sapori a scandire anche dal punto di vista culinario la ritualità della settimana Santa.
Basta dire: ù pizzaridd (pizzarello), scarcella o "ù benedit" che subito si pensa al periodo pasquale.

In questo viaggio nei sapori della settimana santa ci siamo fatti guidare dal presidente dell'Associazione cuochi baresi, Franco Lanza.

Il pizzarello (ù pizzaridd) è una particolare forma di pane ovale la cui caratteristica sono le punte, farcito con tonno e olio di oliva. «La tradizione vuole - come ci racconta il presidente dell'associazione cuochi baresi, Franco Lanza - che fosse la colazione dei confratelli, allora come oggi i 5 misteri uscivano di notte e lungo il percorso della processione c'erano diverse bancarelle che offrivano questo "pasto" da consumare per strada, possiamo definirlo il primo "street food"». La tradizione voleva che il pizzarello si mangiasse il venerdì santo, ma oggi è il simbolo culinario molfettese della settimana santa, e anche il semplice pane con il tonno si è arricchito di altri ingredienti come i capperi e i pomodorini a seconda dei gusti.
«Invece, una tradizione che si è persa- ci dice il presidente – è la "venneziene" (la veneziana) che era la cioccolata calda che veniva offerta il venerdì santo ai confratelli prima della processione per riscaldarsi. Il nome forse è legato a Venezia dove sono nate le prime cioccolaterie e qualche marittimo poi ha importato il cioccolato caldo a Molfetta, essendo una particolarità per quel tempo si utilizzava solo per il venerdì santo. Dobbiamo ricordare che, in altri tempi, particolari alimenti scandivano gli eventi, o meglio erano essi stessi un evento, una tradizione. Oggi la cioccolata calda la possiamo bere ovunque».

Per tradizioni culinarie che scompaiono, altre, come la preparazione della scarcella, rimangono solide anche ai tempi nostri. Sulla tavola dei molfettesi il giorno di Pasqua non può mancare. «In realtà la scarcella non è un tipico dolce pasquale molfettese, - aggiunge Franco Lanza - nel senso che un dolce che si fa in diverse parti della regione, ma la caratteristica tutta molfettese è che la pasta frolla all'olio extravergine di oliva è farcita con confettura di amarena o mele cotogne e pasta di mandorla. Tradizione voleva che la festa della scarcella si tenesse alla Madonna dei Martiri la domenica successiva a quella di Pasqua. Altra caratteristica era la sua forma che simulava una borsetta con il manico. Non dimentichiamo che scarcédde significa scarcerare, liberare, non a caso sulle scarcelle si mette un uovo chiuso con due bastoncini di pasta frolla togliendoli liberano l'uovo simbolo di vita. Altra particolarità il "giuleppe" è una glassa composta di albume e zucchero che viene fatta cuocere a bagnomaria a fuoco dolce, una sorta di meringa all'italiana, che viene spennellata sulle scarcelle, decorate e lasciate asciugare».

Il presidente dell'Associazione cuochi baresi chiude il suo viaggio nelle tradizioni culinarie molfettesi con «"ù benedit", ossia l'agnello al forno con i piselli e un battuto di uova e parmigiano, presente in tutte le tavole molfettesi nel giorno di Pasqua».