«La pace non può più attendere»: il messaggio di Pasqua del vescovo Cornacchia
Un invito a custodire la speranza, un monito contro la guerra
domenica 20 aprile 2025
In un tempo segnato da conflitti laceranti e da immagini di distruzione che scuotono le coscienze, la voce della Chiesa si leva per ricordare che la pace non è un'utopia, ma un compito concreto. A pochi giorni dalla Pasqua, il vescovo Domenico Cornacchia ha diffuso un messaggio alla diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, che è molto più di un augurio pasquale: è un appello urgente, rivolto ai cuori e alle coscienze.
La guerra in Ucraina, il dramma in Terra Santa, le continue violenze contro i civili e le strutture sanitarie, sono le ferite aperte che il vescovo indica come grido d'allarme per la comunità cristiana e per l'umanità intera. In un passaggio centrale del suo scritto, egli afferma:
«La pace, infatti, non è solo il frutto della vittoria di Cristo sul male, ma anche il dono che Egli affida ai suoi discepoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Gv 14,27). Davanti a tutto questo, la nostra coscienza di credenti non può restare inerte».
Il vescovo Domenico richiama con forza la responsabilità individuale e collettiva di ogni cittadino, esortando le istituzioni, la Chiesa, ma anche le famiglie e le comunità, a scegliere la via del dialogo e del disarmo. E cita con convinzione le parole di Papa Francesco: «La guerra è un fallimento della politica e dell'umanità, una resa vergognosa di fronte alle forze del male».
Il messaggio non si limita a denunciare, ma propone anche uno stile di vita, quasi un manifesto quotidiano della pace possibile. Scrive ancora:
«La pace riguarda ciascuno di noi. Siamo chiamati a viverla nel nostro linguaggio, nelle relazioni, nelle famiglie, nelle comunità:
• Scegliamo parole che non feriscono, ma ricuciono.
• Ascoltiamo chi ci è vicino, soprattutto quando è più difficile.
• Perdoniamo, anche quando costa.
• Insegniamo ai nostri figli la cura, non l'odio».
Concludendo, il vescovo affida il cammino alla protezione di Maria, Regina della Pace, e ribadisce con umiltà ma anche con urgenza:
«Vi dico con umiltà e determinazione: la pace non può più attendere».
La guerra in Ucraina, il dramma in Terra Santa, le continue violenze contro i civili e le strutture sanitarie, sono le ferite aperte che il vescovo indica come grido d'allarme per la comunità cristiana e per l'umanità intera. In un passaggio centrale del suo scritto, egli afferma:
«La pace, infatti, non è solo il frutto della vittoria di Cristo sul male, ma anche il dono che Egli affida ai suoi discepoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Gv 14,27). Davanti a tutto questo, la nostra coscienza di credenti non può restare inerte».
Il vescovo Domenico richiama con forza la responsabilità individuale e collettiva di ogni cittadino, esortando le istituzioni, la Chiesa, ma anche le famiglie e le comunità, a scegliere la via del dialogo e del disarmo. E cita con convinzione le parole di Papa Francesco: «La guerra è un fallimento della politica e dell'umanità, una resa vergognosa di fronte alle forze del male».
Il messaggio non si limita a denunciare, ma propone anche uno stile di vita, quasi un manifesto quotidiano della pace possibile. Scrive ancora:
«La pace riguarda ciascuno di noi. Siamo chiamati a viverla nel nostro linguaggio, nelle relazioni, nelle famiglie, nelle comunità:
• Scegliamo parole che non feriscono, ma ricuciono.
• Ascoltiamo chi ci è vicino, soprattutto quando è più difficile.
• Perdoniamo, anche quando costa.
• Insegniamo ai nostri figli la cura, non l'odio».
Concludendo, il vescovo affida il cammino alla protezione di Maria, Regina della Pace, e ribadisce con umiltà ma anche con urgenza:
«Vi dico con umiltà e determinazione: la pace non può più attendere».