Quarantena a far datteri: denunciati pescatori, sequestrati oltre 17 chili
L'operazione sulla litoranea a nord della città: quattro dattaroli colti sul fatto, il pescato è stato rigettato in mare
domenica 19 aprile 2020
15.28
Posti sotto sequestro penale, questa mattina, 17,1 chilogrammi di datteri di mare, Lithophaga lithophaga, pescati di frodo poche ore prima lungo il litorale a nord di Molfetta.
L'attività è stata condotta dai militari della Capitaneria di Porto di Molfetta, col coordinamento del 6° Centro di Controllo Area Pesca della Direzione Marittima di Bari, che sono intervenuti riuscendo a cogliere sul fatto quattro pescatori in possesso del prodotto proibito, che erano stati monitorati già durante l'attività di pesca e si stavano ormai allontanando con un'autovettura, intercettata in tempo dai militari appena prima di uscire dal porto.
«I datteri di mare - si legge in una nota - appartengono ad una specie protetta ai sensi della direttiva Habitat 92/42/CEE (attuata dall'Italia con DPR n.357/1997), in quanto si tratta di molluschi che scavano la propria tana perforando le rocce sul fondale marino, impiegando però tempi lunghissimi, decine di anni per raggiungere la lunghezza anche solo di pochi centimetri, da cui la vulnerabilità e quindi l'esigenza di tutelarne gli esemplari.
Inoltre, la pesca dei datteri di mare, che è vietata dalla legge e prevista come reato, come pure lo sbarco, la detenzione ed il commercio - ricorda ancora la Guardia Costiera - comporta la fratturazione della roccia per poter estrarre il mollusco dal suo alloggiamento, e questa pratica provoca la distruzione dell'habitat e di tutto l'ecosistema marino costituito dal fondo roccioso, con perdita irrimediabile di biodiversità».
Per assicurarsi il prodotto, che è probabile avrebbe fruttato alla pesca illegale una cifra ragguardevole, è stata utilizzata una pesante mazzetta e pinze di metallo per estrarre ogni mollusco dalla roccia, arrivando a deturpare verosimilmente diversi metri quadrati di fondale.
I militari hanno posto sotto sequestro anche l'attrezzatura servita a compiere il reato, tra cui una bombola per immersione subacquea, mazzetta e pinze, mentre i soggetti autori dell'illecito sono stati deferiti all'Autorità Giudiziaria per aver violato il combinato disposto del regolamento comunitario che disciplina la pesca nel Mediterraneo e della legge nazionale sulla pesca marittima, che prevede l'arresto da 2 mesi a 2 anni o l'ammenda da 2.000 a 12.000 euro.
Tra l'altro, è stato contestato anche l'illecito amministrativo per la violazione delle misure per il contenimento dell'emergenza da Covid-19.
I datteri di mare sequestrati, frutto di un inutile scempio, sono stati subito distrutti e rigettati in mare ai sensi di legge dai militari della Capitaneria di Porto di Molfetta, le cui attività di controllo lungo tutto il litorale di Molfetta, a tutela dell'ambiente marino e costiero e lungo la filiera della pesca marittima, continueranno anche nei prossimi giorni.
«Resta l'appello - termina la Guardia Costiera - a non richiedere e a non consumare per nessun motivo questo prodotto, la cui protezione risponde a comprensibili ed importanti esigenze di salvaguardia ambientale, non solo della singola specie protetta, ma anche dell'intero ecosistema che la ospita».
L'attività è stata condotta dai militari della Capitaneria di Porto di Molfetta, col coordinamento del 6° Centro di Controllo Area Pesca della Direzione Marittima di Bari, che sono intervenuti riuscendo a cogliere sul fatto quattro pescatori in possesso del prodotto proibito, che erano stati monitorati già durante l'attività di pesca e si stavano ormai allontanando con un'autovettura, intercettata in tempo dai militari appena prima di uscire dal porto.
«I datteri di mare - si legge in una nota - appartengono ad una specie protetta ai sensi della direttiva Habitat 92/42/CEE (attuata dall'Italia con DPR n.357/1997), in quanto si tratta di molluschi che scavano la propria tana perforando le rocce sul fondale marino, impiegando però tempi lunghissimi, decine di anni per raggiungere la lunghezza anche solo di pochi centimetri, da cui la vulnerabilità e quindi l'esigenza di tutelarne gli esemplari.
Inoltre, la pesca dei datteri di mare, che è vietata dalla legge e prevista come reato, come pure lo sbarco, la detenzione ed il commercio - ricorda ancora la Guardia Costiera - comporta la fratturazione della roccia per poter estrarre il mollusco dal suo alloggiamento, e questa pratica provoca la distruzione dell'habitat e di tutto l'ecosistema marino costituito dal fondo roccioso, con perdita irrimediabile di biodiversità».
Per assicurarsi il prodotto, che è probabile avrebbe fruttato alla pesca illegale una cifra ragguardevole, è stata utilizzata una pesante mazzetta e pinze di metallo per estrarre ogni mollusco dalla roccia, arrivando a deturpare verosimilmente diversi metri quadrati di fondale.
I militari hanno posto sotto sequestro anche l'attrezzatura servita a compiere il reato, tra cui una bombola per immersione subacquea, mazzetta e pinze, mentre i soggetti autori dell'illecito sono stati deferiti all'Autorità Giudiziaria per aver violato il combinato disposto del regolamento comunitario che disciplina la pesca nel Mediterraneo e della legge nazionale sulla pesca marittima, che prevede l'arresto da 2 mesi a 2 anni o l'ammenda da 2.000 a 12.000 euro.
Tra l'altro, è stato contestato anche l'illecito amministrativo per la violazione delle misure per il contenimento dell'emergenza da Covid-19.
I datteri di mare sequestrati, frutto di un inutile scempio, sono stati subito distrutti e rigettati in mare ai sensi di legge dai militari della Capitaneria di Porto di Molfetta, le cui attività di controllo lungo tutto il litorale di Molfetta, a tutela dell'ambiente marino e costiero e lungo la filiera della pesca marittima, continueranno anche nei prossimi giorni.
«Resta l'appello - termina la Guardia Costiera - a non richiedere e a non consumare per nessun motivo questo prodotto, la cui protezione risponde a comprensibili ed importanti esigenze di salvaguardia ambientale, non solo della singola specie protetta, ma anche dell'intero ecosistema che la ospita».