La Curione: «Gli arrestati legati ai clan Di Cosola e Diomede»
L'inchiesta è partita nel 2015. Da lì è stato svelato il traffico di stupefacenti. E il collegamento con i clan di Bari
martedì 31 ottobre 2017
15.35
L'inchiesta dei Carabinieri della Compagnia di Molfetta, diretti dal capitano Vito Ingrosso, è partita dal tentato omicidio di Cosma Damiano Grosso, avvenuto nel settembre 2015 durante la festa patronale. Il responsabile è stato individuato nel barese Nicola Abbrescia, da tempo trasferitosi a Molfetta.
«È un'indagine - ha spiegato il sostituto procuratore tranese, Silvia Curione - che parte con un antefatto storico particolare: l'episodio violento del 12 settembre 2015. Le indagini hanno consentito di sequestrare la mitraglietta che è stata utilizzata per questo episodio e quindi di risalire all'identità dell'autore materiale del fatto, attraverso una serie di captazioni e di dichiarazioni che si sono perfettamente intersecate consentendo ai Carabinieri di individuare l'autore del reato».
Da lì è stato svelato il traffico di stupefacenti tra Molfetta, Giovinazzo e Bitonto: «Le indagini, quindi, sono partite con questo antefatto di natura violenta - ha proseguito la Curione - ed hanno consentito di svelare uno spaccato che in quel momento non era ancora noto, ovvero quello della gestione capillare del traffico degli stupefacenti nel territorio di Molfetta, ma anche di Giovinazzo e di Bitonto».
Svelato, soprattutto, un collegamento con i clan baresi dei Di Cosola e dei Diomede: «Ci sono vari aspetti di interesse investigativo in questa indagine: primo fra tutti - ha evidenziato la Curione - il collegamento acclarato tra i soggetti tratti in arresto ed alcuni clan baresi, in particolare il clan Di Cosola e il clan Diomede. Alcuni episodi di rifornimento delle sostanze stupefacenti si sono svolti proprio nel quartiere Japigia, un quartiere molto florido da questo punto di vista».
«Si è svelato - ha detto ancora il sostituto procuratore di Trani - uno scenario criminale sconosciuto, ovvero uno stabile collegamento fra alcuni soggetti criminali pregiudicati del territorio Bat con i clan baresi. Non a caso alcuni dei soggetti hanno anche un passato criminale di spessore: fra gli arrestati c'è un soggetto che ha una condanna in primo grado per 416 bis».
«Inoltre - ha precisato - ci sono anche due soggetti di sesso femminile che appartengono ad altrettante famiglie criminali molto note, la famiglia Fiore di Molfetta e la famiglia Caracciolese del quartiere Japigia di Bari».
Secondo l'accusa è stato acclarato l'utilizzo di minorenni per lo spaccio o, comunque, soggetti nati negli anni '90: «Questo ci fa comprendere - ha evidenziato la Curione - che ci troviamo di fronte ad una nuova generazione di soggetti dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti, i quali hanno dimostrato una capacità organizzativa degna di rispetto, sui territori di Molfetta, Giovinazzo e Bitonto, facendo leva su una serie di vedette e di intermediari».
Anche gli esponenti arrestati potevano andare avanti nelle loro attività grazie alla collaborazione dei minori. Frequente anche il ricorso a Facebook e WhatsApp per lo spaccio: «In un caso - ha ricordato ancora la Curione - lo spaccio a Molfetta si è verificato attraverso una imbarcazione ormeggiata nel porto, utilizzata come strumento per lo scambio della sostanza stupefacente».
Usavano WhatsApp per comunicare tra di loro e uno dei soggetti usava Facebook nonostante fosse ai domiciliari e comunicava attraverso Messenger: «Le indagini, inoltre, hanno consentito di accertare che da un certo momento in poi lo spaccio a Molfetta non è stato più libero, ovvero non è stato più consentito a gruppi autonomi che si autogestissero l'attività criminosa».
«C'è stato infatti un collegamento, tramite gli arrestati di Giovinazzo, con la realtà barese. In alcuni servizi di osservazione e controllo condotti dai Carabinieri della Compagnia di Molfetta, - ha rivelato la Curione - alcuni pregiudicati sono stati monitorati nel momento in cui si sono spostati a Bari, nel quartiere Japigia, dove è avvenuto materialmente il rifornimento delle sostanze stupefacenti».
«L'indagine - ha terminato - ha consentito di accertare un vertice, che noi però non abbiamo individuato, di soggetti criminali baresi dai quali promanano questi flussi di stupefacenti. Flussi che, per quanto riguarda il territorio della Bat, sono stati gestiti dai soggetti che abbiamo arrestato».
«È un'indagine - ha spiegato il sostituto procuratore tranese, Silvia Curione - che parte con un antefatto storico particolare: l'episodio violento del 12 settembre 2015. Le indagini hanno consentito di sequestrare la mitraglietta che è stata utilizzata per questo episodio e quindi di risalire all'identità dell'autore materiale del fatto, attraverso una serie di captazioni e di dichiarazioni che si sono perfettamente intersecate consentendo ai Carabinieri di individuare l'autore del reato».
Da lì è stato svelato il traffico di stupefacenti tra Molfetta, Giovinazzo e Bitonto: «Le indagini, quindi, sono partite con questo antefatto di natura violenta - ha proseguito la Curione - ed hanno consentito di svelare uno spaccato che in quel momento non era ancora noto, ovvero quello della gestione capillare del traffico degli stupefacenti nel territorio di Molfetta, ma anche di Giovinazzo e di Bitonto».
Svelato, soprattutto, un collegamento con i clan baresi dei Di Cosola e dei Diomede: «Ci sono vari aspetti di interesse investigativo in questa indagine: primo fra tutti - ha evidenziato la Curione - il collegamento acclarato tra i soggetti tratti in arresto ed alcuni clan baresi, in particolare il clan Di Cosola e il clan Diomede. Alcuni episodi di rifornimento delle sostanze stupefacenti si sono svolti proprio nel quartiere Japigia, un quartiere molto florido da questo punto di vista».
«Si è svelato - ha detto ancora il sostituto procuratore di Trani - uno scenario criminale sconosciuto, ovvero uno stabile collegamento fra alcuni soggetti criminali pregiudicati del territorio Bat con i clan baresi. Non a caso alcuni dei soggetti hanno anche un passato criminale di spessore: fra gli arrestati c'è un soggetto che ha una condanna in primo grado per 416 bis».
«Inoltre - ha precisato - ci sono anche due soggetti di sesso femminile che appartengono ad altrettante famiglie criminali molto note, la famiglia Fiore di Molfetta e la famiglia Caracciolese del quartiere Japigia di Bari».
Secondo l'accusa è stato acclarato l'utilizzo di minorenni per lo spaccio o, comunque, soggetti nati negli anni '90: «Questo ci fa comprendere - ha evidenziato la Curione - che ci troviamo di fronte ad una nuova generazione di soggetti dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti, i quali hanno dimostrato una capacità organizzativa degna di rispetto, sui territori di Molfetta, Giovinazzo e Bitonto, facendo leva su una serie di vedette e di intermediari».
Anche gli esponenti arrestati potevano andare avanti nelle loro attività grazie alla collaborazione dei minori. Frequente anche il ricorso a Facebook e WhatsApp per lo spaccio: «In un caso - ha ricordato ancora la Curione - lo spaccio a Molfetta si è verificato attraverso una imbarcazione ormeggiata nel porto, utilizzata come strumento per lo scambio della sostanza stupefacente».
Usavano WhatsApp per comunicare tra di loro e uno dei soggetti usava Facebook nonostante fosse ai domiciliari e comunicava attraverso Messenger: «Le indagini, inoltre, hanno consentito di accertare che da un certo momento in poi lo spaccio a Molfetta non è stato più libero, ovvero non è stato più consentito a gruppi autonomi che si autogestissero l'attività criminosa».
«C'è stato infatti un collegamento, tramite gli arrestati di Giovinazzo, con la realtà barese. In alcuni servizi di osservazione e controllo condotti dai Carabinieri della Compagnia di Molfetta, - ha rivelato la Curione - alcuni pregiudicati sono stati monitorati nel momento in cui si sono spostati a Bari, nel quartiere Japigia, dove è avvenuto materialmente il rifornimento delle sostanze stupefacenti».
«L'indagine - ha terminato - ha consentito di accertare un vertice, che noi però non abbiamo individuato, di soggetti criminali baresi dai quali promanano questi flussi di stupefacenti. Flussi che, per quanto riguarda il territorio della Bat, sono stati gestiti dai soggetti che abbiamo arrestato».