L’artigianato di Molfetta è ancora vivo: la storia di Michele Amato
Le sue creazioni di oreficeria l’hanno reso noto in Italia e all’estero
mercoledì 10 aprile 2019
07.00
Seguire la propria ispirazione non è mai facile, soprattutto quando fare ciò implica non seguire i binari più convenzionali. Passione e caparbietà possono essere due motori decisivi anche per i percorsi più in salita ed è proprio su questi due elementi che si fonda la storia di Michele Amato, orafo molfettese che da decenni ormai esporta le sue creazioni in tutta Italia e anche in terra straniera. Michele ci ha raccontato la sua storia, partendo dalle origini di questa sua scelta di vita fino ad arrivare agli ultimi successi.
Il suo interesse per la lavorazione dei metalli ha radici lontanissime: «Quando avevo appena 5-6 anni trascorrevo molto tempo con mia zia che faceva la sarta e ricordo che mi piaceva sfogliare le riviste di moda. Ciò che più mi colpiva di quei giornali, già in quel momento, erano proprio i gioielli. Durante gli anni di scuola media è emersa poi la mia propensione per il disegno e i miei insegnanti mi proposero di proseguire gli studi in una scuola artistica e, dopo attente valutazioni, ho scelto di trasferirmi ad Arezzo per frequentare la Scuola d'Arte orafa. I miei genitori sono stati molto coraggiosi nel lasciarmi andare a vivere da solo già a 14 anni per permettermi di seguire la mia grande passione. Dopo tre anni vissuti in convitto ad Arezzo sono tornato a Corato per terminare la scuola, in quanto avevo già iniziato ad alternare gli studi mattutini al lavoro nel pomeriggio. Dopo il servizio militare ho potuto aprire la mia prima bottega, minuscola, di appena due metri quadrati. Ho iniziato veramente dal nulla e sono stato caparbio nel voler fare qualcosa che era fuori dallo standard della fine degli Anni Ottanta, quando avevano iniziato a spopolare le gioiellerie che vendevano in grandi quantità per eventi e cerimonie. Inizialmente non è stato facile perché il cliente era molto più attirato dalla possibilità di avere direttamente il prodotto finito piuttosto che dal fatto di recarsi nel laboratorio di un artigiano per poter illustrare la sua esigenza. Spesso, soprattutto nel Meridione, non si ha il desiderio di mettersi in gioco con un prodotto in lavorazione che come opera creativa ha comunque bisogno di una certa fantasia. Con il passare del tempo ho conquistato una piccola nicchia di clienti che hanno apprezzato la mia sensibilità nel voler produrre sempre qualcosa che rispecchi l'identità del cliente stesso, che ne possa cogliere le sue sfumature e persino il suo stato d'animo quando richiede un certo prodotto di oreficeria. Ecco, questo è stato il mio punto di partenza per arrivare dove sono oggi».
Grazie al crescente successo riscontrato prima a livello locale e poi su scala nazionale, Michele Amato ha potuto confrontarsi con colleghi sparsi per l'Italia ma conservando sempre la propria originalità: «Un principio fondamentale del mio operato è l'assoluta unicità di ogni singolo manufatto. Non ripeto mai per due volte uno stesso prodotto perché il mio obiettivo è sempre adeguare il risultato finale alle sensazioni che mi vengono suscitate dal contatto diretto con il cliente. Riuscire a cogliere quello che sente e vederlo appagato quando poi osserva il mio operato realizzato è la mia maggiore fonte di soddisfazione, che non ha prezzo. Mi piace operare in sordina, senza grandi proclami e senza quel risalto mediatico che di questi tempi può fare la differenza. Preferisco che siano gli eventi a parlare e quanto fatto in questi anni di lavoro mi ha confermato la bontà di questo mio approccio alla produzione artistica». I fatti parlano chiaro e la chiamata giunta dal Festival del Cinema Europeo di Lecce a partire dal 2010 e per tutte le edizioni successive non è un caso, così come la sua convocazione da parte del Comitato Olimpico europeo per le Olimpiadi giovanili del 2017 e del 2019. In entrambi i casi la richiesta è stata la stessa: produrre quelli che sarebbero stati i premi per i migliori film, registi e attori nonché per gli atleti vincitori delle diverse gare. Un marchio di fabbrica di questo successo internazionale degli ultimi anni è dato dall'ulivo, da lui prodotto sempre in maniera innovativa per i vari committenti ma sempre con lo stesso significato: «L'ulivo per me rappresenta l'idea di casa. Sono molto legato alle mie radici e alla mia terra, per questa ragione ho scelto quasi spontaneamente di indirizzare la mia vena creativa su questa figura. Tante volte ho avuto l'occasione di spostarmi ma non ho mai avuto la volontà di lasciare Molfetta perché un legame viscerale mi terrà sempre ancorato qui. Pur restando in questa realtà di periferia mi sono tolto tante soddisfazioni perché vedere grandi personaggi del cinema come Tony Servillo e Stefania Sandrelli emozionati davanti alle mie opere mi ha reso orgoglioso di aver fatto di questa passione la mia ragione di vita. Il gradimento di qualsiasi cliente e lo sguardo di quando vedono per la prima volta realizzata quell'idea che tu stesso hai tirato fuori dalla loro mente mi ripagano di tutto il lavoro e di tutta la fatica che ogni giorno, con lo stesso entusiasmo del primo, spendo nella mia bottega».
Due figure importanti nell'ultimo decennio costellato di soddisfazioni per Michele Amato sono state Alberto La Monica, direttore del Festival del Cinema Europeo, e Alfredo Accatino, direttore creativo per la Filmmaster Events nell'ambito dei Giochi Olimpici giovanili europei. Proprio per questa manifestazione sportiva, venerdì 12 aprile alle ore 17, ci sarà la presentazione del secondo ulivo d'oro con una cerimonia all'Ara Pacis di Roma a cui prenderà parte proprio l'artefice degli splendidi manufatti. Insomma, la storia di questo nostro concittadino insegna a credere ancora nel gusto del bello e soprattutto a seguire le proprie attitudini senza condizionamenti perché, dopotutto, chi è destinato ad emergere lo farà sempre e comunque grazie alle proprie qualità.
Il suo interesse per la lavorazione dei metalli ha radici lontanissime: «Quando avevo appena 5-6 anni trascorrevo molto tempo con mia zia che faceva la sarta e ricordo che mi piaceva sfogliare le riviste di moda. Ciò che più mi colpiva di quei giornali, già in quel momento, erano proprio i gioielli. Durante gli anni di scuola media è emersa poi la mia propensione per il disegno e i miei insegnanti mi proposero di proseguire gli studi in una scuola artistica e, dopo attente valutazioni, ho scelto di trasferirmi ad Arezzo per frequentare la Scuola d'Arte orafa. I miei genitori sono stati molto coraggiosi nel lasciarmi andare a vivere da solo già a 14 anni per permettermi di seguire la mia grande passione. Dopo tre anni vissuti in convitto ad Arezzo sono tornato a Corato per terminare la scuola, in quanto avevo già iniziato ad alternare gli studi mattutini al lavoro nel pomeriggio. Dopo il servizio militare ho potuto aprire la mia prima bottega, minuscola, di appena due metri quadrati. Ho iniziato veramente dal nulla e sono stato caparbio nel voler fare qualcosa che era fuori dallo standard della fine degli Anni Ottanta, quando avevano iniziato a spopolare le gioiellerie che vendevano in grandi quantità per eventi e cerimonie. Inizialmente non è stato facile perché il cliente era molto più attirato dalla possibilità di avere direttamente il prodotto finito piuttosto che dal fatto di recarsi nel laboratorio di un artigiano per poter illustrare la sua esigenza. Spesso, soprattutto nel Meridione, non si ha il desiderio di mettersi in gioco con un prodotto in lavorazione che come opera creativa ha comunque bisogno di una certa fantasia. Con il passare del tempo ho conquistato una piccola nicchia di clienti che hanno apprezzato la mia sensibilità nel voler produrre sempre qualcosa che rispecchi l'identità del cliente stesso, che ne possa cogliere le sue sfumature e persino il suo stato d'animo quando richiede un certo prodotto di oreficeria. Ecco, questo è stato il mio punto di partenza per arrivare dove sono oggi».
Grazie al crescente successo riscontrato prima a livello locale e poi su scala nazionale, Michele Amato ha potuto confrontarsi con colleghi sparsi per l'Italia ma conservando sempre la propria originalità: «Un principio fondamentale del mio operato è l'assoluta unicità di ogni singolo manufatto. Non ripeto mai per due volte uno stesso prodotto perché il mio obiettivo è sempre adeguare il risultato finale alle sensazioni che mi vengono suscitate dal contatto diretto con il cliente. Riuscire a cogliere quello che sente e vederlo appagato quando poi osserva il mio operato realizzato è la mia maggiore fonte di soddisfazione, che non ha prezzo. Mi piace operare in sordina, senza grandi proclami e senza quel risalto mediatico che di questi tempi può fare la differenza. Preferisco che siano gli eventi a parlare e quanto fatto in questi anni di lavoro mi ha confermato la bontà di questo mio approccio alla produzione artistica». I fatti parlano chiaro e la chiamata giunta dal Festival del Cinema Europeo di Lecce a partire dal 2010 e per tutte le edizioni successive non è un caso, così come la sua convocazione da parte del Comitato Olimpico europeo per le Olimpiadi giovanili del 2017 e del 2019. In entrambi i casi la richiesta è stata la stessa: produrre quelli che sarebbero stati i premi per i migliori film, registi e attori nonché per gli atleti vincitori delle diverse gare. Un marchio di fabbrica di questo successo internazionale degli ultimi anni è dato dall'ulivo, da lui prodotto sempre in maniera innovativa per i vari committenti ma sempre con lo stesso significato: «L'ulivo per me rappresenta l'idea di casa. Sono molto legato alle mie radici e alla mia terra, per questa ragione ho scelto quasi spontaneamente di indirizzare la mia vena creativa su questa figura. Tante volte ho avuto l'occasione di spostarmi ma non ho mai avuto la volontà di lasciare Molfetta perché un legame viscerale mi terrà sempre ancorato qui. Pur restando in questa realtà di periferia mi sono tolto tante soddisfazioni perché vedere grandi personaggi del cinema come Tony Servillo e Stefania Sandrelli emozionati davanti alle mie opere mi ha reso orgoglioso di aver fatto di questa passione la mia ragione di vita. Il gradimento di qualsiasi cliente e lo sguardo di quando vedono per la prima volta realizzata quell'idea che tu stesso hai tirato fuori dalla loro mente mi ripagano di tutto il lavoro e di tutta la fatica che ogni giorno, con lo stesso entusiasmo del primo, spendo nella mia bottega».
Due figure importanti nell'ultimo decennio costellato di soddisfazioni per Michele Amato sono state Alberto La Monica, direttore del Festival del Cinema Europeo, e Alfredo Accatino, direttore creativo per la Filmmaster Events nell'ambito dei Giochi Olimpici giovanili europei. Proprio per questa manifestazione sportiva, venerdì 12 aprile alle ore 17, ci sarà la presentazione del secondo ulivo d'oro con una cerimonia all'Ara Pacis di Roma a cui prenderà parte proprio l'artefice degli splendidi manufatti. Insomma, la storia di questo nostro concittadino insegna a credere ancora nel gusto del bello e soprattutto a seguire le proprie attitudini senza condizionamenti perché, dopotutto, chi è destinato ad emergere lo farà sempre e comunque grazie alle proprie qualità.