Il maestro Riccardo Muti torna a parlare della sua infanzia a Molfetta
Ricordi e racconti della sua Molfetta in occasione del libro di Aldo Cazzullo sull'Italia della Ricostruzione
domenica 28 ottobre 2018
13.00
C'è la Molfetta del dopoguerra, quella delle strade senza semafori e con calessi e carrozze come unico mezzo per muoversi velocemente; quella in cui vicini e parenti si riunivano davanti ad un'unica tv in bianco e nero per guardare "Lascia o raddoppia?" con Mike Bongiorno; la Molfetta del gelato mangiato alla festa della Madonna dei Martiri mentre si ammirano i fuochi e quella che profuma di mandarini nel periodo che si avvicina al Natale.
Il maestro Riccardo Muti torna a parlare di Molfetta, della "sua" Molfetta dell'infanzia, in occasione della presentazione del libro "Giuro che non avrò più fame – L'Italia della Ricostruzione" di Aldo Cazzullo che proprio oggi è in presentazione al teatro San Carlo di Napoli, dove il 25 novembre Muti dirigerà il "Così fan tutte" di Mozart.
Emblematico il ricordo del Natale del 1948, quando il piccolo Riccardo ricevette in dono dal padre un violino, lui che avrebbe tanto desiderato un fucile di legno con il tappo. Alle sue lamentele il padre, medico indimenticato a Molfetta, disse rassegnato che il figlio non aveva propensione per la musica. Eppure è stato probabilmente quel dono inatteso e indesiderato a dare poi origine ad un vero mito vivente della musica.
Ed è un susseguirsi di dolci ricordi legati alla Molfetta più autentica e genuina del dopoguerra l'intervista rilasciata al "Corriere della Sera" in cui, nella prospettiva del libro, dipinge il quadro di un'Italia fragile e più povera ma "un'Italia felice", proprio come la sua infanzia nella nostra città.
Muti ricorda e racconta di quando alla radio «si ascoltavano soprattutto le partite di calcio, commentate dalla voce di Nicolò Carosio che te le faceva vedere tanto era bravo. Si facevano le schedine sognando di fare 13. La tv a Molfetta arrivò nel 1957, tre anni dopo rispetto a Roma. Quando c'era Lascia o raddoppia? con Mike Bongiorno, i cinema interrompevano le proiezioni collegandosi alla tv, e le case si riempivano di amici e parenti, perché l'avevano in pochi».
Ricorda il padre che per lavoro si spostava in calesse e le uscite di famiglia per vedere i fuochi d'artificio alle feste patronali di Bisceglie a Andria e una gita fuori porta a Castel del Monte dove nacque la sua passione per Federico II. Ed ancora ricorda il nome dato al cavallo di famiglia, Mauro. Ricorda l'avvento delle auto e la loro prima auto, una Fiat Giardinetta usata solo nelle grandi occasioni: «Davanti l'autista e la mamma, dietro mio padre con i miei due fratelli maggiori. Io e i due gemelli eravamo sistemati in un panchetto di legno nel portabagagli. Le valigie erano fissate con le corde, come si vede nei film neorealisti».
E poi non poteva mancare l'ossessione per il cibo: dopo aver conosciuta la fame della guerra non si poteva buttare via nulla e anche tagliare male una mela poteva essere motivo di rimprovero da parte del nonno. La carne, invece, si mangiava una volta alla settimana nella sua famiglie che pure era fortunata e godeva altresì dei doni del mare che il padre riceveva per aver curato tanti pescatori, mentre il gelato rimaneva un lusso da concedersi in occasione della festa della Madonna dei Martiri.
Alla domanda "cosa le manca di quegli anni?", il maestro Muti risponde «la sensazione dei profumi che ti davano il senso del tempo», ricordando così l'odore intenso dei mandarini che per le strade scandiva i giorni prima e dopo Natale.
Il maestro Riccardo Muti torna a parlare di Molfetta, della "sua" Molfetta dell'infanzia, in occasione della presentazione del libro "Giuro che non avrò più fame – L'Italia della Ricostruzione" di Aldo Cazzullo che proprio oggi è in presentazione al teatro San Carlo di Napoli, dove il 25 novembre Muti dirigerà il "Così fan tutte" di Mozart.
Emblematico il ricordo del Natale del 1948, quando il piccolo Riccardo ricevette in dono dal padre un violino, lui che avrebbe tanto desiderato un fucile di legno con il tappo. Alle sue lamentele il padre, medico indimenticato a Molfetta, disse rassegnato che il figlio non aveva propensione per la musica. Eppure è stato probabilmente quel dono inatteso e indesiderato a dare poi origine ad un vero mito vivente della musica.
Ed è un susseguirsi di dolci ricordi legati alla Molfetta più autentica e genuina del dopoguerra l'intervista rilasciata al "Corriere della Sera" in cui, nella prospettiva del libro, dipinge il quadro di un'Italia fragile e più povera ma "un'Italia felice", proprio come la sua infanzia nella nostra città.
Muti ricorda e racconta di quando alla radio «si ascoltavano soprattutto le partite di calcio, commentate dalla voce di Nicolò Carosio che te le faceva vedere tanto era bravo. Si facevano le schedine sognando di fare 13. La tv a Molfetta arrivò nel 1957, tre anni dopo rispetto a Roma. Quando c'era Lascia o raddoppia? con Mike Bongiorno, i cinema interrompevano le proiezioni collegandosi alla tv, e le case si riempivano di amici e parenti, perché l'avevano in pochi».
Ricorda il padre che per lavoro si spostava in calesse e le uscite di famiglia per vedere i fuochi d'artificio alle feste patronali di Bisceglie a Andria e una gita fuori porta a Castel del Monte dove nacque la sua passione per Federico II. Ed ancora ricorda il nome dato al cavallo di famiglia, Mauro. Ricorda l'avvento delle auto e la loro prima auto, una Fiat Giardinetta usata solo nelle grandi occasioni: «Davanti l'autista e la mamma, dietro mio padre con i miei due fratelli maggiori. Io e i due gemelli eravamo sistemati in un panchetto di legno nel portabagagli. Le valigie erano fissate con le corde, come si vede nei film neorealisti».
E poi non poteva mancare l'ossessione per il cibo: dopo aver conosciuta la fame della guerra non si poteva buttare via nulla e anche tagliare male una mela poteva essere motivo di rimprovero da parte del nonno. La carne, invece, si mangiava una volta alla settimana nella sua famiglie che pure era fortunata e godeva altresì dei doni del mare che il padre riceveva per aver curato tanti pescatori, mentre il gelato rimaneva un lusso da concedersi in occasione della festa della Madonna dei Martiri.
Alla domanda "cosa le manca di quegli anni?", il maestro Muti risponde «la sensazione dei profumi che ti davano il senso del tempo», ricordando così l'odore intenso dei mandarini che per le strade scandiva i giorni prima e dopo Natale.