Il maestro Muti al programma della Carrà, “A raccontare incomincia tu”
Molfetta sempre nel cuore del grande direttore d’orchestra
venerdì 19 aprile 2019
1.01
Il maestro Riccardo Muti ritorna a parlare della sua Molfetta, della sua infanzia, dei suoi successi, della sua famiglia, di se stesso nel nuovo programma di Raffaella Carrà "A raccontare incomincia tu", in onda su Rai Tre.
Rompe subito il ghiaccio con la "Raffa nazionale" con due detti in dialetto, che lasciano la conduttrice un tantino spiazzata, ma mette subito in chiaro le sue origini molfettesi, con orgoglio puntualizza che «è la patria di Gaetano Salvemini».
Per evitare malintesi o equivoci fra la sua città natia e quella dove ha vissuto la sua adolescenza si definisce un Apulo Campano, «mio padre era di Molfetta e mia madre di Napoli», poi spiega fra il serio e il faceto che la mamma ha voluto che tutti i suoi 5 figli nascessero a Napoli, perché se qualcuno dei suoi figli fosse diventato famoso essere nato a Napoli era di più facile identificabilità, piuttosto che spiegare dove si trovasse Molfetta.
Ma la nostra città rimane per il maestro la terra dove ha mosso i suoi primi passi nella musica, ricorda di quel primo violino ricevuto ad un San Nicola, spiega con parole semplici cosa significa "San Nicola" per i molfettesi, i regali che allora si trovavano, e questo regalo che gli ha aperto le porte della musica.
«Con questo regalo- dice il maestro Muti a Raffaella Carrà- ho capito che quella era la mia sorte, significava naturalmente che dovevo incominciare a prendere lezioni di musica, cosa che io non gradivo assolutamente». E'il caso di dire che la vita gioca degli scherzi strani.
Poi il maestro continua raccontando della sua prima maestra di solfeggio e dell'odio provato per quella materia, ma sottolinea anche che «l'amore è nato con l'odio per la musica». Ricorda che il padre vedendo i vani tentativi della maestra e della sua avversione per la materia decide di sospendere le lezioni, ma è la mamma a chiedere al padre di continuare per un altro mese, il piccolo Riccardo è presente a questa conversazione e nel suo animo si muove qualcosa, dice Muti: «forse Santa Nicola ha fatto un miracolo, perché in una notte ho imparato a riconoscere le note».
«In casa mia- racconta ancora il direttore d'orchestra- c'è stato sempre il concetto della disciplina e dello studio che non è mai abbastanza». E racconta anche sorridendo che la sua famiglia non applaudiva ai suoi concerti perché sarebbero sembrati di parte.
E' il racconto della Molfetta di tanti anni fa, della Molfetta che era, della Molfetta che gli ha permesso di conoscere la musica che lo ha fatto diventare uno dei più grandi direttori d'orchestra.
Poi la sua chiacchierata con Raffaella Carrà si sposta sui suoi incontri, come la Regina Elisabetta, piuttosto che con Diana o Papa Giovanni Paolo II, sulla sua famiglia, sui suoi figli e l'importanza di avere accanto per 50 anni una donna, una moglie come Cristina che lo ha supportato, in questi anni insieme, del suo credere nei giovani.
Si racconta senza remore, con quella sua cadenza leggermente molfettese in alcuni tratti, si rivela alla presentatrice un uomo affabile, divertente e umile, ma noi molfettesi questo lo sapevamo già. Infatti, non è detto, che in questi giorni circoli per la nostra città in occasione delle processioni della Settima Santa per ascoltare le marce funebri, una sua passione da sempre, come le bande di paese, e qualcuno non riesca pure a farsi una foto come già accaduto l'anno scorso.
Rompe subito il ghiaccio con la "Raffa nazionale" con due detti in dialetto, che lasciano la conduttrice un tantino spiazzata, ma mette subito in chiaro le sue origini molfettesi, con orgoglio puntualizza che «è la patria di Gaetano Salvemini».
Per evitare malintesi o equivoci fra la sua città natia e quella dove ha vissuto la sua adolescenza si definisce un Apulo Campano, «mio padre era di Molfetta e mia madre di Napoli», poi spiega fra il serio e il faceto che la mamma ha voluto che tutti i suoi 5 figli nascessero a Napoli, perché se qualcuno dei suoi figli fosse diventato famoso essere nato a Napoli era di più facile identificabilità, piuttosto che spiegare dove si trovasse Molfetta.
Ma la nostra città rimane per il maestro la terra dove ha mosso i suoi primi passi nella musica, ricorda di quel primo violino ricevuto ad un San Nicola, spiega con parole semplici cosa significa "San Nicola" per i molfettesi, i regali che allora si trovavano, e questo regalo che gli ha aperto le porte della musica.
«Con questo regalo- dice il maestro Muti a Raffaella Carrà- ho capito che quella era la mia sorte, significava naturalmente che dovevo incominciare a prendere lezioni di musica, cosa che io non gradivo assolutamente». E'il caso di dire che la vita gioca degli scherzi strani.
Poi il maestro continua raccontando della sua prima maestra di solfeggio e dell'odio provato per quella materia, ma sottolinea anche che «l'amore è nato con l'odio per la musica». Ricorda che il padre vedendo i vani tentativi della maestra e della sua avversione per la materia decide di sospendere le lezioni, ma è la mamma a chiedere al padre di continuare per un altro mese, il piccolo Riccardo è presente a questa conversazione e nel suo animo si muove qualcosa, dice Muti: «forse Santa Nicola ha fatto un miracolo, perché in una notte ho imparato a riconoscere le note».
«In casa mia- racconta ancora il direttore d'orchestra- c'è stato sempre il concetto della disciplina e dello studio che non è mai abbastanza». E racconta anche sorridendo che la sua famiglia non applaudiva ai suoi concerti perché sarebbero sembrati di parte.
E' il racconto della Molfetta di tanti anni fa, della Molfetta che era, della Molfetta che gli ha permesso di conoscere la musica che lo ha fatto diventare uno dei più grandi direttori d'orchestra.
Poi la sua chiacchierata con Raffaella Carrà si sposta sui suoi incontri, come la Regina Elisabetta, piuttosto che con Diana o Papa Giovanni Paolo II, sulla sua famiglia, sui suoi figli e l'importanza di avere accanto per 50 anni una donna, una moglie come Cristina che lo ha supportato, in questi anni insieme, del suo credere nei giovani.
Si racconta senza remore, con quella sua cadenza leggermente molfettese in alcuni tratti, si rivela alla presentatrice un uomo affabile, divertente e umile, ma noi molfettesi questo lo sapevamo già. Infatti, non è detto, che in questi giorni circoli per la nostra città in occasione delle processioni della Settima Santa per ascoltare le marce funebri, una sua passione da sempre, come le bande di paese, e qualcuno non riesca pure a farsi una foto come già accaduto l'anno scorso.