I solenni funerali di Luigi Martella alla presenza di centinaia di fedeli

Addio al Vescovo. Il sindaco: «don Gino, te ne sei andato senza dare fastidio, in silenzio».

mercoledì 8 luglio 2015 18.32
A cura di Andrea Teofrasto
Quando la bara lascia la Cattedrale affollata da moltissime persone, i rintocchi della campana si mescolano con le note del brano "Ti seguirò" di Frisina cantato dal Coro Diocesano e dai fedeli che battendo ritmicamente le mani danno l'ultimo saluto al Pastore della nostra Diocesi.

Un applauso che rappresenta come Luigi Martella abbia lasciato il segno nella storia della sua diocesi e nel cuore di centinaia di persone, che gli hanno detto addio. Non accadeva dai tempi di don Tonino Bello che l'addio a un Vescovo avesse una partecipazione così ampia e soprattutto che la folla dei fedeli avesse una parte così diretta, sentita ed espressa in questi modi.

Sulla cassa in legno, semplice e nuda, posata ai piedi dell'altare, solo una croce e una targa di bronzo con inciso il nome del Vescovo. Sopra il Vangelo, dietro il cero pasquale. Straordinario è stato l'ordine e la compostezza con cui è andato avanti il deflusso dei fedeli. Uno sciamare ordinato e tranquillo.

Sono le 18.04 quando la bara di Mons. Luigi Martella lascia la Cattedrale, tra la folla, per l'ultima volta. Un lungo applauso ha salutato il feretro, con le mani agitate in segno di saluto, anche da tanti vescovi presenti vicino il sagrato del Purgatorio. Il rito delle esequie è durato poco più di un ora e mezza. Il feretro, portato a spalla da sacerdoti e confratelli è stato preceduto da una processione di Vescovi, che è stata chiusa da Francesco Cacucci, arcivescovo di Bari-Bitonto e presidente della Conferenza Episcopale Pugliese.

Preghiere, commozione e applausi si sono alternati nei vari momenti della cerimonia tra la folla assiepata dinanzi al sagrato della Chiesa e davanti al maxischermo allestito per l'occasione. Sulla figura del buon Pastore l'omelia di Francesco Cacucci: «quella del Pastore è la personalità di essere immagine di Dio, ma anche figlio, dimostrando anche la fragilità di essere figlio. Essere padre - continua l'arcivescovo - non è facile! Essere padre significa essere responsabili. Un altro aspetto della nostra personalità è quello della partecipazione alla croce di Gesù. Nessuno può separarci dall'amore di Cristo. Don Gino, da sempre Gesù ti ha chiamato, fin dal giorno della tua ordinazione in quel di Otranto».

«Il vescovo Luigi - prosegue Cacucci - dobbiamo ricordarlo Pastore e Padre sempre in buona compagnia di Gesù, perché nessuno può allontanarci dall'amore di Gesù. Luigi è riferimento di figliolanza e di paternità. Figlio di Otranto, della sua terra, di Depressa, e poi Padre di questa Chiesa. Siamo sicuri che ora verrà accolto dalla fraternità del servo di Dio: don Tonino Bello».

Un'invocazione diretta al vescovo di Alessano, che ha rappresentato uno dei passaggi più commoventi della cerimonia religiosa per il rito delle solenni esequie.
Fuori la Cattedrale una folla immensa. A tratti silenziosi, quasi smarrita. Un silenzio misterioso che amplifica le voci che lo vogliono agli onori degli altari. Un silenzio, accompagnato dagli applausi ritmati della folla, segno tangibile dell'autorità morale acquisita da Luigi Martella durante il suo episcopato.

Ma il funerale che per un giorno ha trasformato Molfetta nella più grande Chiesa della diocesi non è stato la fine di tutto. La gente sembra non volersi più staccare dal Vescovo che ha servito la Chiesa e la nostra diocesi per ben 14 anni. Ancora pregano, piangono, cantano, riempiono di immagini i telefonini e le macchine fotografiche. Tanti, fra loro, porteranno a casa queste "reliquie digitali".«Don Gino, te ne sei andato senza dare fastidio, in silenzio», ha affermato il sindaco Paola Natalicchio.

Per Molfetta e per la cristianità quelli appena trascorsi sono stati giorni incredibili e probabilmente irripetibili. Una miscela di emozioni e sentimenti. La gente piange un uomo testimone di un Altro, di cui è stato degno erede. Succede, di capire ciò che si è avuto nel momento in cui lo si è perso. Come quando si perde il proprio "padre", e improvvisamente ci si accorge di quanto ci era caro, e unico: molti paiono aver capito di colpo "chi" era questo Vescovo. Era buono, era simpatico, era disponibile, era il testimone di un Altro, era e sarà il nostro Vescovo.
Funerale di Mons. Martella © Mariella Spadavecchia
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