I Movimenti civici “Area pubblica” e “Linea diritta” contro la violenza sulle donne

Nei giorni scorsi incontro nella sala Finocchiaro

lunedì 20 novembre 2017
A cura di Verdiana Mastrofilippo
Il 25 novembre ricorre la Giornata Internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne: i Movimenti civici unificati "Area pubblica – Legalità e Trasparenza" e "Linea diritta" si avvantaggiano sul tempo con l'organizzazione dell'incontro "Ascoltami", tenutosi venerdì 17 novembre presso la Sala Finocchiaro, e che ha visto la partecipazione dell'avv. Valeria Scardigno, presidente dell' "Associazione Pandora - Sportello antiviolenza" di Molfetta, della dott. Maura Simone del dipartimento Forpsicom dell'Università agli studi di Bari, e della psicologa dott. Annachiara Gravinese. In funzione di moderatore dell'incontro, invece, l'avv. Domenico Gagliardi, segretario del Movimento civico "Area pubblica - Linea Diritta".

L'obiettivo dichiarato dell'incontro, intervallato dalle pregevoli letture delle poesie di Natale Buonarota, è stato immediatamente esplicitato dall'avv. Gagliardi, il quale ha sottolineato quanto il tema della violenza sulle donne sia spesso oggetto di una vana e sterile retorica, non scevra da forme di paternalismo. Invece, il movimento "Area pubblica – Linea diritta" si è posto l'intento nell'organizzazione dell'incontro, di formare con i propri limiti e potenzialità la collettività, auspicando di fornire mezzi e strumenti per meglio comprendere un fenomeno dilagante nei numeri, ma poco compreso nei fatti.

La premessa iniziale è stata pienamente rispettata dagli interventi delle relatrici, che hanno posto l'accento su aspetti spesso poco considerati della piaga della violenza sulle donne. L'avv. Scardigno ha analizzato l'aspetto più prettamente sociale e legislativo del fenomeno, il quale negli ultimi anni, complici dei mass media dediti alla continua spettacolarizzazione, ha conosciuto uno scivolamento nella banalizzazione e persino nell'impronta glamour, visibile nelle campagne pubblicitarie e non che ritraggono la donna, spesso ben vestita o di bell'aspetto, coperta di lividi o con gli abiti stracciati, come se la violenza interessasse solo le donne avvenenti. Il punto non è di poco conto: una continua rappresentazione della donna come vittima, bisognosa dell'intervento di un "principe azzurro" o dello Stato per essere salvata, contribuisce ad un radicarsi di questi modelli culturali. L'altro punto focale analizzato dall'avv.Scardigno, è quello più squisitamente giuridico: se la donna difficilmente avrà problemi nel trovare un interlocutore per la propria denuncia, il vero calvario inizierà con le conseguenze di tali racconti, con procure disattente che spesso non applicano norme già esistenti, codificate anche a livello internazionale nella Convenzione di Istanbul.

Ribadita, pertanto, l'importanza della mediazione dei centri antiviolenza: dopo la norma regionale del 2014 che ha imposto cinque anni di esperienza agli enti per accreditarsi, l'Associazione Pandora a Molfetta opera in partenariato con l'ente "Riscoprirsi ancora" di Andria, vincitore del bando pubblico indetto dal Comune di Molfetta.

I successivi interventi delle dott. Simone e Gravinese hanno, invece, focalizzato l'attenzione sul lato storico e culturale della violenza, nonché sulle componenti psicanalitiche che portano lo stupratore a realizzare i suoi efferati propositi. Lo stupro nasce in una società patriarcale e di religione monoteista, nella quale ha la funzione latente di essere una pratica di dominio assoluto del maschio sulla femmina, vista come un soggetto passivo e minoritario, incapace di una sua individualità e raziocinio al di fuori della mera generazione dei figli. Questo porta storicamente a legittimare una sorta di congenito istinto predatorio dell'uomo, che a sua volta porta alle continue e ridondanti giustificazioni che la donna deve indebitamente apporre davanti ad uno stupro, dimostrando di non essersela "cercata". Distinte le modalità di stupro in maritale, prettamente sessuale, etnico ed politico, particolarmente interessante è stato il racconto relativo ad alcuni stupri appunto politici, come quelli dei partigiani a danno delle donne implicate nel regime mussoliniano, la quale è una pagina della storia delle donne spesso dimenticata per mancanza di testimonianze femminili, nonché per una sorta di pudore reverenziale nei confronti della macchia sulla coscienza dei partigiani, visti come eroi della libertà italiana dal fascismo.

Analizzando invece il profilo psicologico dello stupratore, troviamo un soggetto affetto da una sorta di "infezione psichica", di cui vuole infettare anche la vittima, rubandole ogni cosa buona che possegga ed utilizzandola come un vero e proprio oggetto in cui riversare il proprio io malato. Lo stupro, infatti, è ben lontano dall'amore o dalla passione, ma anche da una qualsiasi relazione emotiva con la vittima, la quale si trova a fare i conti, a seconda dei casi, con un aggressore divenuto tale per ira, per compensazione, per potere o per sadismo.

L'importanza di questo incontro, oltre all'approssimarsi della ricorrenza del 25 novembre, ha un valore così enorme da essere quasi banalmente scontato: profondo merito va, però, tributato all'analisi molto più complessa e completa di altre sedi, seppur così martellanti su social o tv, che spesso non sono prive di strumentalizzazioni, come quelle che stanno avvenendo in questi giorni con il caso Weinstein, e che finiscono per depauperare di ogni valenza la sofferenza della donna ferita o violentata, a favore del danno da infliggere all'avversario politico di turno.