Guerriglia di Capodanno: l'obiettivo «era quello di appropriarsi della piazza»
Per il gip Barlafante la volontà era quella di «attentare alla sicurezza pubblica», ma soprattutto «di incutere timore»
giovedì 18 gennaio 2024
14.24
Volevano marcare Molfetta, non festeggiare l'ultima notte del vecchio anno. La volontà di chi, a Capodanno, ha trasformato piazza Vittorio Emanuele nel teatro di una guerriglia urbana, «era quella di appropriarsi di una piazza pubblica». L'ha scritto il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante.
La frase è contenuto nell'ordinanza di custodia cautelare con cui, martedì, sono stati trasferiti nel penitenziario di Trani il 21enne Daniele De Pinto, i 22enni Felice Allegretta e Massimiliano Squeo e il 26enne Antonio Gigante e ai domiciliari Stefano Cormio, di 23 anni, tratti in arresto dai Carabinieri della locale Compagnia. A loro sono stati contestati i reati di danneggiamento e pubblica intimidazione con l'uso di ordigni e materiale esplodente, introdotto dal decreto legge Caivano.
Secondo il magistrato, che ha accolto l'impostazione accusatoria da parte del sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Trani, Marco Gambardella, «le singole responsabilità degli indagati si possono apprezzare dalla certosina ricostruzione degli eventi offerti dagli inquirenti che hanno consentito di accertare come gli indagati, arrivati in piazza, ponevano in essere una serie di atti di guerriglia urbana». La volontà, quindi, era quella di «attentare alla sicurezza pubblica».
Non solo: anche quella «di devastare, incutere timore - nessuno ha querelato gli autori del reato, forse per il timore di possibili ritorsioni -, e di appropriarsi di una piazza pubblica, generando il clamore non solo nella popolazione cittadina, ma anche in quella dei social che avrebbe dato riscontro a quei terribili momenti con qualche like e con la rapida diffusione dei filmati "girati" dagli stessi autori». Proprio quei frame hanno permesso di identificare i cinque maggiorenni del gruppo.
Il gip Barlafante, inoltre, ha ritenuto «sussistente il grave e attuale pericolo di reiterazione delle condotte criminose: la strutturata programmazione dell'azione delittuosa, la spregiudicata volontà di rendere pubbliche le azioni mediante la riproduzione dei filmati "in presa diretta" e la pericolosità delle azioni costituiscono elementi che inducono fondatamente a ritenere sussistente un pericolo di recidiva», si legge nel documento notificato dagli uomini del capitano Danilo Landolfi.
Gli indagati, ad eccezione di Cormio, hanno alcuni «precedenti penali e da ciò si può ritenere che questi continuino ad avere un collegamento con gli ambienti delinquenziali». I loro legali, intanto, si stanno preparando ad andare al Riesame per chiedere revoche oppure misure meno afflittive rispetto al rigore carcerario.
La frase è contenuto nell'ordinanza di custodia cautelare con cui, martedì, sono stati trasferiti nel penitenziario di Trani il 21enne Daniele De Pinto, i 22enni Felice Allegretta e Massimiliano Squeo e il 26enne Antonio Gigante e ai domiciliari Stefano Cormio, di 23 anni, tratti in arresto dai Carabinieri della locale Compagnia. A loro sono stati contestati i reati di danneggiamento e pubblica intimidazione con l'uso di ordigni e materiale esplodente, introdotto dal decreto legge Caivano.
Secondo il magistrato, che ha accolto l'impostazione accusatoria da parte del sostituto procuratore della Procura della Repubblica di Trani, Marco Gambardella, «le singole responsabilità degli indagati si possono apprezzare dalla certosina ricostruzione degli eventi offerti dagli inquirenti che hanno consentito di accertare come gli indagati, arrivati in piazza, ponevano in essere una serie di atti di guerriglia urbana». La volontà, quindi, era quella di «attentare alla sicurezza pubblica».
Non solo: anche quella «di devastare, incutere timore - nessuno ha querelato gli autori del reato, forse per il timore di possibili ritorsioni -, e di appropriarsi di una piazza pubblica, generando il clamore non solo nella popolazione cittadina, ma anche in quella dei social che avrebbe dato riscontro a quei terribili momenti con qualche like e con la rapida diffusione dei filmati "girati" dagli stessi autori». Proprio quei frame hanno permesso di identificare i cinque maggiorenni del gruppo.
Il gip Barlafante, inoltre, ha ritenuto «sussistente il grave e attuale pericolo di reiterazione delle condotte criminose: la strutturata programmazione dell'azione delittuosa, la spregiudicata volontà di rendere pubbliche le azioni mediante la riproduzione dei filmati "in presa diretta" e la pericolosità delle azioni costituiscono elementi che inducono fondatamente a ritenere sussistente un pericolo di recidiva», si legge nel documento notificato dagli uomini del capitano Danilo Landolfi.
Gli indagati, ad eccezione di Cormio, hanno alcuni «precedenti penali e da ciò si può ritenere che questi continuino ad avere un collegamento con gli ambienti delinquenziali». I loro legali, intanto, si stanno preparando ad andare al Riesame per chiedere revoche oppure misure meno afflittive rispetto al rigore carcerario.