Giovani e lavoro, la triste esperienza di una 22enne di Molfetta: «Prova pagata 2 euro all'ora»
Il racconto di Claudia Coppolecchia in uno studio di Commercialisti di Bari
sabato 2 luglio 2022
19.56
Nelle ultime ore ha avuto grande risonanza, addirittura sulla stampa nazionale (ne hanno parlato anche sul Corriere della Sera e sul Messaggero), la storia raccontata sui social da Claudia Coppolecchia, studentessa universitaria 22enne di Molfetta che ha reso nota la sua triste avventura lavorativa, tanto breve quanto amara per chi, come lei, è alla ricerca di un lavoro o comunque di un impiego per accompagnare la fase finale dei propri studi.
«Vi racconto la mia "esperienza lavorativa" durata 11 giorni - ha scritto su Facebook a chiusura della sua esperienza in un noto studio di commercialisti di Bari - all'inizio ero carica ed entusiasta, per undici giorni ho lavorato per 4 ore al giorno, per un totale di 44 ore, pronta a mettere qualche soldo da parte per togliermi qualche sfizio in più. Al termine delle mie due settimane, la segretaria mi riferisce che mi faranno sapere tra 15 giorni, consegnandomi una busta contenente 100 euro. Una prova retribuita ben 2,27 euro l'ora».
Il tempo non le è bastato per superare il dispiacere di questo sfortunato incontro: «Era la mia prima esperienza lavorativa e non mi immaginavo proprio che andasse così. Un mesetto fa ho trovato l'offerta su LinkedIn - cercavano una segretaria - e mi sono candidata, dopo poco sono stata ricontattata. Durante il primo colloquio, oltre a spiegarmi il lavoro, mi hanno parlato di un impiego full time con uno stipendio dai 900 ai 1200 euro al mese. Cifre per me ottime, visto che studio ancora. Poi ho fatto un secondo colloquio, con il titolare dello studio, e due giorni dopo mi hanno chiamato per dirmi che avrei prima dovuto fare una settimana di prova, part time. Quindi andando in studio per quattro ore al giorno, o la mattina o il pomeriggio».
Poco dopo, però, come prima avvisaglia di qualcosa che sarebbe andato storto la prova si allunga: da una a due settimane, senza particolari spiegazioni se non l'ovvia volontà di proseguire con il test di conoscenza iniziale: «Non volevo dare l'impressione che mi interessassero solo i soldi - spiega - e quindi ho continuato a seguire quella mia routine da pendolare da Molfetta al quartiere barese di Poggiofranco. Quasi 70 chilometri tra andata e ritorno. Avevo deciso di farlo perché il lavoro cominciava ad interessarmi».
Giovedì 30 giugno l'ulteriore sterzata, questa volta definitiva: «Era la fine del mio turno e mi aspettavo speranzosa che qualcuno mi dicesse qualcosa. Dopo un po' di attesa, la segretaria ha parlato con il titolare nella sua stanza ed è tornata con una busta per me. Mi ha detto che mi avrebbero fatto sapere dopo altri 15 giorni, perché nel frattempo stavano provando altre persone. Ho ringraziato e sono uscita, in macchina ho aperto la busta. C'erano 100 euro: il mio lavoro è stato valutato 2,27 euro l'ora. Ho deciso che non avrei aspettato una loro risposta e ho comunicato praticamente subito che non sarei tornata più».
«Spesso si sente dire che i giovani non hanno voglia di sacrificarsi - prosegue - e in un caso come il mio, che sto studiando e a breve dovrei laurearmi in lingue, mi ha fatto riflettere. Ho deciso di mettermi in gioco e cominciare a lavorare per rendermi più indipendente, e lo stesso titolare dello studio mi ha fatto i complimenti per questo. Poi però vedo come valutano il tuo tempo e mi cadono le braccia. Ho letto spesso sul web che la colpa sia del reddito di cittadinanza, ma non credo sia così: noi giovani vogliamo lavorare, ma spesso non siamo messi nelle condizioni di farlo dignitosamente».
«Avevo già l'intenzione trasferirmi all'estero per la magistrale, una convinzione rafforzata da questa esperienza che ha confermato tanti stereotipi sul mondo lavorativo italiano. Quando ho raccontato questo episodio tantissimi amici mi hanno detto "È solo l'inizio, vedrai quando andrai avanti sarà ancora peggio". Ma a queste condizioni l'idea di rimanere in Italia non mi affascina affatto» ha concluso con una certa amarezza la giovane molfettese.
«Vi racconto la mia "esperienza lavorativa" durata 11 giorni - ha scritto su Facebook a chiusura della sua esperienza in un noto studio di commercialisti di Bari - all'inizio ero carica ed entusiasta, per undici giorni ho lavorato per 4 ore al giorno, per un totale di 44 ore, pronta a mettere qualche soldo da parte per togliermi qualche sfizio in più. Al termine delle mie due settimane, la segretaria mi riferisce che mi faranno sapere tra 15 giorni, consegnandomi una busta contenente 100 euro. Una prova retribuita ben 2,27 euro l'ora».
Il tempo non le è bastato per superare il dispiacere di questo sfortunato incontro: «Era la mia prima esperienza lavorativa e non mi immaginavo proprio che andasse così. Un mesetto fa ho trovato l'offerta su LinkedIn - cercavano una segretaria - e mi sono candidata, dopo poco sono stata ricontattata. Durante il primo colloquio, oltre a spiegarmi il lavoro, mi hanno parlato di un impiego full time con uno stipendio dai 900 ai 1200 euro al mese. Cifre per me ottime, visto che studio ancora. Poi ho fatto un secondo colloquio, con il titolare dello studio, e due giorni dopo mi hanno chiamato per dirmi che avrei prima dovuto fare una settimana di prova, part time. Quindi andando in studio per quattro ore al giorno, o la mattina o il pomeriggio».
Poco dopo, però, come prima avvisaglia di qualcosa che sarebbe andato storto la prova si allunga: da una a due settimane, senza particolari spiegazioni se non l'ovvia volontà di proseguire con il test di conoscenza iniziale: «Non volevo dare l'impressione che mi interessassero solo i soldi - spiega - e quindi ho continuato a seguire quella mia routine da pendolare da Molfetta al quartiere barese di Poggiofranco. Quasi 70 chilometri tra andata e ritorno. Avevo deciso di farlo perché il lavoro cominciava ad interessarmi».
Giovedì 30 giugno l'ulteriore sterzata, questa volta definitiva: «Era la fine del mio turno e mi aspettavo speranzosa che qualcuno mi dicesse qualcosa. Dopo un po' di attesa, la segretaria ha parlato con il titolare nella sua stanza ed è tornata con una busta per me. Mi ha detto che mi avrebbero fatto sapere dopo altri 15 giorni, perché nel frattempo stavano provando altre persone. Ho ringraziato e sono uscita, in macchina ho aperto la busta. C'erano 100 euro: il mio lavoro è stato valutato 2,27 euro l'ora. Ho deciso che non avrei aspettato una loro risposta e ho comunicato praticamente subito che non sarei tornata più».
«Spesso si sente dire che i giovani non hanno voglia di sacrificarsi - prosegue - e in un caso come il mio, che sto studiando e a breve dovrei laurearmi in lingue, mi ha fatto riflettere. Ho deciso di mettermi in gioco e cominciare a lavorare per rendermi più indipendente, e lo stesso titolare dello studio mi ha fatto i complimenti per questo. Poi però vedo come valutano il tuo tempo e mi cadono le braccia. Ho letto spesso sul web che la colpa sia del reddito di cittadinanza, ma non credo sia così: noi giovani vogliamo lavorare, ma spesso non siamo messi nelle condizioni di farlo dignitosamente».
«Avevo già l'intenzione trasferirmi all'estero per la magistrale, una convinzione rafforzata da questa esperienza che ha confermato tanti stereotipi sul mondo lavorativo italiano. Quando ho raccontato questo episodio tantissimi amici mi hanno detto "È solo l'inizio, vedrai quando andrai avanti sarà ancora peggio". Ma a queste condizioni l'idea di rimanere in Italia non mi affascina affatto» ha concluso con una certa amarezza la giovane molfettese.