Giornate FAI d'Autunno, Molfetta ha riscoperto il Palazzo "F.lli Attanasio"
Importante affluenza tra sabato e domenica
lunedì 16 ottobre 2023
8.55
Grande affluenza nella giornata tra sabato e domenica per le Giornate FAI d'Autunno che hanno aperto le porte di uno dei palazzi più antichi della nostra città.
Un affascinante Capitolo Neo-Classico, il "Palazzo F.lli Attanasio", o ancor meglio la cosiddetta "Casa di donna Bettina", Elisabetta de Candia, colei che ha fortemente voluto la sua realizzazione. La costruzione della residenza, iniziata nel 1882 e completata nel 1885, fu voluta fortemente da questa donna tanto caparbia. Ma la vera storia inizia ben prima di questo evento. Il palazzo è sorto, grazie a Francesco Attanasio nonché marito di Bettina, dopo la demolizione di una croce che rappresentava il simbolo della città. Tuttavia, la decisione di abbatterla per fare spazio al palazzo scatenò le proteste della folla. La situazione si fece ancor più complessa quando una signora accusò Bettina della morte prematura dei suoi figli, definendola pazza, da qui il suo soprannome "Bettina la pazza".
Il palazzo in sé è un gioiello architettonico, suddiviso su due piani. Il piano inferiore composto da un posteggio per le carrozze e un atrio in cui sostavano i cavalli e infine, una cappella pubblica dedicata ad uno dei santi a cui era devota la donna, "San Giuseppe". Il primo piano, invece, l'anima della casa, in cui si trova la cappella di famiglia, una sala delle feste, una stanza dedicata all'istruzione e soprattutto la stanza di Donna Bettina. Il pavimento originario contribuisce a conferire all'edificio un'aura di autenticità e storia.
I ragazzi del Liceo Classico di Molfetta hanno raccontato la storia di Bettina, attraverso le sue stanze: era una donna di straordinaria ricchezza ma anche di grande tragedia personale. Di fatti, ha avuto tre figlie morte alla nascita, e successivamente diede alla luce due figli, Giuseppe e Giovanni. La famiglia visse in modo prospero fino al 1900, quando una crisi economica colpì l'impresa degli Attanasio, portandola al fallimento. Per evitare di perdere la sua dimora, vendette i suoi patrimoni e gioielli.
Alla morte del marito, il figlio Giuseppe, meno studioso, sperperò rapidamente i soldi attraverso i suoi viaggi; mentre, Giovanni dimostrò un interesse accademico. Un'ulteriore tragedia colpì la famiglia quando Giuseppe si impiccò durante un incontro erotico con la sua compagna, una donna francese dai facili costumi, e Giovanni morì di tubercolosi. Alla morte di Bettina, furono rispettate tre clausole che lei stessa aveva imposto sull'utilizzo del suo palazzo tanto desiderato e amato: che la proprietà dell'immobile fosse intestata ai suoi figli; che la cappella fosse abbellita e che l'edificio sarebbe stato utilizzato per l'educazione dei bambini.
Infatti, in caso le suore incaricate della gestione della dimora, non avessero rispettato il suo volere, avrebbero perso la concessione del palazzo. La presenza di Bettina divenne leggendaria: una donna appariscente, la quale camminava suonando un tamburello, per annunciare il suo arrivo nelle varie stanze; e inoltre, si pensa che sul soffitto della sua stanza avesse fatto dipingere un suo nudo, in seguito rimosso per il volere di una suora.
Un affascinante Capitolo Neo-Classico, il "Palazzo F.lli Attanasio", o ancor meglio la cosiddetta "Casa di donna Bettina", Elisabetta de Candia, colei che ha fortemente voluto la sua realizzazione. La costruzione della residenza, iniziata nel 1882 e completata nel 1885, fu voluta fortemente da questa donna tanto caparbia. Ma la vera storia inizia ben prima di questo evento. Il palazzo è sorto, grazie a Francesco Attanasio nonché marito di Bettina, dopo la demolizione di una croce che rappresentava il simbolo della città. Tuttavia, la decisione di abbatterla per fare spazio al palazzo scatenò le proteste della folla. La situazione si fece ancor più complessa quando una signora accusò Bettina della morte prematura dei suoi figli, definendola pazza, da qui il suo soprannome "Bettina la pazza".
Il palazzo in sé è un gioiello architettonico, suddiviso su due piani. Il piano inferiore composto da un posteggio per le carrozze e un atrio in cui sostavano i cavalli e infine, una cappella pubblica dedicata ad uno dei santi a cui era devota la donna, "San Giuseppe". Il primo piano, invece, l'anima della casa, in cui si trova la cappella di famiglia, una sala delle feste, una stanza dedicata all'istruzione e soprattutto la stanza di Donna Bettina. Il pavimento originario contribuisce a conferire all'edificio un'aura di autenticità e storia.
I ragazzi del Liceo Classico di Molfetta hanno raccontato la storia di Bettina, attraverso le sue stanze: era una donna di straordinaria ricchezza ma anche di grande tragedia personale. Di fatti, ha avuto tre figlie morte alla nascita, e successivamente diede alla luce due figli, Giuseppe e Giovanni. La famiglia visse in modo prospero fino al 1900, quando una crisi economica colpì l'impresa degli Attanasio, portandola al fallimento. Per evitare di perdere la sua dimora, vendette i suoi patrimoni e gioielli.
Alla morte del marito, il figlio Giuseppe, meno studioso, sperperò rapidamente i soldi attraverso i suoi viaggi; mentre, Giovanni dimostrò un interesse accademico. Un'ulteriore tragedia colpì la famiglia quando Giuseppe si impiccò durante un incontro erotico con la sua compagna, una donna francese dai facili costumi, e Giovanni morì di tubercolosi. Alla morte di Bettina, furono rispettate tre clausole che lei stessa aveva imposto sull'utilizzo del suo palazzo tanto desiderato e amato: che la proprietà dell'immobile fosse intestata ai suoi figli; che la cappella fosse abbellita e che l'edificio sarebbe stato utilizzato per l'educazione dei bambini.
Infatti, in caso le suore incaricate della gestione della dimora, non avessero rispettato il suo volere, avrebbero perso la concessione del palazzo. La presenza di Bettina divenne leggendaria: una donna appariscente, la quale camminava suonando un tamburello, per annunciare il suo arrivo nelle varie stanze; e inoltre, si pensa che sul soffitto della sua stanza avesse fatto dipingere un suo nudo, in seguito rimosso per il volere di una suora.