«Gianni Carnicella vittima del dovere»
Ricordato, a 25 anni dal suo omicidio, il sindaco ucciso nel 1992. Presentato il libro "Sangue infame"
venerdì 7 luglio 2017
10.00
Giovanni Carnicella, morì il 7 luglio 1992, dopo essere stato colpito con un fucile a canne mozze, sulla scalinata della chiesa nella via che adesso porta il suo nome, da Cristoforo Brattoli, un impresario al quale l'Ente aveva negato il permesso per fare uno spettacolo canoro con Nino D'Angelo.
Carnicella, sindaco da poco più di un mese di Molfetta, nonché segretario provinciale barese da un paio di anni della Democrazia Cristiana non ce la fece a superare il lungo intervento chirurgico al quale fu sottoposto e durante il quale aveva subito tre arresti cardiocircolatori. Inutili anche le numerose trasfusioni di sangue alle quali il sindaco fu sottoposto.
Ieri sera, a 25 anni dal suo cruento omicidio, il Liberatorio Politico ha nuovamente onorato la sua memoria, scegliendo però una formula diversa: oltre il rituale aggiornamento storico del coordinatore Matteo d'Ingeo, è stato presentato il volume "Sangue Infame" scritto dal molfettese Nicola de Ruvo. Una narrazione dei nostri tempi e non una storia di fantasia. Le vicende dei protagonisti sembrano essere ambientate nel mezzogiorno d'Italia.
«La mafia non sono solo i morti ammazzati per mafia ma si insinua nei rapporti con le Amministrazioni di turno. La memoria è importante, non bisogna mai mollare su questo terreno, dando più credito a chi denuncia», ha detto d'Ingeo che, ricordando Carnicella, ha parlato di «un uomo onesto, un amministratore coraggioso che stava dando chiari segni di inversione di marcia su certe arroganze consolidate».
Il libro presentato ieri nella Fabbrica di San Domenico punta il dito contro la mafia che nasce quando mancano le Istituzioni. «Gli odori, gli orizzonti e i colori sono gli stessi, - dicono dal Liberatorio - e chissà forse anche quel sistema mafioso strisciante non scritto, non detto, che ci avvolge quotidianamente come una coperta protettiva che ci rende sempre più indifferenti all'illegalità diffusa che ci sta travolgendo».
«La mafia tende a essere una coperta che copre anche chi non la vuole. La mafia si esprime in diversi modi, ma non per questo cessa di essere tale. Il finale è pieno di speranza, - affermano ancora - quella nelle giovani generazioni, le stesse che sfilano nelle città nel giorno della memoria in ricordo delle vittime di mafia; la stessa speranza che abbiamo ereditato dal pensiero di Falcone, quando diceva che la mafia è un fenomeno destinato ad avere una fine».
«Quando ti scherniscono, vuol dire che ti temono», è il messaggio lanciato dall'autore del volume, mentre d'Ingeo nella sua relazione conclusiva ha chiesto di conoscere, «il vero mandante dell'omicidio Carnicella. Sono passati 25 anni, e la situazione, qui a Molfetta, è peggiorata. Ed io sono molto preoccupato».
Carnicella, sindaco da poco più di un mese di Molfetta, nonché segretario provinciale barese da un paio di anni della Democrazia Cristiana non ce la fece a superare il lungo intervento chirurgico al quale fu sottoposto e durante il quale aveva subito tre arresti cardiocircolatori. Inutili anche le numerose trasfusioni di sangue alle quali il sindaco fu sottoposto.
Ieri sera, a 25 anni dal suo cruento omicidio, il Liberatorio Politico ha nuovamente onorato la sua memoria, scegliendo però una formula diversa: oltre il rituale aggiornamento storico del coordinatore Matteo d'Ingeo, è stato presentato il volume "Sangue Infame" scritto dal molfettese Nicola de Ruvo. Una narrazione dei nostri tempi e non una storia di fantasia. Le vicende dei protagonisti sembrano essere ambientate nel mezzogiorno d'Italia.
«La mafia non sono solo i morti ammazzati per mafia ma si insinua nei rapporti con le Amministrazioni di turno. La memoria è importante, non bisogna mai mollare su questo terreno, dando più credito a chi denuncia», ha detto d'Ingeo che, ricordando Carnicella, ha parlato di «un uomo onesto, un amministratore coraggioso che stava dando chiari segni di inversione di marcia su certe arroganze consolidate».
Il libro presentato ieri nella Fabbrica di San Domenico punta il dito contro la mafia che nasce quando mancano le Istituzioni. «Gli odori, gli orizzonti e i colori sono gli stessi, - dicono dal Liberatorio - e chissà forse anche quel sistema mafioso strisciante non scritto, non detto, che ci avvolge quotidianamente come una coperta protettiva che ci rende sempre più indifferenti all'illegalità diffusa che ci sta travolgendo».
«La mafia tende a essere una coperta che copre anche chi non la vuole. La mafia si esprime in diversi modi, ma non per questo cessa di essere tale. Il finale è pieno di speranza, - affermano ancora - quella nelle giovani generazioni, le stesse che sfilano nelle città nel giorno della memoria in ricordo delle vittime di mafia; la stessa speranza che abbiamo ereditato dal pensiero di Falcone, quando diceva che la mafia è un fenomeno destinato ad avere una fine».
«Quando ti scherniscono, vuol dire che ti temono», è il messaggio lanciato dall'autore del volume, mentre d'Ingeo nella sua relazione conclusiva ha chiesto di conoscere, «il vero mandante dell'omicidio Carnicella. Sono passati 25 anni, e la situazione, qui a Molfetta, è peggiorata. Ed io sono molto preoccupato».