Fermo biologico: le marinerie baresi scrivono al Governo

Prolungare il periodo di stop. Poi attenzione agli indennizzi 2015 e 2016, non ancora stanziati

lunedì 21 agosto 2017
A cura di Maria Marino
Il comparto della marineria lungo la costa della Provincia di Bari è fermo ma sempre in fermento.
Al centro, come ormai accade da anni, le problematiche legate allo sviluppo e alla tutela dell'intero settore, sempre più in crisi e attanagliato da burocrazia, fondi che non arrivano (nonostante siano un diritto dei lavoratori e degli armatori) e la necessità di tutelare l'ambiente e le specie che popolano il nostro mare.

Così non sorprende che tutte le marinerie che fanno capo al comparto di Bari ( Molfetta, Giovinazzo, Santo Spirito, Bari, Torre a mare, Mola di Bari e Monopoli) abbiano scritto direttamente al Governo per mezzo dei sindacati.

Come da calendario varato dall'esecutivo, infatti, le barche sono attraccate alle banchine dal 31 luglio e ci resteranno fino al 28 agosto. Tuttavia, la richiesta è quella di prolungare il fermo fino al 10 settembre. Per tutti. Perchè? Semplice, perchè al momento ci sono due fasce: le barche a strascico che devono rispettare le tempistiche dette poco fa e le barche che praticano la pesca sotto costa per le quali, invece, il fermo pure è scattato dal 31 luglio ma si concluderà solo l'11 settembre.

Sullo sfondo la questione delle indennità. Quelle del 2015 e del 2016 non sono ancora arrivate nelle tasche dei lavoratori mentre stanno già maturando quelle del 2017. In sostanza, equipaggi fermi per un mese, niente lavoro e niente entrate per gli armatori. Nemmeno quelle che spettano di diritto e che risalgono addirittura a due anni fa.

«Ad oggi non sappiamo, dopo diversi solleciti presso il Ministero del Lavoro, come questo intenda intervenire a sostegno del reddito dei lavoratori dipendenti delle aziende di pesca e dei soci», scrivono in una nota congiunta FAI-Cisl, Flai-Cgil e Uila.

«Con la legge finanziaria dello scorso anno sono stati destinati 11 milioni al settore per fronteggiare questa difficile situazione ma ad oggi non sappiamo in che modo i lavoratori potranno usufruire di tali somme», continuano i sindacati.

«Chiediamo di definire una volta per tutte uno strumento di sostegno al reddito strutturato, che riconosca alla pesca la giusta dignità e ci faccia uscire da questa anomalia che ci distingue da tutti gli altri settori produttivi del Paese».